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Zardoz

di Carlo Bertani - 06/07/2010

   
   

Sono le 11 del mattino nel porto di Nizza e ci siamo appena seduti su una panchina cercando di contrastare, con la poca ombra di una pensilina, i 40 gradi che arroventano il piazzale alle nostra spalle.
Giù acqua in gola dalle bottigliette e giù sudore che arrossa gli occhi: l’acqua che attraversa i nostri corpi confonde tutto in un miraggio. Nella calura, ci sono le barche dei pescatori colorate con tinte vivaci – paiono sprazzi di Chagall o di Matisse – le solite barche a vela bianche, il traghetto per la Corsica, i mastodonti con più ponti dei signori del vapore di serie B (quelli che non osano attraccare a Montecarlo, c’è una “graduatoria” anche per i bei padroni “dalle braghe bianche”) e la miriade di “ferri da stiro [1]” che ingombrano le banchine.
Non so nemmeno perché siamo venuti fin qui al porto giacché, già la sera prima, un amico francese aveva fatto un giro di telefonate: niente posti barca, se lo vuoi – oramai – lo affitti per 5.000 euro l’anno, a meno d’andare lontano, oltre Tolone. Tutta colpa degli italiani: qui, un tempo, avere un posto barca non era una cosa fuori dall’ordinario, ma sono arrivati a frotte gli italiani disperati, perché chi ha un piccolo veliero cabinato, laggiù, non trova più niente.


Addirittura – ricorda – quando abitava in Normandia, il problema di dove tenere la barca manco si poneva, così come sulla dirimpettaia costa inglese o su, verso il Belgio e l’Olanda. E sì – precisa – che lassù c’è un problemino da risolvere che non è proprio da poco: cinque metri di marea, che monta e cala due volte il giorno.

Stiamo per andarcene – la Capitaneria è stranamente chiusa – quando la coda dell’occhio s’ingombra di una macchia bianca, che inizia ad occupare anche il cielo a ponente.
Voltiamo lo sguardo e notiamo una prua che rasenta il quarto piano dei palazzi. Mia moglie getta una sguardo frettoloso, poi sentenzia: «Un altro ferro da stiro.»
Alla faccia del ferro da stiro – commento – quando il Lady Lola compare in tutta la sua possenza [2] per venire a banchina: addirittura, il mostro, ha le eliche laterali!
Adesso la nave è oramai a pochi passi da me, e sul ponte inferiore del Lady Lola (che ne ha tre più la controplancia, o “fly”), un giovane sulla trentina – in italiano – urla nell’interfono ai marinai che sono sul ponte di stare molto attenti con i parabordi, di posizionarli perfettamente in linea con quelli del molo. Non sia mai che, invece di venire a banchina, il Lady Lola venga in banchina.

La manovra avviene lentamente: i motori ruggiscono poi, lentamente, scemano al consueto borbottio di riposo quando la fiancata è a pochissimi metri dalla banchina. Mentre il personale a terra riceve le cime e le assicura alle bitte, cammino lentamente verso la poppa per capire dov’è registrato un simile ammasso di ferraglia: George Town C.I.
Hanno il pudore di scrivere solo le iniziali, ma quel “C.I.” sta per Cayman Islands: le famose isole dei Carabi, uno dei tanti paradisi fiscali che, ad ogni giro di boa della crisi finanziaria, raccontano di voler finalmente affrontare, per poi dimenticarli a virata effettuata.
Torno accanto a mia moglie per osservare che sul Lady Lola c’è agitazione: un uomo più maturo è sceso ad osservare il lavoro svolto.
Anche se non ci sono gradi, i due italiani (quello più maturo ed il giovane) sembrano due ufficiali: d’altro canto, si distinguono perfettamente dall’equipaggio per il colore della pelle. Indiani, malesi, indonesiani o chissà che altro.

