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La Fiat, la Fiom, Pomigliano e i nuovi untori

di Mario Grossi - 21/06/2010


Che roba Contessa all’industria di Aldo
han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti
volevano avere i salari aumentati
gridavano, pensi, di essere sfruttati…

P. Pietrangeli

Una manica di manigoldi, un piccolo gruppo di facinorosi, sfaccendati, sfaticati, ingrati, che vogliono tutto e non danno niente. Una retroguardia reazionaria, cieca di fronte alle nuove sfide che il mondo globalizzato, liquido e moderno getta sul tavolo. La crisi ci attanaglia. E loro che cosa fanno? Scioperano. Degli scioperati fancazzisti che non si preoccupano delle sorti del “Paese”, che non scioperano per difendere i loro diritti, il loro posto di lavoro, le loro famiglie e i loro figli. No, loro scioperano per potersi godere quello spettacolo indecente e un po’ porno della partita della Nazionale di calcio italiana alle prese con le sue ricorrenti crisi d’identità in suolo sudafricano. E poi, siamo sinceri, in un mondo “vetrinizzato” (per dirla alla Codeluppi) quelle tute blu ineleganti e tagliate con l’accetta, quelle mani così poco curate e con le unghie sporche di grasso, quell’odore di fatica e sudore, quegli occhi cerchiati, quelle rughe che cingono le orbite sono indecenti. Nessuno di loro ha mai pensato di curarsi un po’, niente blefaroplastica, niente botulino, nessuna tinta per i capelli, manicure manco a parlarne.

Ma non fatevi ingannare, quell’aspetto trasandato è dovuto a giornate trascorse di fronte alla TV a guardare la partita e a sentire i deliranti commenti di Caressa, l’alito pesante e i denti marci sono dovuti ai loro vizi atavici fatti di Peroni trangugiate volgarmente e Nazionali senza filtro tirate allo spasimo tra un gol di Gilardino rimandato e un’ernia che spunta per Buffon.

Vuoi mettere Marchionne, con il suo viso tondo da eterno ragazzo, senza una ruga, tirato a lucido, che con passo felpato ma assertivo, frequenta luoghi ovattati, circondato da sorridenti personaggi, lavati, puliti, rilassati, paludati nei loro completi di Caraceni e cravatte di Marinella. È così blasè nei suoi chasmerini blu e camicia bianca che può permettersi di tutto, anche di passare come il salvatore della patria. Del resto la santa Fiat, che ci teniamo sulla groppa da centinaia d’anni, ci ha abituato a salvarci tutti nel corso della sua storia.

Solo a lui, che è l’alter ego sputato di Carla Bruni, in realtà imbeccato dai suoi dirigenti, poteva venire in mente “La Marcia di Pomigliano”.

Per difendere l’accordo che tutte le sigle sindacali, tranne la Fiom, hanno sottoscritto, a Pomigliano scenderanno in piazza anche gli impiegati e i dirigenti e si porteranno dietro le famiglie, figli compresi per testimoniare che a loro l’accordo va bene, che l’accordo s’ha da fare anche dalla Fiom perché loro al posto di lavoro ci tengono. Loro al lavoro ci vanno, sono rispettosi degli orari, sono disposti alla flessibilità, a orari extralavorativi. Vogliono difendere le loro famiglie, il loro benessere. Non possono permettere che degli “untermensch” mettano in pericolo la posizione così faticosamente raggiunta. Non possono neanche immaginare che i loro figlioletti non possano più frequentare il circolo dei “Canottieri” o che gli sia preclusa la vacanza negli Stati Uniti.

Difendono se stessi, tanto che gliene frega, a pagare sono gli altri (che volgarmente può essere riscritto “è facile fare il frocio con il culo degli altri”). Sono quegli operai che si vedrebbero svuotati i contratti da quei diritti che si sono conquistati con lunga e faticosa lotta. In fin dei conti sono una manciata di persone che può ben essere sacrificata sull’altare del loro privilegio.

