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Il simbolismo della croce in Omero

di Ernesto Roli - 14/06/2010

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Tutti gli studiosi che hanno affrontato, fin dall’Ottocento, il Simbolismo della Croce, che Omero usa per descrivere il viaggio iniziatico di Ulisse, hanno sempre seguito una logica senza senso, ricercando istintivamente un percorso che potesse soddisfare le proprie esigenze.
Questa libertà di ricerca fantastica, tuttavia, poteva avere un senso sino alla scoperta, a dir la verità abbastanza recente, della geografia ittito ananatolica, della archeologia anatolica e della letteratura ittita, luvita, urrita e mesopotamica, che valenti studiosi hanno scoperto e messo in evidenza.
La realtà è che Omero rappresenta una specie di spartiacque tra il mondo pre-dorico e il mondo post dorico. I Dori, si sa, hanno stravolto tutta la geografia egea con la loro penetrazione nella regione, avvenuta intorno l’anno mille a. C. Il problema, pertanto, non è quello di rifarsi ai post omerici, ma casomai ad Omero, che conserva la geografia pre-dorica e ai pre-omerici, cioè agli Ittiti, ai Micenei ed agli Egiziani. Più ci si allontana dalle origini e più sono arbitrarie le interpretazioni. Questo è un dato basilare per chi si occupa di dottrine tradizionali. Utilizzando le nostre modeste conoscenze nel campo simbolico e storico-archeologico, abbiamo individuato in Omero un determinato simbolismo che non esitiamo a chiamare “Simbolismo della Croce”. Omero, in pratica, fa compiere al proprio eroe, Ulisse, un viaggio iniziatico, che tocca simbolicamente i quattro punti cardinali, per ben due volte.
Omero, pertanto, prende in considerazione il viaggio di Ulisse in due tempi. Per questo fa uso del doppio simbolismo della croce. Una croce esterna al mondo greco, per la prima parte del viaggio, quello tra esseri barbarici, e una croce interna al mondo greco, per la seconda parte del viaggio, quello tra esseri civili o appartenenti al mondo culturale greco o grecizzato. Ai vertici della prima croce, quella esterna, vi sono i quattro popoli simbolici barbarici, che poi prenderemo in considerazione: i Lotofagi, i Ciclopi, i Lestrigoni e i Cimmeri. Ai vertici della seconda croce, quella interna, vi sono le quattro donne fatali di Ulisse: Circe, Calipso, Nausica e Penelope, che anche esse prenderemo in considerazione. Bisogna sottolineare che il centro della croce omerica è sempre, grossomodo, il centro dell’ Egeo, perchè li vi è Ortigia - Delo, l’isola galleggiante di Apollo, considerato il Sole, il centro di tutto il mondo greco. Quest’isola corrisponde a Cotilia l’isola galleggiante considerata il centro dei popoli italici. Lo stesso vale per i quattro venti: Borea, Austro, Noto e Zefiro, il cui centro, cioè la Rosa dei Venti, è sempre il centro dell’Egeo. Questo è il motivo per il quale non si può pensar che Zefiro soffi in Norvegia o in Sud America. Zefiro soffia solo nel Mediterraneo. Un’altra considerazione è necessaria. Quando si usa l’espressione “Nord”, bisogna sempre pensare quello che era il nord per i Greci, cioè a nord della Grecia, e non quello che per noi è il nord. La Scandinavia, i Greci nemmeno la conoscevano, se non per sentito dire dai viaggiatori. Il nord per i Greci era la Tracia, cioè la regione dalla quale soffiava Borea.
Non ci soffermeremo sul percorso tracciato da Ulisse nell’Egeo, per il quale rimandiamo il lettore al nostro terzo saggio apparso su queste colonne il 16 Maggio. Iniziamo, pertanto, a prendere in considerazione il primo popolo che appartiene alla croce esterna: i Lotofagi.
Questo popolo è situato al Sud della croce. Vivono, infatti, in Libia dove sono attestati dagli storici greci. Essi rappresentano l’oblio. Mangiando il loto, una sorta di fiore - dattero, infatti, l’individuo si sente felice e tutto dimentica. Ciò è tipico delle regioni meridionali dove l’uomo rimane affascinato dalla apparente amenità dei posti, perde la memoria e dimentica la propria missione. Questo abbandonarsi alle piacevolezze della vita lo ritroveremo successivamente ad Ogigia. Il Sud rappresenta pertanto la luce, il Mezzogiorno, il giorno.
L’altro popolo che bisogna prendere in considerazione è quello dei Ciclopi. Sono divisi sin dall’antichità in due tipi: i Ciclopi Costruttori, cioè coloro che costruiscono le fortificazioni e le rocche, situati in Licia – Lidia e i Ciclopi Artefici, cioè coloro che costruiscono le armi degli dei, situati in Sicilia, perchè lì vi sono i vulcani. I Ciclopi Artefici sono i fratelli di Polifemo, il pastore che rinchiude gli armenti dentro la grotta al tramonto. Che il sito dove abita questo ciclope rappresenti l’occidente, chiunque può capirlo, visto che la grotta simboleggia il posto dove rientra il Sole al tramonto. Essi rappresentano quindi il calare del Sole, la sera, il tramonto, l’Occidente. Un particolare noto a tutti, ma che non viene messo nella giusta evidenza è il fatto che il ciclope divora i compagni di Ulisse. Vi torneremo sopra, perchè un episodio analogo di consumazione delle sostanze di Ulisse avviene ad Itaca.