Certo che – rifletto – quell’ostentazione di ricchezza, esibita senza nessun pudore, cozza come un macigno con i salassi che le popolazioni europee stanno subendo per salvare le (loro?!?) banche.
Qui in Francia, ad esempio, hanno abolito il sussidio di 150 euro per le famiglie meno abbienti: Sarkò l’ha dovuto fare perché bisogna pagare la “rata” dei 750 miliardi di euro per rimpinguare le banche, nell’attesa di sapere se riuscirà ad incassare anche l’aumento dell’età pensionabile a 62 anni per il 2018. I sindacati francesi dissotterreranno l’ascia di guerra: si vedrà in Autunno.
Se guardo verso Est e penso all’Italia, mi viene alla mente il tentativo d’andare oltre i 40 anni di contribuzione, passato come un “refuso”: si tratta, in realtà, di un primo attacco, per come siamo oramai abituati a valutare l’incedere della politica berlusconiana. Quando Berlusconi, mesi fa, affermò che “si stava bene” se si lavorava fino a 70 anni, fu passata come la solita battuta di uno che ha alzato il gomito.
Eccola oggi, la battuta, materializzata nella “riforma” – che non si può nemmeno chiamare tale, perché sarà una delle tante leggine alle quali l’Uomo Del Colle, dopo tanto sbraitare, dirà di sì chinando il capo – che sta per passare come “collegato” alla Finanziaria: dopo il 2015, signori miei, si lavorerà fino al giorno prima del funerale. Si collegassero un’incudine ad un cappio al collo per gettarsi a mare – penso – fra un po’ faranno le leggi solo più il 15 di Agosto, per essere certi che nessuno sappia niente in giro.

La muraglia di ferro che ho di fronte, però, non è un “sogno”, non è una “ipotesi” né una realtà secondaria e neppure uno scherzo, perché attraccati ai moli di Nizza ce ne sono almeno una decina. Quelli mostruosi, ovviamente, poiché quelli che costano solo quanto 10 appartamenti mica perdo del tempo a contarli.
Quanti Lady Lola ci sono, da qui a S. Tropez? Ed a Montecarlo? Alla Valletta? In Costa Smeralda? A Barcellona, al Pireo…
Quanto costa un Lady Lola? Di preciso non so dirvelo, ma saremo fra le decine di milioni di euro e le centinaia. Messe in fila per un’addizione, le navi presenti qui a Nizza fanno miliardi: e sono soltanto i miseri “passatempi” estivi di lor signori. Divertitevi a giocare con Google buttando nomi del jet set, dell’economia e della finanza, unite la parola yacht ed osservate cosa salta fuori.

La scena termina, mentre ce ne stiamo andando, quando una Porsche Carrera fa il suo ingresso trionfale sul molo seguita come un’ombra da un SUV con i soliti mastini apparentemente disarmati. Alla guida della Porsche un vecchietto pelato e rinsecchito, la solita bionda sul sedile accanto e due bambini sugli strapuntini posteriori: potenza del Viagra, penso, se sono i suoi…
Noto però, con la coda dell’occhio, che i flic di servizio al porto hanno tolto le transenne per far passare lo strano corteo, e subito le hanno rimesse: indecenti, noi dobbiamo camminare nella calura, sua signoria scende invece in Porsche fin sotto la scaletta.
A dire il vero, non so nemmeno se il nonnetto salirà sul Lady Lola, perché c’è così tanta ferraglia in acqua da non avere che l’imbarazzo della scelta.

Tornato a casa, m’annoio ad osservare il solito teatrino della politica italiana, con Gianfranco Fini che recita nella parte del Robin Hodd de noantri senza mai, ovviamente, assalire le mura di Nottingham. Poi c’è Letta II il Giovane che blatera l’ennesimo epitaffio per un governo a suo dire morente: sarà uno scherzo per lo zio? Tanto per ingannare il tempo nella calura estiva?
Lo zio, però, è molto occupato in una trattativa con il Quirinale: ci sono le leggi-inganno, le leggi-capestro, le leggi-pacco, quelle raggiro, trappola, truffa…che un avvocato-parlamentare-ministro della giustizia in pectore confeziona e smazza ai parlamentari, i quali le presentano e le ritirano secondo gli ordini di scuderia, in un turbinio di affermazioni e smentite, parziali e totali.
Siccome il nonnetto del Quirinale (oh, come assomiglia a quello della Porsche di Nizza, me ne rendo conto solo ora!) non ne può più di litigare con Berlusconi, gli mandano Letta Il Vecchio detto “Il Temporeggiatore”, proprio come Quinto Fabio Massimo, per sfiancarlo con la tattica che funzionò con Annibale.
Non so perché, ma la nausea m’assale: non quella esistenziale di Sartre, bensì quella più prosaica che ti prende a leggere i giornali italiani.
Fuggo allora, metaforicamente, in mare per saperne qualcosa di più del Lady Lola e delle tante montagne di ferraglia che ingombrano i porti del Mediterraneo e dei Caraibi.

