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Gli schiavi che han fatto l’America

di Marco Aime - 23/06/2010

      
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Marco Aime recensisce il volume di John Thornton L’Africa e gli Africani nella formazione del mondo atlantico 1400-1800, uno studio di lungo periodo sul ruolo sociale e culturale avuto dal continente africano nella storia mondiale.
La novità dell’approccio di Thornton sta nel fatto che egli non si limita ad analizzare il ruolo passivo tradizionalmente attribuito alla storia africana, a causa delle deportazioni e della colonizzazione. Piuttosto l’autore tenta di evidenziare l’impatto sociale e culturale che, pur in condizioni svantaggiate, gli africani ebbero sia nei loro paesi di origine che nei luoghi in cui furono deportati.

Tenuta lontana per decenni dai salotti buoni della storia, l’Africa sembra ora rientrarvi e non solo nel ruolo di ancella, ma ritagliandosi un posto da protagonista vera. La posizione di passività, assegnatale da molti storici del passato, non è più attendibile e studi sempre più approfonditi rimescolano le percentuali degli attori e rivelano nuovi scenari. Il libro di John Thornton L’Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico si inserisce in questo filone, allargando l’angolo di osservazione, per scardinare il continente africano e i suoi abitanti da un presunto isolamento e inserirli nella storia del mondo atlantico, connettendo le due sponde di questo oceano e legandole a un destino comune. Pur spostando il suo obbiettivo sul mare e sulle rotte che lo attraversavano, Thornton non si limita a «frequentare» le coste africane. L’Atlantico, infatti, penetra dentro l’Africa grazie ai fiumi, che fin dai tempi remoti hanno costituito delle fondamentali vie di collegamento utili ai commerci interni ed esterni. Grandi corsi d’acqua come il Niger, il Senegal, il Congo penetrano profondamente nell’interno e le testimonianze dei primi esploratori raccontano di imbarcazioni che trasportavano ininterrottamente merci e uomini lungo questi fiumi. Il tutto sta a testimoniare che fin dal XV secolo, negli stati atlantici dell’Africa l’economia godeva di buona salute e non a caso, infatti, i portoghesi, primi a percorrere le coste occidentali del continente, avviarono floridi commerci alla pari con regni e stati africani. Non dunque una condizione succube dell’Africa, ma un ruolo attivo e redditizio. Come afferma Thornton, con dovizia di dati e fonti storiche, non era conveniente combattere in Africa, meglio commerciare. […] Molto interessante, invece, lo sguardo nuovo che si dà dell’importanza della cultura africana, approdata sull’altra sponda dell’oceano con gli schiavi, nella costruzione delle diverse culture americane. Adottando un approccio dinamico e dialettico ai fenomeni culturali, Thornton, smentendo molte teorie del passato, analizza i diversi modi in cui gli africani, diventati afroamericani, abbiano saputo ricontestualizzarsi e rimodellare la loro cultura, trasformando di conseguenza anche le culture autoctone. Dalla parentela all’estetica gli africani deportati non si sono né chiusi in gusci impenetrabili, né hanno abdicato totalmente alle loro tradizioni, ma hanno saputo reagire alla nuova condizione, interagendo con i nuovi paesaggi culturali che li attorniavano. Non sopravvivenze di cultura «negra», né solo adozione di nuovi modelli, ma la formulazione di una vera e propria cultura afro-americana. Ecco ribadito il ruolo attivo e condizionante degli africani, anche nella fase più tragica per loro, che fu quella della tratta. Thornton parla di intere regioni americane africanizzate dagli schiavi a scapito dei gruppi creoli che le abitavano, come nel caso di Cuba, della Jamaica, di Santo Domingo e di molte altre isole caraibiche, che conobbero non pochi conflitti tra africani e locali. Schiavi sì, dunque, ma non per questo deculturati o assolutamente passivi. È questo il messaggio che, dopo un percorso ricco, approfondito e quanto mai solido Thornton ci vuole lasciare.

John Thornton, L’Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico 1400-1800, il Mulino, pp. 497, € 38.