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Iraq, In una zona a rischio, la violenza resiste a un calendario

di Timothy Williams - 01/07/2010




MOSUL, Iraq — Il colonnello Ismail Khalif Jasim,  il più alto ufficiale dei servizi segreti nella provincia di Ninive, la settimana scorsa scrutava i volti mentre percorreva a piedi quello che secondo la polizia è il quartiere più pericoloso nella città più violenta dell'Iraq. Il posto è talmente rischioso che alcuni dei suoi colleghi per scusarsi avevano addotto motivi per i quali non avrebbero potuto accompagnarlo lì.

Un maggiore aveva ammesso di essere semplicemente troppo spaventato. Tuttavia era stato costretto, assieme a più di 200 altri, fra soldati e ufficiali di polizia, a recarsi nel quartiere, Amil. Le forze di sicurezza irachene sostengono di averne il controllo, ma in realtà Amil è alle prese con un'altra serie di omicidi, mentre le forze armate americane lavorano per estirpare i combattenti islamici dalla zona prima di ridurre il numero delle proprie truppe in Iraq a 50.000 da circa 90.000 entro la fine di agosto.

La visita del colonnello Jasim aveva come obiettivo quello di convincere gruppi di residenti dai volti privi di espressione a cooperare con l'esercito iracheno – un'entità quasi universalmente detestata qui, per il modo rude poco incline alle scuse con cui tratta la gente della zona. Tuttavia, lui faceva capire, le autorità erano meglio degli insorti rintanati lì.

“Non sono solo dei fuorilegge”, diceva il colonnello, insinuando che erano assai più pericolosi e non avevano nulla delle caratteristiche eccitanti che a volte si associano ai criminali. Gli uomini lo guardavano impassibili.

“Dicono che dovete massacrare soldati e poliziotti", diceva. “Abbiamo trovato informazioni secondo le quali vogliono massacrare altra gente. Volete che vengano uccise altre persone?”

Niente. Gli uomini non rispondevano. Il colonnello, con gli occhiali da sole che gli nascondevano gli occhi ma non l'aria di disprezzo che gli dava una smorfia attorno alle labbra, passava al gruppo di uomini successivo.

Era affiancato da entrambi i lati da soldati, ne aveva altri davanti e dietro di lui. Veicoli blindati della polizia e dell'esercito erano parcheggiati a ogni angolo del quartiere, i cui punti di ingresso erano chiusi al traffico. La strada era stata limitata con del filo spinato. Solo in pochi osavano uscire dalle loro case.

Amil è una roccaforte di "al Qaeda in Mesopotamia", un gruppo per lo più locale di insorti sunniti, ma si tratta di una cosa di cui il quartiere non vuole discutere. Domande sul gruppo tirano fuori solo risposte nervose, evasive, nell'enclave in maggioranza araba sunnita. Nessuno osa neppure menzionarne il nome.

Nel corso delle ultime settimane, le forze statunitensi hanno iniziato aggressivamente a tentare di estirpare gli elementi di al Qaeda ad Amil, prima che l'ultimo soldato americano da combattimento se ne vada. Questo mese, le forze armate statunitensi hanno detto in un comunicato di aver arrestato un uomo che aveva commesso “degli assassinii contro funzionari della magistratura e della polizia irachene, e, a quanto si dice, ha coordinato attacchi con ordigni esplosivi improvvisati contro” la polizia e l'esercito iracheni. L'identità dell'uomo non è stata resa nota.

Quattro giorni dopo, una sparatoria in un quartiere adiacente ha ucciso due ufficiali di polizia iracheni che erano in pattuglia. Lo stesso giorno, nel centro di Mosul, il vice governatore è sopravvissuto a un'esplosione che ha demolito la sua auto blindata. Il giorno seguente, una bomba in un mercato pubblico nei pressi di Amil ha ucciso 2 persone ferendone altre 27.

Alcuni giorni dopo, le forze statunitensi hanno annunciato l'arresto a Mosul di un altro importante membro di al Qaeda, assieme a parecchi altri uomini.