Premetto che queste cose già le sapevo, ma credo sia un esercizio utile accompagnare il lettore in visita a questo museo delle orrifiche meraviglie che solcano i mari, perché ci offre una chiave di lettura tangibile del disastro economico, sociologico ed umano della nostra civiltà. Con il vero mare – quello dello sciacquio dell’onda al mascone, del “profumo” elettrico di burrasca che s’avverte nell’aria, della vela cazzata o lascata di un’inezia per intercettare meglio il vento – questa gente non ha nulla a che fare. E’ altra roba.

Il Lady Lola, in realtà, non è proprio una mosca bianca e non è neppure il più costoso fra questa ferraglia: scegliete nella lista [3] la barca da sogno che più desiderate e partite per le vacanze! Ce n’è per tutte le tasche!
Non avete 65.000 euro il giorno per noleggiare il prestigioso RMElegant? Faticate un poco a raggranellare 420.000 dollari per starvene in santa pace sul Lady Lola un’intera settimana? Su, non disperate: con soli 13.000 euro potrete sempre trascorrere una settimana sul modesto Corallissima, e non sentirvi proprio l’ultimo dei Mohicani!
Certo, quando andrete a noleggiarlo…magari vi guarderanno un po’ dall’alto in basso…ma che volete che sia! Pisciate dentro i serbatoi qualche migliaio di litri di gasolio e via, verso il sole e l’alto mare!
Peccato che Giugno sia oramai trascorso, perché c’era un’offerta da non perdere [4]: potevate noleggiare uno splendido motor yacht per soli 70.000 euro la settimana invece di 80.000! Che opportunità! Siamo certi che gli operai di Pomigliano si stanno morsicando le dita per l’occasione perduta.

Siccome siete dei curiosoni, vi sarà venuto il ghiribizzo di sapere la proprietà effettiva di questi mostri del mare: lo capisco…però non è facile…se cercherete di noleggiarlo verrete irretiti in una ragnatela di web-mail…qualche volta la ragione sociale di una società appare ma, per la maggior parte dei casi, quelle società saranno solo dei sub-contraenti.
I boss non sono qui: dobbiamo traversare l’Atlantico proprio sulla rotta di Colombo, poiché è là – nel dedalo di catene di isole che formano il cosiddetto “Caribe” – che potremo trovare qualcosa. Le corrispondenti società potevano essere lontane dal mare, proprio dai porti dove le navi sono registrate? Eh no: un vero marinaio dorme in una baracchetta accanto al suo veliero!
Le società sono quindi “off-shore” [5] – Isole Vergini, Cayman Island, British Columbia… – quei posti dai nomi così esotici da mascherare il colossale segreto di Pulcinella che le circonda: no tax! Di chi sono queste società?

