Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Riserva frazionaria, Decrescita e Sovranità

Riserva frazionaria, Decrescita e Sovranità

di Stefano D'Andrea - 29/06/2010


Questo articolo contiene alcune osservazioni sulla “riserva frazionaria”. Esse non sono comuni e anzi sono, al più, rare, anche se, a chi non è economista, sembrano estremamente logiche ed evidenti. Perciò, mi auguro che qualche contestatore del cosiddetto signoraggio secondario (ossia del meccanismo della riserva frazionaria), letto l’articolo, voglia esprimere le sue riflessioni, in un commento o, eventualmente, con un articolo autonomo. Se saranno sollevate convincenti obiezioni che tolgano valore alle osservazioni critiche su un ipotetico regime di “riserva obbligatoria totale”, sarò felice.

***

Non sono pochi coloro che considerano ingiusto che le banche debbano mantenere a riserva soltanto una percentuale del denaro depositato dai clienti presso di esse (per esempio il 4%) e reputano che il prestito del medesimo denaro da parte del sistema bancario considerato nel suo complesso, potenzialmente per un numero di volte pari a cento diviso la percentuale di riserva frazionaria, costituisca una “creazione di denaro dal nulla”, che debba essere vietata. Si dice, infatti, che, posta una riserva obbligatoria del 4%, il deposito di centomila euro presso una banca darebbe luogo alla possibilità del sistema bancario di prestare, ad interesse, fino a duemilionicinquecentomila euro (100.000 diviso 4/100), sempre che il denaro prestato, ad ogni finanziamento, venga interamene depositato presso una o altra banca. Si propone, allora, di prevedere una “riserva obbligatoria totale” (che è un ossimoro ma chiarisce il contenuto), ossia che le banche debbano tenere in cassa a disposizione dei clienti tutte le somme da questi ultimi depositate.

Voglio depurare il mio discorso dal cosiddetto signoraggio primario. Ipotizzo, perciò, che la carta moneta e le monete metalliche vengano prodotte direttamente dallo Stato o da una banca centrale interamente pubblica, almeno nel senso che i soci della medesima siano soltanto soggetti pubblici. Il ragionamento, perciò, si baserà sulla premessa che le banche private prendano a prestito il denaro, con il quale poi finanziano cittadini e imprese, da un soggetto pubblico (lo Stato o una banca centrale interamente pubblica). In ogni caso, il ragionamento che svolgerò è autonomo dal problema del cosiddetto signoraggio primario e ha una sua ragion d’essere anche nell’attuale contesto giuridico.

Svolta la premessa, muovo da un esempio. La banca A prende in prestito dalla banca centrale (o dallo Stato) un milione di euro ad un tasso del 2% e lo presta, prevedendo un tasso più alto, ad un cittadino che intende acquistare un immobile. Il venditore riceve in consegna l’assegno circolare dall’acquirente e lo versa alla banca B, presso la quale ha acceso un contratto di conto corrente, sul quale, quindi, avrà depositato un milione di euro  - peraltro, dopo l’accreditamento, è vero semplicemente che il venditore è titolare nei confronti della Banca B di un credito di un milione di euro e che la banca B è titolare di un credito del medesimo importo nei confronti della banca A (la riflessione su questa osservazione sembrerebbe interessante ma mi condurrebbe fuori dal tema specifico di queste note e perciò soprassiedo).

In regime di “riserva obbligatoria totale” la banca B non potrà prestare il milione di euro depositato presso di essa dal venditore. Né in tutto né in parte. In questa situazione mi sembra ovvio che dovrebbe essere il venditore- depositante a pagare un corrispettivo alla banca B perché essa custodisca il denaro. In un regime di “riserva obbligatoria totale”, che interesse avrebbero le banche a custodire il denaro dei clienti? Nel regime con riserva frazionaria l’interesse delle banche è di prestare, con gli interessi, il denaro che eccede la riserva frazionaria (alta o bassa che sia). Ma nell’ipotetico regime di “riserva totale”? L’unico interesse delle banche sarebbe quello di svolgere la funzione di depositarie del denaro: io banca ti custodisco il denaro ma tu mi devi pagare. Sarebbero i clienti, dunque, a dover pagare le banche.

Mi domando, ora, se il passaggio ad un regime di riserva obbligatoria totale implicherebbe una riduzione dei crediti e/o un aumento degli interessi.

Non vedo ragioni per negare che si verificherebbe un aumento degli interessi richiesti dalle banche. Se, al momento del passaggio dalla riserva frazionaria a quella totale,  tutte le altre circostanze restassero identiche e in particolare se lo Stato o la Banca centrale prestassero alle banche la medesima quantità di denaro, le banche presterebbero meno denaro, non per un effetto economico, bensì perché per legge non potrebbero più ciò che prima potevano: prestare il denaro depositato presso di esse da soggetti pubblici e privati.

Si tratta di un provvedimento che provoca un “effetto decrescita”. Da un lato, riduzione del finanziamento del consumo (che oggi le banche effettuano, in parte, tramite le finanziarie), quindi meno “domanda” interna, quindi riduzione delle vendite e  delle forniture di servizi: riduzione dell’indebitamento privato e riduzione dell’acquisto di beni e servizi di consumo. Riduzione, inoltre, dei mutui-casa, con conseguente riduzione del prezzi degli immobili e necessità, per una parte dei proprietari degli immobili, di vendere gli immobili, in parte dietro il pagamento di contanti e in parte ricevendo cambiali dagli acquirenti (i quali si indebiterebbero verso il costruttore o il venditore e non verso la banca) – sarebbe un ritorno alla prassi dominante trenta anni fa, con elevata riduzione dell’intermediazione bancaria. Dall’altro, minore finanziamento degli imprenditori e delle società commerciali e quindi riduzione della produzione: riduzione del fatturato e forniture effettuate soltanto ai clienti che pagano con certezza; riduzione dei costi, un tempo sopportati (anche) tramite il maggior finanziamento; riduzione degli investimenti volti a “espandere” o “internazionalizzare l’impresa”. Il tutto, naturalmente, con una riduzione dell’occupazione e/o con minore incremento dei nuovi occupati.