La violenza comunque continua, apparentemente con la stessa intensità. Tutti i giorni ci sono autobombe: alcune vengono disinnescate, altre esplodono.

La pattuglia del colonnello Jasim poneva un problema specifico per la gente di Amil: essere visti mentre si parla con un ufficiale dell'esercito o della polizia irachena, obiettivi abituali di al Qaeda, significherebbe guai. Parlare con un soldato americano, anche solo per scambiare un saluto, potrebbe voler dire torture e morte.

“Pensiamo che abbiano molti sostenitori nel quartiere, quindi abbiamo paura di loro”, diceva Majid Riyadh Ahmed, 40 anni, riferendosi a un gruppo di uomini che recentemente avevano ucciso a colpi di arma da fuoco un politico in pieno giorno su un marciapiede.

“E' una zona calda”, aggiungeva, utilizzando il termine che è diventato sinonimo di Amil.

Come molte persone qui, Ahmed distingueva fra i tipi di violenza che si verificano.

“Ci sono alcune azioni terroristiche e ci sono alcune azioni jihadiste”, diceva. Le azioni jihadiste sono quelle che hanno come obiettivo le forze americane o le forze di sicurezza irachene loro alleate. Le azioni terroristiche sono quelle dirette contro i residenti.

Alla domanda se si sentiva sicuro, Ahmed, padre di quattro figli, ha risposto senza esitazione. "Sono spaventato”, ha detto.

In questa mattinata calda, Amil pullulava di soldati e ufficiali di polizia. La gente sbirciava dalle finestre ed esprimeva stupore. Diceva che di solito c'erano in giro molto pochi membri delle forze di sicurezza, il che lascia gli elementi di al Qaeda liberi di girovagare, estorcendo soldi ai proprietari dei negozi e minacciando tutti gli altri.

“Mi chiedo perché la polizia, che sa che questa zona è pericolosa, non ci viene”, diceva uno dei residenti.

Tuttavia, secondo Athil al-Nujaifi, il governatore della provincia, la questione è più complicata.

“Le forze di sicurezza sono schierate ovunque a Mosul, ma ci sono zone che definiamo non sicure perché per al Qaeda lì è facile commettere azioni, e poi nascondersi fra la gente”, dice. “Una zona calda non significa che non ci siano soldati o poliziotti. Il quartiere è sotto il controllo della polizia federale”.

Aggiunge che al Qaeda è in grado di operare ad Amil perché “la gente o simpatizza o ha paura”.

Qualunque sia il motivo, nessuno è stato in grado di sopprimere la violenza a Mosul: è una delle poche zone urbane dell'Iraq dove truppe americane da combattimento pattugliano le strade. In città sono di stanza circa 18 battaglioni dell'esercito iracheno, e centinaia di ufficiali della polizia irachena gestiscono i checkpoint.

Ad Amil, però, la gente dice di non voler avere nulla a che fare in particolare con l'esercito iracheno – che a Mosul è composto principalmente da sciiti originari del sud dell'Iraq. I residenti si lamentano che i soldati non capiscono la loro cultura, e sono maleducati nel migliore dei casi, brutali nel peggiore, e sospettano che tutti nel quartiere siano membri di al Qaeda.

“Non c'è fiducia fra la gente e le forze di sicurezza”, dice uno dei residenti, Hazim Mahmud al-Sahan, il cui figlio è stato ucciso di recente ad Amil, non lontano da un checkpoint dell'esercito iracheno.

Per anni, tuttavia, il maggior disprezzo è stato riversato sugli americani. Fra pochi mesi però loro se ne saranno andati, apparentemente a prescindere dal fatto che posti come Amil precipitino in una violenza peggiore.

“Ci saranno problemi più grossi quando gli americani se ne andranno”, dice Didar Abdulla al-Zibari, uno dei membri del locale Consiglio Provinciale. Fa una pausa ad effetto, prima di dire che l'America “verrà biasimata” per il fatto di essersene andata.

Zaid Thaker ha contribuito alla raccolta di elementi

The New York Times
(Traduzione di Ornella Sangiovanni)