Al più, potrete farvene un’idea dal “pedigree” dei loro dirigenti [6]: gente prestata da Morgan Stanley, Merrill Lynch, Citicorp…i soliti nomi, quelli che “proteggono” i grandi “risparmi” e, ovviamente, fanno in modo che quei risparmi siano investiti in una delle “branche” del business.
La nautica definita dei “Luxury yacht” è soltanto un giro di soldi, mediante la quale i Paperoni di turno potranno noleggiare il barcone spendendo sì cifre astronomiche, ben sapendo – però – che si tratterà di una partita di giro esentasse, giacché figurano anche come azionisti della società la quale, guarda a caso, ha i suoi “santuari” proprio nei paradisi fiscali dove ogni rogatoria internazionale s’arena come una zattera fra i canneti.
Ecco la ragione per la quale ad ogni G-8-12-20 strombazzano qualcosa contro i paradisi fiscali salvo poi, con regolarità, rimangiarsi tutto: la nautica è un buon esempio per capirlo, giacché – se le società e tutto l’ambaradan spariscono nei paradisi fiscali – le montagne di ferraglia stazionano nei nostri porti, per farci capire – oramai senza il minimo pudore – chi sono i padroni del vapore. Poi, chiamateli pure Illuminati o roba del genere: “le palanche sun palanche” – dicono a Genova – e qualcuno aggiunge che non hanno odore.
Lo splendido andazzo, ci tocca soltanto per l’enorme quantità di ricchezza che ci viene sottratta? Non solo.

Una recente inchiesta [7] della magistratura di Rimini ha scoperto uno strano traffico, nel quale grandi yacht erano iscritti e venduti da una società di compravendita italiana ciascuno a più clienti: registrati al registro navale di San Marino (non è una burla!), le barche – quando la società proprietaria non pagava più il leasing – semplicemente “sparivano”. Una delle ipotesi è che ricomparissero, con altri documenti e un po’ di “lifting”, in qualche porto dei Caraibi: ma guarda te che strano.
La storia ha avuto inizio quando un acquirente è andato al porto per prendere possesso della barca appena acquistata – documenti in regola – ed ha scoperto che era stata registrata anche ad un’altra persona. No, aspetti un attimo, ce n’è anche una terza…
Ma, solito malaffare a parte, la questione sta avendo anche altri risvolti.

L’invasione di questi mostri del mare sta scacciando dalle nostre coste i piccoli diportisti, come sta accadendo a Salina, dove è stata estromessa la cooperativa degli isolani per far posto ad una società che versa al Comune di Salina 230.000 euro l’anno [8]! E dove li prende? Semplice.
L’ormeggio giornaliero di un gommone, in porto, è “salito” a 50 euro, mentre attraccare ad un gavitello di fronte alla spiaggia costa “solo” 80 euro. L’intento è chiaro: far fuori tutti i piccoli natanti per riservare l’isola ai soli VIP, come sta accadendo in Liguria, in Sardegna, in Campania…

La nautica, a differenza degli altri Paesi europei, in Italia è sempre stata considerata una cosa per ricchi: se hai una barca, devi essere “spennato”. Il risultato è che oramai, nei porti, le barche con la scritta “vendesi” aumentano di anno in anno e sono sempre barche piccole, cabinate e non, soprattutto a vela: i costi d’ormeggio sono raddoppiati nel volgere di un paio d’anni. Sono l’esempio visibile della classe media che sta andando in pezzi e, attenzione, non a favore delle classi meno abbienti, bensì dell’alta borghesia!
Di riflesso, anche i cantieri stanno indirizzando la produzione solo più verso barche di notevole stazza, ed ai vari saloni della nautica il settore delle barche “per la famiglia” è sempre più in crisi. E’ sempre stato così?

Navigare, in Italia, è sempre stato più costoso che all’estero ma c’è stato un tempo nel quale la nautica stava diventando uno sport popolare, quasi come in Francia o nei Paesi nordici. Mio padre, operaio, acquistò una modesta barca a motore e, per molti anni, ci divertimmo un sacco a navigare nei pressi di Venezia. Costi? Nulla.
La sera, tiravamo in secca la barca sulla spiaggia del campeggio e sistemavamo il motore nella baracca del bagnino. Ogni tanto, s’andava per cozze: ancora ricordo le felici serate trascorse a cuocere sulla spiaggia i molluschi su fuochi improvvisati. Si raccoglievano tutte le pentole del campeggio e si faceva notte fonda cantando e bevendo. Oggi, se lo fai, t’arriva una divisione corazzata di Vigili del Fuoco: e se la sabbia dovesse incendiarsi? Ah, già: tanto, non esistono praticamente più le spiagge libere…
Ho veleggiato a lungo con un Dinghy 12 piedi (3,6 metri) insieme ad un caro amico – anch’egli figlio d’operai – finché fu possibile alloggiarlo presso uno stabilimento balneare. Cambiata la gestione, costi astronomici per tenerlo solo in spiaggia. Morale: oggi la barca è in un garage insieme ad una gemella. Forse la venderà.

