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Il legittimo sospetto

di Pierluigi Battista - 26/06/2010

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Deve organizzare un ministero. Non si sa quale, con quale denominazione esatta, con quali specifiche competenze, ma Aldo Brancher deve pur organizzarlo. Per questo, per organizzare un ministero fantasma, non può recarsi dall’autorità giudiziaria causa «legittimo impedimento ». Deve attuare il federalismo. Anzi no, il decentramento. Anzi no, la sussidiarietà. E chissà, forse, persino l’agricoltura. Era un «mistero politico», l’improvvisa nomina di Brancher al ministero, all’insaputa di tutti: alleati, membri del governo, parlamentari di maggioranza, stampa, radio, tv. Non si comprendeva tanta fretta, e tanta segretezza carbonara.

Era una malignitàsupporre che tra federalismo e decentramento, sussidiarietà e agricoltura, facesse la sua comparsa, come spiegazione plausibile, quella norma di recente conio in base alla quale anche i ministri, oltre al capo del governo, potevano addurre i loro improcrastinabili impegni come impedimento (ovviamente legittimo) alla loro presenza nelle aule giudiziarie. E infatti: ieri i legali del neo-ministro Brancher hanno fatto sapere che purtroppo il loro assistito non era nelle condizioni di presentarsi, causa gli impedimenti della sua neo-carica. Ancora imprecisa in quanto a deleghe, competenze e giurisdizione. Ma molto chiara nella titolazione: ministro. E dunque, ministro legittimamente impedito. Non è stato uno spettacolo politico brillante e avvincente. Anzi, sembra un grande regalo all’opposizione, una conferma dei peggiori sospetti.

Un’innovazione nella prassi di governo, in cui la nomina di un ministro appare un espediente più che una scelta politica, un pretesto e non il segnale di una linea governativa su qualche aspetto della vita pubblica, sia esso il federalismo, il decentramento, la sussidiarietà (o, prossimamente, grazie ad ancora non meglio definiti spostamenti a incastro, l’agricoltura). Una confusione di ruoli pubblici ed esigenze private che non costituisce il miglior capitolo di questo governo, peraltro impegnato a fronteggiare gli effetti di una profonda crisi economica e finanziaria. Dicono che Bossi e Fini, i duellanti, stavolta abbiano trovato la concordia in un sentimento comune: la rabbia per la nomina di Brancher. Legittimo sentimento.