A Pomigliano, impiegati e dirigenti saranno spalleggiati dai commercianti che non possono vedere assottigliarsi i loro introiti, che devono vendere sempre e comunque. A loro interessa il rapporto col cliente e il cliente non ha tuta blu o colletto bianco ma solo del denaro nella mano da spendere e notoriamente “pecunia non olet”. E poi si fanno affari migliori con chi ne ha di più. Non so se i commercianti scenderanno in piazza con le loro famiglie, ma ne dubito “se no chi ci sta a negozio?”.

Il sindaco, Raffaele Russo appoggia l’iniziativa, anche lui ha i suoi interessi da curare e se chiude Pomigliano ci saranno meno tasse da spremere, meno ticket per i parcheggi, meno ICI, meno “sviluppo”. Così i suoi sodali del PdL organizzeranno a sostegno un gazebo, così per un po’ di folklore in più.

Gli organizzatori della marcia auspicano anche la partecipazione della popolazione e di tutti gli operatori dell’indotto, perché a loro dire la posta in gioco è alta.

A chiosare il tutto, con una dichiarazione ambigua e inquietante, è arrivato il Ministro Sacconi: «Il modello cooperativo, che ha portato all’accordo di Pomigliano e al quale è favorevole la maggior parte dei lavoratori, costituisce uno straordinario punto di riferimento per le relazioni sindacali-industriali. Sono fiducioso sulla valutazione che emergerà dal referendum». Lo “straordinario punto di riferimento per le relazioni sindacali-industriali” può essere letto in maniere diametralmente opposte.

Dopo “la marcia di Pomigliano”, martedì 22 giugno ci saranno le votazioni per la ratifica o meno, da parte degli operai, dell’accordo. La Fiat si è sbrigata a richiamare per le votazioni tutti i cassintegrati e ha deciso che le urne saranno lugubremente posizionate nella sala dove di solito vengono distribuite le buste paga, ad ammonire tutti e a invitarli a “fare la cosa giusta”. Un atto di sottomissione, come le Forche Caudine.

Verrà consegnata una scheda ed una stozza di pane. Agli affamati il dilemma. Pane o Diritti?

Ma per rendere tutto meno plumbeo e un po’ più divertente, giunge voce che la Direzione di Pomigliano ha intenzione di organizzare anche degli spazi ludici d’intrattenimento. Si stanno allestendo due sale per la proiezione di due film che allevieranno la sottoscrizione coatta dell’accordo. Sono previsti “Metropolis” di Fritz Lang, e “Tempi moderni” di Charlie Chaplin. Gli operai firmatari potranno così divertirsi. Un po’ di sana autoironia non guasta mai.

Eppure, con la tecnica moderna, la soluzione del problema sarebbe facile. Una volta schiacciati i riottosi, ridotti gli altri al silenzio, si potrebbe istituire il turno perpetuo.

In fondo è sufficiente innestare una cellula di pecora incrociata con una d’elefante, su un tessuto di un operaio per dare origine al capostipite di una nuova genia di lavoratore fedele, timoroso e instancabile. Poi clonarlo, allevandolo in pascoli lontani dal consorzio umano, per avere una forza lavoro adulta a un costo moderato e pronta a turni ininterrotti.

La Fiat del resto ci ha già abituato a questo, attingendo, nel passato, dal serbatoio meridionale manodopera adulta che non gli costava niente nella fase della nascita, crescita, educazione e trapiantandola al Nord con suo sommo beneficio.

Chissà se Marchionne non ci ha già cominciato a pensare.

L’unica cosa che mi preoccupa, per una questione d’igiene e di decoro, è che non ci siano violenze in tutto questo bailamme e che non arrivi la polizia perché nel passato “quando è arrivata la polizia, quei quattro straccioni han gridato più forte, di sangue han sporcato il cortile e le porte, chissà quanto tempo ci vorrà per pulire.”

In questo uno contro tutti, in questa contrapposizione tra Fiom e tutto il resto (sindacati, industria, impiegati, dirigenti, Fiat, commercianti, addetti dell’indotto, politici), tra pochi facinorosi e corpo sano della Nazione, tra i nuovi untori e la purezza sana di tutti quanti gli altri, io sto con i nuovi untori.