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Cina: "...perchè gli occidentali comprano dei jeans così grossi?..."

di Romolo Gobbi - 15/06/2010


  Autore: RomoloGobbi | Data: 13/06/2010 19.18.11
Il dialogo ingenuo avvenuto alcuni mesi fa tra due operaie cinesi di una fabbrica di jeans rivela la loro disinformazione sulle condizioni di vita dell'occidente, altrimenti saprebbero che, almeno da dopo la Seconda Guerra Mondiale, la statura media dei cittadini italiani ed europei è aumentata. Per quanto riguarda la loro stazza, e questo vale anche per i cittadini americani, il problema della dilagante obesità preoccupa medici e governi per le implicazioni sulla salute dei cittadini grandi e piccoli. L'obesità è la manifestazione di disturbi psicologici e metabolici, ma è comunque il frutto di una enorme disponibilità di cibo e bevande di cui può disporre un cittadino occidentale. In Cina, invece, le operaie che "dormivano in dodici per camera in letti a castello vicino al gabinetto e le stanze erano sporche e puzzolenti", non avevano un gran che da mangiare: "un pasto prevedeva una porzione di riso, una di carne o verdure e una zuppa, e la zuppa era tutta acqua".
Il salario degli operai cinesi si aggirava mediamente al di sotto dei 60 euro al mese e la "giornata alla catena di montaggio durava dalle otto del mattino a mezzanotte. Tredici ore di lavoro più due pause per mangiare, tutti i giorni, per settimane di fila". Queste condizioni di vita e di lavoro hanno consentito alle aziende occidentali di installare fabbriche in Cina e trarne enormi profitti, rivendendo i prodotti in occidente: "dal 1995 al 2003, l'esportazione cinese passa da 121 a 365 miliardi di dollari; oltre il 65% di questo aumento proviene dalle sussidiarie cinesi di imprese straniere". Per produrre questa montagna di prodotti sono state occupate migliaia di maestranze che vennero fatte affluire dalle campagne: "Nel 2008 si parla addirittura di 200 miliardi di braccia. Siamo di fronte alla più grande migrazione nella storia dell'umanità". Questa grande epopea sta finendo: "Già da un paio di anni si hanno notizie che nella provincia meridionale del Guangdong si fa difficoltà a trovare nuovi operai...un bracciante non si trasferisce più per poche centinaia di yuan al mese, ormai ne servono alcune migliaia". Negli ultimi giorni di maggio di quest'anno è trapelata la notizia di un primo sciopero nella provincia di Guangdong in uno stabilimento che produce componenti per auto della Honda: "1900 addetti hanno incrociato le braccia, rivendicando un aumento dello stipendio, ormai insufficiente, dicono, per far fronte al costo crescente, anche in Cina, della vita". I dipendenti della Honda di Guangdong, che attualmente percepiscono circa mille yuan - pari a circa 100 euro - al mese: "hanno bloccato la produzione in almeno due occasioni nelle ultime due settimane, chiederebbero di arrivare almeno a quota 2000 - 2500 yuan". Negli stessi giorni un'altra notizia sconvolgeva il mondo del lavoro cinese: "i suicidi a ripetizione alla Foxconn, la più grande azienda elettronica del mondo, 800 mila dipendenti, dei quali 300 mila nella sola area di Shenzhen dove vengono assemblati i prodotti di punta di Apple, Hewlett-Packard e Nokia. Anche in questo caso sono stati denunciati ritmi di lavoro molto alti per poter arrivare ad un livello salariale appena decente". In entrambi i casi le aziende hanno dovuto cedere alle richieste operaie: "Honda e Foxconn hanno finito per calare le braghe, concedendo aumenti salariali fuori da ogni logica contrattuale... con queste premesse, è ragionevole aspettarsi presto altre rivendicazioni selvagge in altre fabbriche della zona".
In effetti, nei giorni successivi, altri scioperi selvaggi si sono verificati negli stabilimenti della Guanggi Honda Automobili e di un'altra società controllata, la Honda Lock: "e l'epidemia di proteste ha contagiato anche la Brother, azienda nipponica di attrezzature elettroniche".
Tutti questi scioperi sono avvenuti senza alcun coordinamento da parte del sindacato, anche se in questi giorni "il Quotidiano del Popolo, organo del partito, raccomandava attenzione alle condizioni di lavoro". Dunque, gli scioperi di questi giorni non sono "proteste anti-governative, ma sono un movimento approvato dal governo". Non scioperi selvaggi partoriti dall'autonomia operaia e neanche il frutto di una coscienza di classe globale; infatti condizioni di lavoro anche peggiori esistono in Vietnam e Laos, dove sono state spostate lavorazioni prima effettuate in Cina: "Nella seconda metà degli anni Duemila la Cina diventa il centro di assemblaggio della catena di montaggio mondiale, i pezzi sono prodotti a costi più bassi nei Paesi limitrofi e messi insieme nelle fabbriche cinesi".
Certamente questi processi non sfuggono all'attenzione del partito comunista, che, proprio come tale, conosce la teoria marxiana della migrazione del capitale la dove la forza lavoro costa di meno.
Nessuna preoccupazione devono destare queste manifestazioni di disagio sociale, perchè possono essere manovrate dal partito per imprimere una nuova dinamica alla società cinese, anche in vista "della delicata transizione ai vertici del Partito comunista, previsto nel 2012".