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A chi danno fastidio i parchi?

di Renzo Moschini - 28/06/2010


 

L'accanimento con il quale da un po' di tempo non si perde occasione per mettere in difficoltà i parchi e le aree protette a cosa è dovuto?
Certo, ci sono i tagli finanziari che colpiscono tutti chi più chi meno dalle regioni, ai comuni, le province etc e quindi anche i parchi pagano dazio. Ma per i parchi non c'è soltanto questo.

Più che per altri soggetti istituzionali pure alle prese con problemi di ruolo -vedi le province- per i parchi è in discussione il loro futuro specie dopo che alcune importanti funzioni gli sono già state tolte e fortemente pregiudicate. I piani dei parchi anche se troppi sembrano dimenticarlo non possono più occuparsi del paesaggio.

Gli enti dei parchi nazionali già scampati ad una sorte peggiore vedono sempre più ridursi non solo le risorse ma l'autonomia in fatto di spesa come di scelta dei direttori etc. Non parliamo poi delle aree protette marine ridotte al lumicino e per le quali si sta pensando ad ulteriori scandalose ipotesi di subordinazione ministeriale. Poco meglio stanno i parchi regionali che neppure volendo potrebbero evitare gli effetti di questa turbolenza tanto che qualche ministro aveva addirittura pensato di abrogarli.

Insomma, cosa sta succedendo e perché? Evidentemente non si tratta solo di cassa. Anzi qui più che per altri comparti della spesa pubblica appare più che evidente la strumentale demagogia di una manovra incentrata sugli sprechi quando nel caso dei parchi la spesa riguarda cifre irrisorie.
Quello che bolle in pentola come confermano gli aspetti richiamati ma anche altri a cui confusamente si sta pensando e non soltanto da parte del ministero ma anche di forze politiche che, infatti, stanno lavorando a sconcertanti provvedimenti legislativi al Senato, va ben al di là. E riguarda proprio il ruolo istituzionale di questo nuovo soggetto che in Europa e nel mondo al contrario che da noi è al centro oggi di un vero e proprio rilancio in ragione della nuova allarmante situazione ambientale.

Ecco, in Italia confusamente, con sortite e ipotesi sovente strampalate stiamo andando controcorrente rispetto al panorama europeo e internazionale, perché?
Questo è il punto che finora non è emerso chiaramente nel dibattito e che spiega probabilmente anche i troppi silenzi su misure di cui non si è colto evidentemente la portata negativa come nel caso del paesaggio.

La ragione per cui fuori d'Italia i parchi trovano in più d'un caso un vero e proprio rilancio anche normativo oltre culturale e di bilancio è che le politiche ambientali richiedono oggi più di ieri strumenti e progetti più qualificati, più impegnativi sotto il profilo del governo del territorio, del rapporto terra mare, della tutela della biodiversità e del paesaggio sempre più correlate alle scelte di politica economia dalla agricoltura alla pesca. Da qui la crescita massiccia ( che ha conosciuto fino a qualche tempo fa anche il nostro paese) di territori protetti con parchi nazionali, regionali, marini, fluviali, montani, siti comunitari etc.

L'Italia sta uscendo sempre più dal gruppo perché ha abdicato e sta abdicando con condoni e altre manfrine varie a questa politica di programmazione del territorio incentrata sulla tutela dell'ambiente a cui debbono oggi conformarsi tutte le altre scelte. E nella gestione dell'ambiente i parchi sono risultati e risultano in tutto il mondo gli strumenti più attrezzati, qualificati e idonei a farsene carico.

Tutto l'armeggiare del nostro ministero dell'ambiente per chiudere non solo i rubinetti ma i compiti, la pianificazione, il collegamento con i territori su una base operativa e progettuale va invece in una direzione opposta. Si veda quanto sono aumentate le impugnative governative contro leggi e provvedimenti regionali in nome di un centralismo che risulta tanto più anacronistico nel momento in cui si parla e straparla di federalismo.

Ecco, i parchi danno noia a chi pensa di poter governare il territorio da Roma, con condoni e affini che accrescono i disastri ambientali dagli alti costi umani, sociali ed economici. Ma se qui sta il tarlo la cura è accrescere perciò quella ‘leale collaborazione' istituzionale di cui i parchi sono l'esempio più tangibile e riuscito e non solo in Italia. Anche per la definizione degli ambiti territoriali ottimali concertati in sede regionale a cui fa riferimento il dl. 78 per le materie di cui all'art 117 i parchi offrono una sponda importantissima come si è potuto vedere nelle regioni che ai parchi hanno dedicato un serio impegno, magari per vedersi poi impugnata la legge dal governo come è accaduto in Piemonte e non solo.

Insomma qui senza trucchi e senza inganni bisogna ripartire da Roma ( dove il ministero appare ormai in tutta la sua inadeguatezza e persino illegittimità come ha recentemente rilevato la Corte dei conti e come confermano le ripetute sanzioni comunitarie), dalle regioni e dagli enti locali. E non si può farlo certo con testi di legge come quello attualmente in discussione al senato che all'art 1 prevede l'estromissione delle regioni da qualsiasi competenza sulle aree protette marine.
Il mare nostrum di effetti disastrosi ne ha già prodotti di drammatici a suo tempo. Evitiamo stupide scimmiottature che non fanno onore al parlamento e ancor meno ai parchi.
Renzo Moschini