Tra la riserva obbligatoria attuale e l’ipotesi della riserva obbligatoria totale esistono moltissime possibilità: riserva obbligatoria al 10%, al 20%, al 30% ecc. Negli anni 80 del secolo scorso, la riserva frazionaria è stata mediamente del 25%. Qui sorge un dubbio: ha senso proporre – anche per chi, come lo scrivente, considera largamente prevalenti le conseguenze positive rispetto a quelle negative (queste ultime coincidono, essenzialmente, con il calo dell’occupazione) – sia in un ipotetico regime giuridico che ha eliminato il cosiddetto signoraggio primario (è il regime che abbiamo ipotizzato), sia nell’attuale contesto giuridico, una riserva obbligatoria totale? Chi è in grado di valutare quale sarebbe, con il passaggio ad un regime di riserva obbligatoria totale, l’aumento dei tassi medi di interesse? Chi è in grado di valutare in che misura diminuirebbe il finanziamento delle imprese da parte del sistema bancario? Chi è in grado di prevedere in che misura sarebbe colpita l’occupazione? Senza una previa risposta, siamo in presenza di una proposta politica avventata, mossa esclusivamente da una pretesa moralistica: da una volontà di punire (le banche non devono guadagnare prestando il denaro depositato dai cittadini, dalle imprese e dagli enti pubblici!). Non sembra una proposta politica condivisibile. Le proposte politiche si elaborano a tutela di uno o altro interesse e non per sacrificare un interesse, disinteressandosi di tutti gli interessi “secondari” (ossia che non costituiscono la ragione della norma) che eventualmente sono sacrificati.

Sembra preferibile una proposta più “moderata”, che moderata non sarebbe. Infatti, negli ultimi venti anni si sono verificati, nell’ordinamento giuridico italiano, più cambiamenti che non con il Risorgimento, il Fascismo e la Costituzione repubblicana (cfr. “Centrodestra e centrosinistra contro la storia d’Italia! http://www.appelloalpopolo.it/?p=958). Perciò non dobbiamo temere il ritorno alla legislazione previgente (o l'introduzione di una legislazione simile a quella previgente). Si tratterebbe ugualmente di proposte che vanno considerate rivoluzionarie (il sistema bancario sarebbe effettivamente, sotto il profilo considerato, rivoluzionato), che hanno dalla loro parte la storia e una applicazione di oltre cinquanta anni e che sono pertanto concrete, credibili e "vendibili" ai cittadini, i quali potrebbero lasciarsi persuadere.

Una proposta politica più seria – il piano è proprio quello, complesso, della “serietà”, come risultante dell’analisi concreta della situazione concreta – rispetto a quella che sostiene l’adozione del regime della “riserva obbligatoria totale” è quella che muove dalla constatazione: i) che c’è una “bolla” del credito, compresa una bolla del credito al consumo; ii) che una società sana non consuma un euro (una lira, un dollaro, una dracma, ecc.) in più rispetto a ciò che produce ma anzi risparmia, in parte, ciò che ha prodotto, pensando al futuro, salvo che i debiti siano contratti per investimenti (e non rientrano in questa categoria i debiti contratti dai cittadini per aumentare i consumi di beni e servizi, compresi gli acquisti di immobili, e per promuovere, così, un’offerta che non dovrebbe esserci) e in una certa misura i debiti pubblici; allo stesso tempo un società sana non finanzia attività economiche che devono essere sostenute al contempo finanziando il consumo a debito dei cittadini; iii) che l’aumento del credito al consumo (congiunto con la diminuzione dei redditi da lavoro e delle pensioni) costituisce un impoverimento netto e drastico dei cittadini, del quale ci si renderà conto appieno tra alcuni anni; iv) che uno Stato sovrano deve poter disporre di una manovra (la manovra sulla riserva frazionaria) che consente di aumentare o diminuire il credito, con la conseguenza che la decisione ultima sulla riserva frazionaria deve spettare al Governo controllato dal Parlamento, e non ad organi “tecnici” sovranazionali; v) che è necessario, a tutela dei segnalati interessi, di rilievo costituzionale, aumentare la percentuale di riserva frazionaria, sopportando i “costi” (in realtà sono in gran parte benefici – salvo il problema per l’occupazione) che l’aumento comporta.

Le proposte politiche che, a tutela di uno o altro bene costituzionale, suggeriscono di percorrere la strada della decrescita o, comunque, di eliminare le bolle dei crediti non possono consistere in proposte distruttive dell’ordine costituito; devono invece mirare a mutarlo per costruire un ordine giuridico più giusto ed equilibrato.

Pertanto crediamo che il partito alternativo al partito unico delle due coalizioni, partito che prima o poi sorgerà, debba proporre l’aumento della riserva frazionaria e il ritorno della manovra sulla riserva in mano al Governo sotto il controllo del Parlamento. “Decrescita” perseguita razionalmente, riduzione della attività di intermediazione finanziaria e recupero della sovranità nazionale sono tre obiettivi da perseguire congiuntamente.