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Appunti per una disfatta

di Ugo Gaudenzi - 30/06/2010

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Commentando qualche giorno fa la caduta di McChrystal dal trono afghano e la sua sostituzione con il generale David Petraeus, titolavamo “Obama: tu sei Petraeus e su di te rifonderò la mia guerra”.
Una guerra, quella di aggressione ed ora di occupazione dell’Afghanistan, indubbiamente di lunga durata.
Altro che “offensiva vincente” in questi mesi e “ritiro delle truppe Nato e angloamericane” da qui a un anno... Queste erano  le intenzioni a parole del “nobel per la pace” Obama. La verità è invece quella dichiarata dallo stesso Petraeus ieri, di fronte alla Commissione del Senato Usa. Intanto è probabile un “allentamento” delle regole di ingaggio per i soldati americani  operativi nel Paese delle Montagne. Le loro lagnanze sui maggiori rischi bellici - dopo la sospensione dei raid sconsiderati sulle popolazioni civili - di fronte alla controffensiva talibana, sembrano accolte. E così la vergognosa guerra afghana riprenderà a mietere vittime a tappeto. E poi, naturalmente, la dilatazione delle operazioni: la data del luglio 2011 per il termine della guerra è infatti stata definita dallo stesso Petraeus “un inizio del processo di transizione”... al quale dovrà seguire il “consolidamento”.
Non a caso più o meno le stesse parole pronunciate dal repubbliocano Mc Cain (lo sfidante presidenziale di Obama) che aveva dichiarato, in apertura di seduta, “irrealistica” la data del luglio 2011 per il ritiro delle forze di occupazione.
Insomma: la guerra durerà ben oltre un decennio, e - se andrà come sta andando - si concluderà versomilmente con la sconfitta atlantica.
Assai sintomatico infatti è quanto accaduto nella cosiddetta duplice “grande offensiva” nella regione meridionale di Marja e per la “riconquista” o “pacificazione” di Kandahar, la seconda maggiore città afghana. Entrambi gli obiettivi non sono stati raggiunti.
Non solo, ma sono anche falliti i tentativi di supportare gli arruolamenti nelle forze governative pro-Karzai.
Di fatto sono andati a vuoto i negoziati con quei talibani moderati chiamati - nei sogni degli occupanti - a riempire i vuoti dei ranghi governativi.
Petraeus ha poi parlato di “proficui colloqui” con il presidente fantoccio afghano, non nascondendo la necessità di “educare i nostri capi” (letteralmente: to educate our leaders...) alle nuove regole di sicurezza in vigore.
Come da  copione ha anche elencato i “risultati” ottenuti (cattura di guerriglieri, eliminazione delle “basi da cui al Qaida può sferrare azioni terroristiche contro gli americani”, e così via).
Risultati tuttavia evidentemente non eccelsi, se è vero come è vero che ormai il numero di morti Usa ha superato le mille unità e che tra le forze Isaf Nato le vittime negli ultimi due anni sono aumentate di giorno in giorno (ventotto gli italiani caduti) e hanno superato il numero di caduti dei primi sette anni di guerra.
Così il generale Petraeus. Che è adesso atteso per una replica del “rapporto” (è un documento scritto, infatti) anche di fronte al vertice dei gurkha Nato, a Bruxelles.
Va detto che, durante l’audizione, l’atmosfera del Comitato dei legislatori Usa non brillava per ottimismo.
Se è evidente che le dimissioni di McChrystal avevano già mostrato a tutto tondo il dissidio in atto tra guida politica e guida militare della guerra, è anche palese un allarme antico, alla Viet-Nam.