Per chi non voleva grattacapi di “posti” c’erano i gommoni, ma c’era anche il campeggio nautico. Splendido modo d’andare per mare (costava un po’ la benzina…) per poi fermarsi, la notte, su una spiaggia deserta, montare la tenda, mangiare qualcosa cucinando sui fornelli da campeggio oppure accendendo un fuoco. A volte anche senza la tenda: “e, per tetto, un cielo di stelle”.
Oggi, non basta che le spiagge libere siano ridotte a dei fazzoletti, che se accendi un fuoco quasi t’arrestano, che le vedette delle Capitanerie, della Finanza, dei Carabinieri, della Polizia…ti danno la caccia come se tu fossi un clandestino di Al-Qaeda…no, non basta, perché il campeggio nautico è stato proibito per legge in tutto lo Stivale.

In questo dannato, stramaledetto Paese, tutto ciò che può essere divertente ed a basso costo deve essere eliminato, per concedere ad una pletora di padroni del vapore di far soldi anche sulla sabbia e sul vento. Sull’acqua, sul mare, sulla nostra pelle. Perché?
Poiché da molti anni – almeno una ventina – la scelta politica di una ristretta dirigenza è stata d’impoverire il 90% della popolazione per arricchire un 10% di super ricchi: quelli che possono noleggiare i “Luxury Yacht” e godere degli approdi esclusivi.
Raddoppiando le tariffe nei porti, elimineranno man mano tutte le banchine per barche inferiori ai 10 metri e faranno posto ai loro “mostri”, cosicché potremo andare sotto bordo (non avvicinarsi troppo, hanno le guardie armate) con il pattino per osservare Beckam e signora, Briatore e signora, Berlusconi junior e signora….senza dover comprare Novella 2000.

La sperequazione è addirittura certificata nel cosiddetto “Indice Gini” – una modalità per comprendere le differenze di reddito nella popolazione, stilato, curiosamente, da un italiano – dal quale si evince che il 10% della popolazione italiana possiede il 45% della ricchezza nazionale. E l’accumulo sta aumentando [9].
Man mano che l’indice Gini sale, la sperequazione della ricchezza fra le classi sociali aumenta: troviamo così l’Italia a 35, la Polonia a 37, gli Stati Uniti a 38, il Portogallo a 42, la Turchia a 43 ed il Messico (il massimo) a 47. Ma troviamo anche La Francia a 28 e la Germania a 30 (qui, bisogna tener conto della riunificazione), la Danimarca e la Svezia a 23. Questo, ci fa capire dove sta andando l’Italia: direzione Messico.
Francia e Danimarca? Faccia inversione ad U, sono dall’altra parte.

Chi si chiama fuori, fra le attuali forze politiche, da questo gioco al massacro?
Che Berlusconi sia il capoccia della nidiata non ci piove: tutto il suo legiferare è sempre stato a favore di quel 10% a danno degli altri, da ultimo la Finanziaria che stanno scrivendo, nella quale non c’è un solo provvedimento che “tagli le unghie” all’oligarchia finanziaria, industriale ed ai grand commis di regime. Ma torniamo alla nautica.
Massimo D’Alema, quando era un semplice deputato (il PCI chiedeva ai parlamentari di destinare al partito una parte degli emolumenti), si permetteva una barca a vela di 7-8 metri, con la quale si diceva “felice” di navigare con la famiglia nello Ionio e nell’Egeo. E, non abbiamo dubbi a crederlo.
Dopo esser diventato Presidente del Consiglio – e tutti sappiamo quante “buone azioni” abbia condotto sotto la sua presidenza, a Belgrado ancora ringraziano – saltò fuori l’Ikarus II, pagato (a suo dire, ma senza la strumentazione) 430.000 euro con un leasing presso la Banca Popolare Italiana che fu di Fiorani. La gemella, venduta ad un imprenditore, costò invece stranamente più di un milione (anch’essa senza strumentazione). Miracolo.
Lasciamo perdere i fiumi d’inchiostro scritti sul reale valore della barca e le molte foglie di fico calate per tacitare altrettanti dubbi – i misteriosi soci, la casetta in campagna (a metà con il fratello) venduta per acquistarla, il prezzo dimezzato dal cantiere per avere un “ritorno” pubblicitario, ecc [10] – su una vicenda che, ad onor del vero, non ha mai convinto.