Passando ai Lestrigoni bisogna notare che essi sono l’esatto opposto dei Ciclopi Artefici. Essi sono avvicinabili ai Ciclopi Costruttori. Abili nel costruire fortezze e rocche, escono anche essi come pastori all’alba: “dove sono vicini i sentieri della notte e del giorno”, cioè dove inizia la giornata di lavoro. Essi rappresentano pertanto l’alba, il sorgere del Sole, l’Oriente. Anche qui bisogna mettere in evidenza un particolare a pochi noto. La figlia del re Antifate, scesa ad attingere l’acqua ad una fonte, inganna i compagni di Ulisse invitandoli nella casa del padre, dove in realtà questi li divora. L’inganno della figlia del re corrisponde agli inganni di Circe ad Eea. Tra le altre cose i Lestrigoni abitano vicino ad Eea situata “dove è il levarsi del sole”. Quindi in Oriente. Il nome di Laistrygones è comunemente interpretato come: “discendenti dei predoni”. Vicino ai Ciclopi Costruttori, si sa da Omero, vivevano i Feaci che abitavano ad Iperea, analoga alla Telepilo dei Lestrigoni.
Per ultimo dobbiamo prendere in esame i Cimmeri. Questo popolo vive in corrispondenza del Regno dei Morti, dove Ulisse scende per compiere un viaggio introspettivo nella propria coscienza e nella propria vita. I Cimmeri sono effettivamente un popolo storico situato sul Mar Nero a nord della Tracia, noto per la sua crudeltà. Nella zona delle steppe ucraine, i Greci situavano il Tartaro, cioè il Regno dei Morti. Questo coincide quindi simbolicamente con il Nord, cioè la notte. Questo è il motivo per il quale sui Cimmeri non splende mai il Sole. Nelle cronache tardo bizantine, le popolazioni mongoliche che tentavano di penetrare in Europa, dato il loro aspetto terribile e infero, furono chiamati Tartari, usciti dagli Inferi.
Una volta compiuto il viaggio iniziatico nel Regno dei Morti, Ulisse ritorna all’isola di Eea, situata: “dove l’Aurora nata di luce ha la casa e le danze, dove è il levarsi del Sole”. Quindi in Oriente. Su questa isola vive Circe, la prima donna fatale di Ulisse. Circe coincide quindi con l’Aurora. Qui la maga trasforma in porci i compagni di Ulisse e se non fosse stato per l’erba moli datagli da Mercurio, anche Ulisse avrebbe subito la stessa sorte. Circe è l’Aurora, l’Oriente. Gli inganni di Circe corrispondono all’inganno della figlia del re dei Lestrigoni. Vi è pertanto corrispondenza di comportamenti tra l’Oriente della croce esterna e l’Oriente della croce interna.
Ulisse arriva pertanto all’isola di Ogigia, dove vive Calipso, la sua seconda donna fatale.
Ogigia è un’isola carica di ogni bene, dove ogni uomo vivrebbe volentieri in compagnia di una bellissima dea che gli promette l’amore e l’immortalità. Ma Ulisse capisce che in realtà questa è una immortalità illusoria, non quella metafisica. Ogigia corrisponde allo stato di benessere e felicità dato dal fiore del loto presso i Lotofagi. Essa esiste quindi in corrispondenza degli stati meridionali e profondi dell’essere. Rappresenta il giorno, il benessere, il Sud. Vi è quindi corrispondenza tra il Meridione esterno e quello interno della croce.
Vinta anche la seconda donna grazie a Mercurio, Ulisse parte seguendo la rotta consigliatagli da Calipso stessa: tenere l’Orsa a sinistra, cioè verso Nord.
E giungiamo cosi a Scheria, cioè il “Paese del Fiume Seka” degli Ittiti (Seka Riu), dove vivono i Feaci, abili marinai. Qui Ulisse incontra la terza donna fatale, Nausica. La fanciulla si innamora, infatti, anch’essa di lui e vorrebbe trattenerlo presso di lei. A Scheria Ulisse compie una operazione analoga a quella compiuta presso i Cimmeri e il Regno dei Morti. Un viaggio retrospettivo nella memoria. Compie pertanto una purificazione prima di arrivare ad Itaca. Ulisse, infatti, si purifica, come facevano i legionari romani che prima di ritornare trionfalmente a Roma passavano un periodo di purificazione, a meditare nelle terme situate lungo le strade consolari. Scheria rappresenta quindi il Nord, anche se nella terra feacia non vi è la notte e il Regno dei Morti, ma, al contrario, il regno della vita. Vi è quindi corrispondenza tra Nord esterno e Nord interno della croce.
Vinto anche l’amore della terza donna, i Feaci trasportano infine Ulisse ad Itaca. Qui vive la sua quarta donna fatale, Penelope, la donna mortale, posta quindi ad Occidente dove tramonta il Sole. Sappiamo però che la vera immortalità sta oltre il tramonto del Sole, nella terra degli Iperborei, posti a Nord, ma sopra il Tartaro. Per questo il Nord è simbolicamente duplice: morte e notte ed immortalità vera, solare. Ad Itaca Ulisse uccide Antinoo che gli stà divorando tutto il suo patrimonio e gli insidia la moglie. Corrisponde all’uccisione del ciclope Polifemo, che gli divorava i compagni. Itaca è l’Occidente, come la Sicilia. In Occidente o si muore nella grotta o si trionfa verso il mondo degli immortali. Vi è quindi corrispondenza tra l’Occidente esterno e quello interno della croce.
Con questo termina in viaggio iniziatico di Ulisse e il simbolismo della croce, al centro dell’ Egeo, dove vi è Delo, l’ isola del Sole Apollo. Il viaggio di Ulisse è ruotato per due volte intorno al Sole.