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La Ue dichiara guerra al mito della Nutella

di Carlo Petrini - 17/06/2010

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Si tranquillizzino il Nanni Moretti di "Bianca", Walter Veltroni e tutti gli altri nutelliani d´Italia. La Nutella non diventerà mai fuorilegge. Sono sicuro che non me ne avrà il vicepresidente del Gruppo Ferrero, Francesco Paolo Fulci, che ieri ha lanciato l´allarme dopo il voto del Parlamento Europeo sull´etichettatura dei prodotti dell´industria alimentare. Perché se il suo presagio dovesse avverarsi sarebbe un po´ come se con tutte le polemiche sulle intercettazioni alla fine mettessero fuorilegge i telefoni cellulari.Vorrei ricordare al manager dolciario un motto che in Piemonte abbiamo elevato a filosofia di vita: "Esageruma nen", non esageriamo. La sua dichiarazione è esagerata e inverosimile. Anzi, tradisce un sorprendente disappunto per quella che alla fine, per l´industria alimentare europea, ieri è stata una vittoria. Il Parlamento Ue, infatti, ha bocciato la cosiddetta "etichettatura a semaforo", che molto intuitivamente avrebbe messo in guardia i consumatori sulle quantità di grassi saturi, sale e zuccheri presenti nei prodotti. È passato invece il principio del "miglior profilo nutrizionale", che ci costringe a fare controlli incrociati e calcoli tra le quantità riportate nelle tabelle nutrizionali ideali e la lista d´ingredienti. Non è un caso che le lobbies si siano mobilitate come non mai. Hanno ottenuto ciò che volevano: la solita difficile leggibilità delle etichette.

Da langarolo, so bene quali possono essere i pericoli legati a un eccessivo consumo di Nutella. Conosco a menadito le nocciole e quelle che possono essere le loro splendide virtù se unite al cacao in una crema spalmabile. Da bambini ne facevamo un buon consumo, ma sempre dopo tre ore in cortile a giocare a pallone. Credo che non si debba essere necessariamente langaroli per capire che dopo aver mangiato un barattolone morettiano di Nutella poi si sta male. In questi casi è sufficiente il buon senso.
Allora mi domando perché viviamo in un continente dove la gente si ammala sempre di più a causa del cibo e dove è necessario promulgare leggi per far capire ai cittadini cosa si deve e non si deve mangiare. Siamo arrivati al punto che ci vogliono leggi per stabilire che se mi mangio quattro chili di prosciutto crudo l´organismo ne risente, che se m´ingozzo di formaggio i grassi mi tappano le arterie, che se mi trinco tre bottiglie di vino posso perdere i sensi. La verità è che il cibo non si conosce più: da elemento sacro e indispensabile per le nostre vite è diventato oggetto misterioso. Leggi, lotte tra lobbies, i prodotti tradizionali a denominazione di origine sballottati in questo bailamme di codici, diktat e deroghe; si investe in marketing e si paga gente per inondare di e-mail i parlamentari europei, ma mai nessuno che punti sull´urgenza di tornare a una sana, normale - di buon senso dotata - educazione alimentare.

Servono cittadini edotti sui valori del cibo - non soltanto quelli nutrizionali - e non leggi, etichette criptiche o semaforiche. Noi di Slow Food, devo essere sincero, tra le due ipotesi a rigor di logica eravamo favorevoli all´ipotesi semaforo. Ma il semaforo è un altro modo riduzionista di leggere la realtà, di spiegarci a pezzi cosa fare e non fare, portandoci a perdere il significato del tutto, la capacità di leggere la realtà anche attraverso le interconnessioni nascoste che legano tutto ciò che ci circonda. Detto in parole povere: semaforo verde nutrizionale su una bistecca di soia (Ogm?) vorrebbe dire che ne posso mangiare cinque chili senza svenire? No, la moderazione non è un´opzione: è soltanto un antico e riconosciuto modo per stare meglio, ma non è certo ciò che ci insegna il consumismo-