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Dalla tragedia alla farsa

di Fabio Falchi - 17/06/2010


Dalla tragedia alla farsa

Ancora una volta, a distanza di pochi giorni dall’attacco in acque internazionali alla Flottiglia della Libertà –  un atto terroristico, più che di pirateria, che si può anche considerare  un “avvertimento” alla Turchia per la mediazione, insieme con il Brasile, sul nucleare di Teheran e una forma di pressione su Washington perché continui ad appoggiare incondizionatamente il suo principale alleato nel Medio Oriente – Israele sfida la comunità internazionale annunciando di avere istituito una commissione israeliana per appurare come si siano svolti i fatti. Uno schiaffo in faccia all’Onu (uno dei tanti) ed alla Turchia, che ha già dichiarato che una tale commissione d’inchiesta non può avere alcuna credibilità. Favorevole invece è l’America. La potente lobby sionista può infatti facilmente condizionare le scelte degli Usa (è opportuno ricordare che l’8 giugno del 1967, aerei israeliani attaccarono la nave statunitense USS Liberty, uccidendo 34 membri dell’equipaggio e ferendo 172 persone, senza che l’allora presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson muovesse un dito contro Israele), nonostante che gli americani siano sempre meno disposti a tollerare la politica di potenza dello Stato sionista, che, come perfino Barbara Spinelli ha dovuto riconoscere sulla Stampa del 13 giugno, possiede centinaia di testate nucleari senza averlo mai ammesso. Il che rende palesemente assurdo il tentativo di imporre agli altri Stati della regione (in particolare all’Iran, che però a differenza di Israele, ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare) di non dotarsi di armi nucleari. Il «segreto nucleare» d’Israele (in realtà un segreto di Pulcinella) che «occupa in maniera permanente spazi non suoi, abitati da un popolo che aspira a emanciparsi dal colonizzatore e a farsi Stato» secondo la Spinelli stessa, non può non essere fonte di grave imbarazzo e di preoccupazione per gli Usa, che appaiono ormai «una potenza [...] in declino, invischiata in guerre fallimentari». Queste parole della Spinelli sembrano rivolte proprio agli atlantisti ed ai filosionisti nostrani (non solo a politici – come Frattini e Mantica, che si comportano come se fossero funzionari del ministero degli Esteri israeliano – ma a giornalisti ed intellettuali come Vittorio Feltri, Giuliano Ferarra, Paolo Guzzanti e Fiamma Nirenstein, tutti in prima linea, ma dietro le scrivanie, per la causa sionista contro Hamas, l’Iran, gli “ottomani” di Erdogan e i “nemici” filoislamici dell’Europa giudaico-cristiana) che, difendendo Israele con la “bava alla bocca”, allargano sempre più la forbice tra coloro che sono perfettamente consapevoli sia del fatto che il potere globale degli Usa si sta sfaldando, sia dei numerosi crimini commessi dallo Stato sionista.

Comunque sia, è innegabile che vi sia il timore che idee antiatlantiste ed antisioniste, che per ora si trovano quasi solo su Internet o in libri e riviste che solo pochissimi italiani leggono, possano diventare opinione pubblica e che altri “gesti di follia politica” di Israele potrebbero indurre perfino alcuni membri della classe dirigente, meno sensibili al potere corruttore del denaro e meno propensi a prostituirsi per tutelare i propri privilegi, a sfruttare una potenziale “crisi di legittimazione”, per cercare di acquisire maggiore peso politico e favorire differenti direttrici geostrategiche (facendo così, tra l’altro, l’interesse nazionale). Ed è forse per questo che il ragionamento della editorialista della Stampa – che pure nulla dice né del “terrorismo globale” Usa, il cui umanitarismo “peloso” è da sempre veicolo dell’imperialismo del “mercante con la pistola” (cioè dell’imperialismo delle tre “m”: missionari, militari e mercanti) né di quello dello Stato sionista, che fonda la sua esistenza sulla falsa premessa di “una terra senza popolo per un popolo senza terra” – non potrà essere condiviso da quelli che avendo puntato tutte le loro fortune sul cavallo statunitense e su quello sionista, sanno benissimo che lo scontro tra potenze, che caratterizza l’attuale fase multipolare, dato che può avere conseguenze drammatiche per i Paesi europei, potrebbe comportare anche una ristrutturazione degli equilibri di politica interna e originare nuove “configurazioni” sociali e culturali. Da qui la necessità di impedire con ogni mezzo che la delegittimazione del “sistema” esca dalle aree ristrette in cui è confinata, da tenere sotto controllo con il minimo sforzo possibile, affinché non si possa  formare quello che Gaetano Mosca definisce un “tipo sociale” opposto a quello dominante. Una differenza ed opposizione che l’illustre scienziato italiano della politica riteneva essere la causa principale dei mutamenti politici (soprattutto quelli rivoluzionari) e che si può manifestare allorché la “formula politica” – che per Mosca corrisponde, in sostanza, ai principi di legittimazione che sono alla base di un determinato ordinamento politico – della classe dirigente non “penetra” più tra la maggioranza.

