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Okinawa: la “chiave di volta” del Pacifico

di Matteo Pistilli - 24/06/2010


 
Okinawa: la “chiave di volta” del Pacifico

Continua ancora, nell’isola di Okinawa, la mobilitazione contro la presenza della base della marina americana sita a Futenma: dopo gli incontri fra il nuovo primo ministro giapponese Naoto Kan ed il governatore dell’isola Hirokazu Nakaima la situazione non ha trovato soluzione; da una parte il governatore ha sottolineato l’impotenza delle proprie richieste lamentando come la volontà della popolazione giapponese non possa per adesso essere messa in pratica, dall’altra il governo ha riconfermato di voler attuare l’accordo stipulato con Washington e procedere ad una semplice ri-localizzazione nel nord dell’isola della base e non ad una sua chiusura come chiesto dai cittadini. Quindi il presidente dell’Assemblea della prefettura di Okinawa, Zenshin Takamine, lunedì 21 giugno ha consegnato una lettera – indirizzata al presidente Obama – all’ambasciatore statunitense in Giappone John Roos: nella missiva sottolinea come il 90% della popolazione dell’isola sia contraria al progetto di spostamento della base verso la regione costiera di Henoko ed invita il presidente Usa a visitare il Memorial Park della città di Itoman così da poter leggere i 14.000 nomi di militari americani che hanno perso la vita ad Okinawa durante la seconda guerra mondiale. Takamine sottolinea come il 75% delle basi militari americane presenti in Giappone siano concentrate proprio nella sua isola e sono responsabili di numerosi  problemi, non solo connessi ad una evidente sovranità limitata determinata dalla presenza di militari stranieri, ma anche legati all’inquinamento ambientale, allo scarso sviluppo dovuto all’onore economico che le basi comportano per la popolazione  ed alla convivenza serena per i cittadini. Nello stesso giorno il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha invece avuto modo di scambiare opinioni con il Ministro degli esteri giapponese Katsuya Okada (uno dei ministri confermati dopo le dimissioni dell’ex premier Hatoyama): durante i colloqui sono state ribadite le intenzioni governative sulla ri-localizzazione della base e per convincere i nipponici gli Usa hanno di nuovo agitato lo spauracchio nord-coreano, prendendo a pretesto l’affondamento misterioso della nave sud-coreana “Cheonan” (1).

“The Keystone of the Pacific”

La questione relativa alle basi militari statunitensi ad Okinawa è centrale per vari aspetti; soprattutto per l’ingente dispiegamento di forze Usa in Giappone in generale e sull’isola in particolare. L’isola (in realtà insieme di isole) appartenente all’arcipelago delle Ryukyu (antico nome della stessa) è sita in una posizione strategica importantissima, al largo di Taiwan e del Mare orientale cinese, tale da essere considerata “la chiave di volta del Pacifico” dal Dipartimento di Stato Usa. Da tale postazione gli Stati Uniti riescono a controllare oltre alla Cina continentale e Taiwan, anche la penisola coreana, gli arcipelaghi dell’oceano pacifico, le Filippine, la penisola indocinese consolidando in questo modo la propria superiorità marittima nell’area. Taipei, Shanghai, Hong Kong, Seoul, Manila e Tokyo sono tutte situate a 1500 km di raggio da Okinawa che è quindi equidistante fra le diverse zone del Pacifico; se per arrivare in Corea del Sud dagli Stati Uniti si impiegano 16 ore di volo e da Guam 5, partendo da Okinawa è questione di sole 2 ore e chiaramente gli stessi vantaggi riguardano la navigazione.