Veniamo, invece, al D’Alema politico e navigatore per passione: cos’ha fatto, Massimo D’Alema in tanti anni, per la nautica italiana?
C’è stato forse qualche suo intervento per l’annosa questione dei porti, oppure per rilanciare la nautica da diporto in modo diffuso? Per tutte le tasche?
No, Massimo D’Alema ha sempre considerato la nautica un suo hobby e basta: nel modo sprezzante che ben conosciamo, si è sempre ben guardato dal mescolarsi con i “peones” dei piccoli sloop e dei gommoni. E, cosa peggiore, non ha mai fatto nulla per migliorare la situazione: non dimentichiamo che, legati al settore nautico, ci sono migliaia di lavoratori dipendenti.
Lo crediamo bene che – quando, nell’Estate che sta correndo al culmine, lo vedremo ormeggiato magari proprio a Salina, forse accanto al nuovissimo yacht di Piersilvio Berlusconi [11] – ci verrà un moto di repulsione nell’animo: non per la sua passione per la vela (condivisibile), bensì per aver usato tutta la sua carriera politica per meri scopi personali, senza mai cercare di risolvere un solo problema per tutti i naviganti da diporto. I quali, oggi, o vendono o migrano all’estero.

Ecco, allora, il senso del titolo di questo articolo: un vecchio film che consiglio caldamente di vedere, con un giovane Sean Connery nella parte di un rivoltoso, in qualche modo simile all’odierno Avatar.
Una società vecchia e rinsecchita, chiusa come una casta che dissangua chi lavora, protetta dalle guardie armate e sprezzante con i fuori casta. Stranamente somigliante all’oggi, come lo furono profetici i film di Kubrik.
Il disprezzo che s’avverte quando i flic aprono le transenne per far passare una persona che ha gli stessi miei diritti – e per me le chiudono – oppure stare ad ascoltare le assurde giustificazioni di D’Alema – coda di paglia? – quando non ha mai fatto nulla per i milioni di diportisti italiani.

Ecco la casta d’eletti di Zardoz, eccola farsi avanti senza pudore. In quel caso, fu Sean Connery il liberatore: già, ma era solo un film.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2010/07/zardoz.html
5.07.2010

[1] “Ferro da stiro” è l’epiteto, un po’ velenoso ed un po’ di sufficienza, che i velisti affibbiano alle medie imbarcazioni con motori entrobordo.
[2] Vedi: http://www.forzatre.it/LadyLola.htm
[3] Vedi: http://www.forzatre.it/Noleggio-barche/crewedyachts.asp
[4] Vedi: http://www.forzatre.it/home.asp
[5] http://www.charterworld.com/
[6] Vedi: http://www.charterworld.com/news/the-international-seakeepers-society-welcomes-dean-c-klevan-as-president-and-ceo
[7] Vedi: http://barconauti.blogspot.com/
[8] Vedi: http://viaggi.repubblica.it/notiziario-articolo/appuntamenti/porti-turistici-tariffe-alle-stelle-yacht-favoriti/221451
[9] Vedi: http://www.repubblica.it/economia/2010/07/05/news/inchiesta_redditi-5392064/?ref=HREC1-2
[10] Vedi: http://www.gennarodestefano.it/art0188.asp
[11] Vedi: http://www.corriere.it/cronache/10_maggio_27/pier-silvio-berlusconi-yacht_d829cb86-6966-11df-a901-00144f02aabe.shtml

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