 

E’ probabile quindi che si ignorino o si considerino senza fondamento le riflessioni della Spinelli (che, giova ripeterlo, pur avendo il pregio di non negare l’innegabile, non possono in alcun modo essere interpretate come un invito a smarcarsi dagli Usa e da Israele) e si preferisca continuare a mistificare e a disinformare, demonizzando ogni forma di reale dissenso. Del resto, è noto che la lobby sionista ed i suoi numerosi “sostenitori”  si stanno adoperando perché si approvino misure liberticide, di modo da poter tappare la bocca a chiunque non voglia farsi “circoncidere” il pensiero. E che l’accusa di “antisemitismo” – sebbene sia evidente che il più delle volte non è che un volgare espediente  per giustificare le “aberrazioni” sioniste e atlantiste –  equivale ad una specie di “ostracismo”, che dimostra l’arroganza e la tracotanza dei (filo)sionisti, dato che il termine “antisemitismo” è tanto più arbitrario e pernicioso in quanto copre un’area semantica tutt’altro che ben definita, che va dall’antigiudaismo all’antisionismo e che può concernere addirittura persone che, conoscendo l’intima grandezza spirituale dell’Islam, non si abbassano – per compiacere la lobby sionista – a dire scempiaggini vergognose sui musulmani.

Perciò, se da un lato si deve constatare che l’Italia era paradossalmente uno Stato più autonomo quando vi era il Patto di Varsavia, dall’altro si deve prendere atto che vi è la necessità per la classe dirigente italiana (ma ciò vale per tutte le cosiddette élites dell’Occidente), di nascondere il fatto che “il re è nudo” e che basta aprire gli occhi per vederlo. Certo, il “teatrino” della politica italiana si presta bene a questa falsa “rappresentazione” della realtà, ma  il vero problema è che la  macchina mediatica americana e sionista è ramificata in tutto il mondo: da una parte vi sono i cannoni (veri e metaforici), mentre dall’altra vi sono solo archi e frecce (solo metaforici). Che si temano anche questi è indubbio e si è accennato brevemente per quale motivo li si tema. Inoltre, si deve anche tener conto che i membri dell’attuale classe dirigente (intellettuali e giornalisti compresi, che si potrebbero definire “subdominanti” o, con Costanzo Preve, come il nuovo “clero”) sono in gran parte “rottami ideologici”: ex sessantottini, ex comunisti, ex neofascisti (anche se,in verità, questi ultimi sono perlopiù di minor pregio, per così dire), che difficilmente potrebbero fare ulteriori “conversioni”, senza coprirsi di ridicolo e senza rischiare di perdere definitivamente la bussola, e che di conseguenza non hanno nessuna intenzione di “confrontarsi” seriamente con chi la pensa diversamente da loro, né di comprendere o di far comprendere alcunché…

Recentemente lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco, in un seminario organizzato dalla rivista Eurasia, a cui ha partecipato l’ambasciatore dell’Iran presso la Santa Sede, ha affermato che lo spirito della filosofia di Platone oggi lo si capisce meglio in Iran che in Occidente e che la nostra epoca è l’epoca della menzogna istituzionalizzata. Inutile dire che ciò non può che irritare i “sacerdoti” del nuovo Verbo giudaico-cristiano – poiché pure quello testimoniato dai Vangeli pare colpevole di “antisemitismo” –  sia che conoscano il paradosso del mentitore sia che non lo conoscano.  D’altronde, il conformismo intellettuale – che è la caricatura della “Tradizione”, che implica una costante rinascita interiore e una perenne decifrazione del “senso” degli eventi del mondo – è il primo nemico della verità. E la verità è sempre “rivoluzionaria”, come ben sapeva il grande Ateniese, a cui l’Europa “facendosi” Occidente pare voglia voltare le spalle per incamminarsi, con le ceneri sul capo, sulla via di una Gerusalemme “vittima” dell’ύβρις sionista, immemore delle sue vere origini, come mai aveva fatto proprio quando la religione cristiana sembrava essere l’orizzonte spirituale condiviso – sia pure in modi e forme molteplici – da tutti gli europei.

Accingiamoci dunque ad assistere ad una sorta di grottesca interpretazione dell’Edipo Re – ché ben difficilmente il giudice israeliano riconoscerà di essere lui stesso il colpevole  e comunque, quale che sia il risultato delle indagini della commissone israeliana, si eviterà  con ogni probabilità di chiedere la condanna  di Israele per  aver trasformato Gaza  in un immenso campo di concentramento in cui sono rinchiusi un milione e mezzo di palestinesi alla totale mercé dei loro carcerieri –  sapendo che non si può affatto escludere qualche altra “follia politica” dello Stato sionista, forte dell’impunità che gli è concessa dal servilismo delle classi dirigenti americana ed europee e dal tradimento dei nuovi chierici, digiuni di “teologia”, ma esperti nella non nobile arte di “mantenersi a galla”.