Sin dalla rinascita moderna del Giappone, nei primi anni del ventesimo secolo, la marina nipponica considerava il principale potenziale nemico gli Stati Uniti così che Tokio nel disegnare quella che chiamò la “Sfera di Co-prosperità della Grande Asia orientale”, mirava a presentarsi come il campione della lotta contro l’imperialismo “occidentale” che aveva soggiogato sino ad allora l’Asia intera;  interessante notare, nel delineare le sfere di interesse delle varie potenze, come il Giappone non sarà ufficialmente in guerra con l’Urss se non nel 1945 praticamente a guerra finita. Proprio nella stretta finale della guerra mondiale ad est, nell’aprile 1945 le forze anglo-americane convergeranno tutte sull’isola di Okinawa (dove ci fu una delle più cruente battaglie della storia), scelta per il valore strategico come base per la futura invasione del Giappone e, come vedremo, per il controllo dell’intero oceano Pacifico negli anni a venire. Dopo aver annichilito l’impero del Sol Levante con la forza attraverso l’esercito e soprattutto le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, gli alleati, più precisamente gli Stati Uniti vista la divisione del mondo decisa a metà degli anni quaranta, instaurarono nell’arcipelago nipponico un vero e proprio protettorato, durato ufficialmente sette anni, durante il quale le istituzioni, la cultura, la politica giapponesi sono state totalmente riscritte. Non è una provocazione dire che sono state riscritte in inglese, vista per esempio la nuova Costituzione giapponese fatta redigere dal generale MacArthur (Capo supremo per le potenze alleate) – praticamente vicerè nel Giappone ricostruito – proprio in inglese e poi tradotta ed adottata senza che i giapponesi potessero discuterla. Ma l’occupazione americana produsse anche altre riforme come la fondamentale smilitarizzazione del Paese, l’epurazione politica dei personaggi sgraditi, lo scioglimento di organizzazioni patriottiche, l’imposizione di un sistema politico democratico che rinunciava “per sempre” alla guerra ed al mantenimento di “forze di terra, di mare e dell’aria”. Insieme a ciò vennero addirittura decisi a Washington i programmi educativi e culturali giapponesi e la ridefinizione dell’economia nell’arcipelago. Il Giappone tornerà ad essere un Paese formalmente indipendente soltanto nel 1952, dopo la firma e l’entrata in vigore del trattato di Pace di San Francisco, che sanciva le riforme fatte sino ad allora dopo la “resa incondizionata” del 1945 e smembrava l’impero giapponese, definendo i confini definitivi ed ufficiali dell’arcipelago e ponendo in questo modo le isole Ryukyo, fra cui Okinawa, sotto amministrazione statunitense, con la rinuncia formale di Tokio a rivendicare tali territori. Nello stesso giorno della firma del trattato di pace fu firmato un accordo bilaterale di sicurezza con gli Stati Uniti (revisionato nel 1960) che garantiva la presenza di basi e forze militari Usa in Giappone e garantiva altresì il loro utilizzo per mantenere, con linguaggio orwelliano, la pace e la sicurezza internazionale nell’area.

La guerra di Corea e successivamente quella del Vietnam, fondamentali dal punto di vista Usa per il controllo dell’Asia orientale ed il contenimento dell’Unione Sovietica nel quadro della guerra fredda, rendevano quindi centrale il rapporto privilegiato fra Giappone e Usa ed, in particolare, “l’amministrazione fiduciaria” posta da questi ultimi sull’isola di Okinawa, che si trovava nella situazione, unica del suo genere, di essere la sola colonia costituita dopo la Seconda Guerra Mondiale. Per moderare tale situazione evidentemente in contraddizione con la politica dell’Onu, il segretario di Stato Dulles cominciò a parlare di “residua sovranità” del Giappone sull’isola, e, sebbene questa formula fosse interpretata come la possibilità di ricondurre un giorno queste isole sotto la sovranità giapponese, era sin troppo chiaro che fin quando non si sarebbe proceduto ad una normalizzazione dell’area (soprattutto dopo l’inizio della guerra in Vietnam) questa sarebbe stata una pia illusione; anche perché i giapponesi ponevano teoricamente delle limitazioni all’utilizzo delle basi americane poste in territorio sovrano, limitazioni che chiamate “livello della terra ferma” prevedevano la messa al bando ed il libero uso delle armi nucleari. Comunque nel 1969 il problema venne risolto con un accordo (firmato nel 1970 ed entrato in vigore nel 1972) che riportava Okinawa sotto sovranità giapponese ed assoggettava teoricamente le basi americane alle limitazioni previste; in realtà oggi sappiamo, perché citati dall’ex Premier Hatoyama, della presenza di accordi segreti che sebbene mai venuti alla luce, di certo garantivano e garantiscono ancora la continuità della sovranità americana in Giappone ed a Okinawa in special modo per quanto riguarda le scelte di carattere militare (2).

