Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il nemico è nel piatto

Il nemico è nel piatto

di Diego Carmignani - 21/06/2010



La metà della frutta è contaminata, ricompaiono il Ddt e irregolarità in derivati come pane, miele e vino. Sono i dati dell’ultimo rapporto di Legambiente sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli.

D'estate bisogna bere tanta acqua, evitare  grassi e alcol, abbondare in frutta e verdura. Bene, ammesso che ciò di cui ci alimentiamo sia sano. Un assunto che non vale per ogni banana e pomodoro che mettiamo nello stomaco. Avvertimento presente nel consueto punto fatto da Legambiente nell’annuale “Rapporto sui residui di fitofarmaci nei prodotti ortofrutticoli e derivati commercializzati in Italia”, elaborato sulla base dei dati ufficiali forniti da Arpa, Asl e laboratori zooprofilattici di tutte le Regioni italiane e presentato ieri a Roma per il decimo anno.
 
La percentuale di generi contaminati passa dal 27,5 per cento del 2009 al 32,7 del 2010: di conseguenza, diminuiscono i cibi regolari, senza tracce di molecole chimiche (da 71,3 per cento a 65,8), con delle sensibili differenze e alcune novità inquietanti: il dossier rileva infatti che nei prodotti derivati come miele, pane e vino, appaiono per la prima volta irregolarità, nel 2,7 per cento dei casi esaminati, mentre, a 32 anni dalla messa al bando, ricompare un antico nemico, il Ddt, rintracciato in un campione di insalata in Friuli. Tra frutta e verdura, ne esce meglio la seconda. Il 76,4 per cento dei casi risulta regolare senza residui (erano però l’82,9 per cento nel 2009); 45 sono i campioni fuori legge (1,3 contro lo 0,8 dello scorso anno), mentre il 22,3 per cento risulta contaminato da uno o più residui.
 
Per quanto riguarda la frutta è incontaminata solo la metà: irregolari per residui oltre i limiti consentiti o per molecole non autorizzate nell’1,2 per cento, quelli regolari ma contaminati da uno o più residui passano nel complesso dal 43,9 al 48,4 per cento. Tutte le Regioni italiane sono state coinvolte nel monitoraggio, eccetto il Molise, che non ha fornito informazioni. Campania, Basilicata, Toscana e Friuli, oltre ad aver fornito la maggiore quantità di dati, hanno fatto registrare anche i migliori risultati, di pari passo con l’adozione di normative più attente.
 
«Le nuovi leggi hanno portato ad un maggiore controllo delle sostanze attive e all’armonizzazione europea dei limiti massimi di residuo consentito (Lmr) - ha spiegato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - Nonostante il graduale miglioramento rispetto agli anni passati, risulta ancora troppo alta la percentuale dei prodotti contaminati da uno o più tipi di pesticidi».
 
L’uso della chimica di sintesi in agricoltura è sì ridotto, grazie allo sforzo, a livello europeo e nazionale, compiuto in nome della qualità nonché del made in Italy, ma da affrontare, oggi, c’è una problematica legata al cosiddetto multi residuo cioè, l’effetto sinergico dovuto alla presenza contemporanea di differenti principi attivi sul medesimo prodotto e alla rintracciabilità dei pesticidi revocati oltre il termine fissato per lo smaltimento delle scorte.
 
«Non esiste un riferimento normativo sul termine temporale oltre il quale le tracce siano da indicare come irregolari», ha spiegato l’ecodem Francesco Ferrante. Un vuoto da colmare se non vogliamo cocktail chimici al posto della macedonia.  
«Un’alleanza tra l'ambiente e la salute»
................................................

A colloquio con Antonio Marfella, tossicologo e oncologo dell’ospedale Pascale di Napoli, membro dell’Isde, associazione medici per l’ambiente.

Quali conseguenze hanno i pesticidi sull’uomo?
Ho appena letto uno studio americano che correla in maniera diretta i pesticidi con i sintomi dei bambini affetti da sindrome Adhd, quella del deficit di attenzione e iperattività. È una nozione che va diffondendosi anche in termini di danni quello che certe sostanze producono nella nostra salute. In Italia siamo in ritardo, visto che negli Stati Uniti stanno dimostrando quelle che sono le conseguenze degli agenti chimici anche a livello epigenetico, cioè quando avviene la trasmissione dalla mamma al prodotto del concepimento.
 
Quali sono invece gli effetti diretti noti?
C’è la famosa correlazione, già accertata da anni, con il numero di spermatozoi degli uomini: la riduzione di un terzo è acclarata in tutto il mondo ed è dimostrato che i gameti maschili sono particoloramente sensibili all’accumulo di pesticidi. Per l’Italia, è la Campania ad avere questo triste primato.
 
Ritiene i dati forniti da Legambiente preoccupanti?
Non sono dati allarmanti, sono dati noti: dobbiamo certo ringraziare Legambiente, ma queste notizie non sono segrete. Spiace che non sia compreso da tutti che siamo nel mezzo di una guerra quotidiana, non di una partita di briscola. Nel momento storico in cui la Sanità raggiunge costi proibitivi, anziché puntare sulla prevenzione, si spera sulla cura, che ha sempre costi altissimi.
 
Che ruolo può avere la medicina?
Personalmente, sto cercando di stringere i rapporti tra Legambiente e medici per l’Ambiente. Quello che denuncia l’associazione, ad esempio nel rapporto Ecomafie, non può non avere un rapporto sanitario diretto, oltre che indiretto. Sia i giornali del settore medico che l’opinione pubblica sottovalutano invece la questione ambientale, rispetto allo stile di vita individuale. I medici hanno rinunciato a considerare i comportamenti collettivi: si preferisce dire alla gente di non fumare piuttosto che valutare i danni provocati dal traffico. C’è necessità di creare un’alleanza virtuosa.