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Acidificazione degli oceani, a rischio coralli e conchiglie

di Elisabeth Zoja - 21/06/2010


Un gruppo di 35 scienziati dell'European Project on Ocean Acidification sta monitorando l’acidificazione degli oceani e i suoi effetti sugli ecosistemi marini da inizio giugno a Spitsbergen, la più grande isola delle Svalbard. Un dato è già chiaro: un livello troppo alto di acidità corrode il carbonato di calcio, di cui sono composti coralli e conchiglie.


provette oceano acidificazione
Colonne di vetro lunghe 17metri ciascuna e contenenti 50m3 di “oceano” sono state inserite nelle acque norvegesi
Alcune zone degli oceani potrebbero diventare così acide da mettere in pericolo molluschi e coralli. Queste le previsioni per il 2040. L’acidificazione delle acque è, infatti, causata dall’assorbimento di CO2 dall’atmosfera, ed è dunque un ulteriore “effetto collaterale” delle emissioni di gas serra. Per questo a inizio giugno l' European Project on OCean Acidification (EPOCA) ha lanciato una ricerca per scoprire gli effetti dell’acidificazione sugli ecosistemi marini.

35 scienziati di diversi paesi europei sono già a Spitsbergen, la più grande isola delle Svalbard, dove trascorreranno sei settimane. È stato scelto questo arcipelago dell’Oceano Artico poiché la CO2 si scioglie con particolare facilità nelle acque fredde. Tra i ricercatori vi sono biochimici, chimici dell’oceano e dell’atmosfera, i quali hanno inserito nove “provette” giganti nelle acque norvegesi. Queste colonne di vetro sono lunghe 17metri e contengono ciascuna 50m3 di “oceano”, sottoposti a diverse concentrazioni di CO2 (tra cui quella prevista per il 2150). I costi per l’attrezzatura sono stati coperti dalla Commissione Europea, dall’istituto Leibniz di Kiel e da Greenpeace.

Dai tempi dell’industrializzazione gli oceani hanno assorbito una quantità di CO2 che ha fatto aumentare la loro acidità del 30%. Mischiandosi con l’acqua (H2O) infatti, l’anidride carbonica diventa acido carbonico (H2CO3). Se le quantità di emissioni di CO2 rimangono invariate, tra 90 anni l’acidità degli oceani sarà salita del 100%.

Poiché gli oceani sono mediamente basici (pH8 nella scala da 1 a14), pochi si sono finora preoccupati della crescente acidità delle acque.

Spitsbergen co2 norvegia
È stato scelto questo arcipelago dell’Oceano Artico poiché la CO2 si scioglie con particolare facilità nelle acque fredde
Alcuni erano addirittura sollevati quando hanno scoperto che grandi quantità di CO2 “spariscono” negli oceani. Ma queste particelle non possono semplicemente sparire, e alcuni scienziati hanno già prospettato alcuni dei possibili effetti sugli organismi marini. Gli esperti spiegano che i gusci di coralli, conchiglie e ricci di mare sono composti di carbonato di calcio (il costituente principale del calcare). Le acque acide sono però povere di questa molecola e per assorbirla corrodono qualsiasi materiale che la contenga. Gli invertebrati dotati di guscio, che sono dunque messi a rischio, sono fondamentali per l’alimentazione di pesci, balene e uccelli marini. C’è dunque la possibilità di un effetto a catena dalle proporzioni al momento scarsamente prevedibili.

“Ormai ci sono pochi dubbi sul fatto che i coralli e alcune specie di conchiglia soffriranno dell’acidificazione” afferma Nicolas Gruber, professore di fisica ambientale all’università tecnica di Zurigo (ETH).

Quando la quantità di CO2 nell’atmosfera avrà superato le 490 ppm (parti per milione) - una situazione che dovrebbe verificarsi nel 2040 - la metà delle acque artiche avrà raggiunto un livello di acidità tale da mettere a rischio gusci e conchiglie.

“Per quel che riguarda gli altri organismi (marini) per ora si può dire solo che la crescente acidificazione degli oceani porterà con sé un cambiamento degli ecosistemi” dichiara Gruber. Per maggiori precisazioni dobbiamo attendere i risultati della ricerca EPOCA, a cui collaborano nove paesi europei, tra i quali l'Italia non compare.