Ancora oggi ci sono in Giappone all’incirca 90 strutture militari statunitensi, per un totale di 3.130.000 metri quadrati, il 75% dei quali soltanto ad Okinawa. Queste basi, fino ad oggi facilitate nella presenza dal grande sforzo economico della popolazione giapponese (3) (sono anche esenti da affitto) sono concentrate in poche aree precise: 37 ad Okinawa (coprono il 18% del suolo dell’isola), 15 a Kanagawa, 11 a Nagasaki, 7 a Tokyo. Su 52.000 soldati americani la metà stazionano a Okinawa. Questa ha avuto un ruolo fondamentale rispettivamente nella guerra di Corea, nella guerra del Vietnam, nella guerra del Golfo, nelle invasioni in Iraq ed Afganistan; quindi rimane ancora oggi un fulcro del sistema di espansione mondiale degli Stati Uniti, dopo essere stata l’avamposto per la dottrina del containment nell’arco asiatico. Infatti la vicinanza a diversi possibili focolai regionali di crisi rende centrale l’importanza della presenza statunitense nell’isola, anche per la rapidità di intervento.

La messa in discussione della presenza statunitense non è quindi una notizia di poco conto e spiega bene perché su questo problema sia caduto il Premier Hatoyama (4) e perché dagli Stati Uniti sia arrivata una forte reazione diplomatica a difesa della insindacabilità della presenza dei propri militari. L’altro arco fondamentale nel vecchio containment americano, quello occidentale, è anch’esso oggi sottoposto a frizioni tanto da far parlare di “una guerra a bassa intensità” (5) per destabilizzare la Turchia (altro Stato ospitante numerose basi Usa/Nato) ed impedire un suo protagonismo nell’area. Tutto questo conferma quanto la dottrina del contenimento dell’Urss in realtà non fosse che un faccia del classico obiettivo strategico statunitense, ossia l’occupazione e l’accerchiamento della massa continentale eurasiatica, per impedirne l’unità considerata pericolosa per gli interessi anglo-americani. La volontà di parte della classe dirigente attuale giapponese di un ripensamento della relazione speciale con gli Usa è figlia anche dell’emergere di nuove potenze e può essere da esempio per le classi dirigenti europee; come il Giappone oggi emergente, considera fondamentale una coesistenza con il gigante cinese (oggi come teoricamente ai tempi della sfera di Co-prosperità, dall’eloquente motto “l’Asia agli asiatici”) e punta quindi ad una maggiore sovranità legata anche al benessere ed alla difesa degli interessi dei propri cittadini, così in Italia, Francia, Germania per citare alcuni Stati in cui sono presenti numerose basi militari nord-americane che di conseguenza mantengono questi territori in una posizione di sovranità limitata, si potrebbe prendere coscienza di una situazione mai affrontata con coraggio.

*Matteo Pistilli

Note:

1) La “normalizzazione” del Giappone: reazione degli Usa verso i Paesi “emergenti” (Matteo Pistilli) http://www.eurasia-rivista.org/4512/la-normalizzazione-del-giappone-reazione-degli-usa-verso-i-paesi-emergenti

2) Giappone: desecretati i patti clandestini imposti dagli USA (Matteo Pistilli) http://www.eurasia-rivista.org/3072/giappone-desecretati-i-patti-clandestini-imposti-dagli-usa

3) Il Giappone è lo Stato che più di ogni altro mette a bilancio fondi per sostenere basi controllate da stranieri; questo è uno degli aspetti intollerabili per la popolazione giapponese, ma ci si potrebbe porre il problema anche per esempio riguardo l’Italia, vista l’ingente presenza di basi militari sulla penisola e la probabile presenza di trattati segreti che la regola.

4) Per ricostruire cronologicamente la “questione Okinawa” dai contributi presenti su “Eurasia”:

Febbraio 2010 – Giappone: Desecretati i patti clandestini imposti dagli USA (Matteo Pistilli) http://www.eurasia-rivista.org/3072/giappone-desecretati-i-patti-clandestini-imposti-dagli-usa

Volontà, immaginazione, senso comune: ristrutturare l’alleanza nippo-statunitense (Jitsuru Terashima) http://www.eurasia-rivista.org/3846/volonta-immaginazione-senso-comune-ristruttura-lalleanza-nippo-statunitense

Maggio 2010 – Okinawa in piazza contro la base USA (Matteo Pistilli) http://www.eurasia-rivista.org/3960/okinawa-in-piazza-contro-la-base-usa

Giugno 2010 – La “normalizzazione” del Giappone: reazione degli Usa verso i Paesi “emergenti” (Matteo Pistilli) http://www.eurasia-rivista.org/4512/la-normalizzazione-del-giappone-reazione-degli-usa-verso-i-paesi-emergenti

5) “Strategia della tensione” contro la Turchia, (Aldo Braccio) http://www.eurasia-rivista.org/4706/strategia-della-tensione-contro-la-turchia