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Iran e Balcani: la Russia potrebbe commettere gli stessi errori

di Piotr Iskenderov* - 06/07/2010

 

 
 
 

In questo articolo Piotr Iskenderov, ricercatore dell'Accademia delle Scienze di Mosca, analizza il senso e le possibili conseguenze del voto russo che ha consentito l'approvazione delle sanzioni contro l'Iran nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Una scelta che Iskenderov, a differenza di diversi sostenitori della tesi secondo cui Mosca avrebbe approvato le sanzioni solo perché «leggere», denuncia invece come grave e forse disastrosa (vedi il raffronto con la politica nei Balcani negli anni '90) per gli stessi interessi russi.


La recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che impone nuove sanzioni all’Iran si trasformerà probabilmente nella peggior sconfitta sofferta dalla diplomazia russa negli ultimi anni. Il suo impatto negativo potrebbe persistere ed essere più serio di quello della proclamazione dell’indipendenza del Kosovo, che la Russia continua a contestare. Ciò che sta accadendo sembra un’insperata ripetizione della sindrome delle concessioni unilaterali all’Occidente che ha provocato l’erosione della politica internazionale della Russia, specialmente nell’area balcanica, negli anni novanta. Seguendo la linea occidentale assunta con l’Iran, la Russia rischia di perdere le sue posizioni in una regione molto più vasta dei Balcani e il ruolo chiave conquistato con fatica nell’emergente mondo multipolare.

In un commento sulla votazione al Consiglio di Sicurezza dell’ONU (dove il Brasile, che partecipa con la Russia al BRIC, e la Turchia, membro della NATO, hanno votato contro le sanzioni), l’influente Tehran Times ha scritto: “Il fatto che la Turchia e il Brasile, due alleati degli USA, abbiano votato contro la risoluzione è un’altra prova che le azioni contro l’Iran e l’ultima decisione del Consiglio di Sicurezza si basano su accordi segreti tra le principali potenze. Pertanto, è probabile che coloro che affermano che gli Stati Uniti hanno abbandonato il loro piano di scudo missilistico in Europa orientale allo scopo di ottenere l’appoggio della Russia abbiano avuto ragione”.

Nel 2009, il Ministero russo degli Esteri fu obbligato a smentire in numerose occasioni che – come suggerivano in continuazione i media occidentali – esisteva un accordo di scambio “difesa missilistica per Iran”. Certamente, è probabile che non esistesse come accordo formalizzato, ma la verità è che a un certo momento la Russia ha adottato una posizione molto più dura rispetto all’Iran e ha congelato le sue transazioni di armi con questo paese (sospendendo la fornitura dei sistemi di difesa aerea S-300), ed è altrettanto vero che attualmente la Russia rischia di perdere il suo alleato strategico nel Medio Oriente senza nessun motivo che giustifichi un simile sacrificio. Può essere che la ragione stia in un accordo segreto con il presidente USA Barack Obama?

I recenti eventi derivano da una serie complicata di cambiamenti nella regione e fuori di essa. La mediazione felicemente intrapresa da Turchia e Brasile nei colloqui sull’arricchimento dell’uranio dell’Iran fuori del paese, l'escalation in Medio Oriente, le tensioni tra Turchia e Israele, nuove manovre geopolitiche in merito all’accordo sul Karabach e i relativi progetti energetici (in cui Turchia, Iran e Azerbaigian, un paese con una posizione speciale, dovrebbero giocare il ruolo principale) nel loro insieme si confrontano con gli USA, che hanno di fronte la minaccia dell’isolamento e della perdita della leadership. In quanto all’Iran, non è un segreto che le sanzioni imposte al paese nel 2006-2008 non hanno intaccato la sua capacità di realizzare un programma nucleare, che si è trasformato in un elemento dell’identità nazionale iraniana. Dal versante iraniano non vengono segnali che la situazione questa volta possa cambiare.

Ma la situazione può cambiare per quanto riguarda la Russia, e certamente in peggio. La perdita dell’Iran, con l’evidente presa di distanze dalla mediazione turco-brasiliana (alla quale il presidente Medvedev aveva espresso precedentemente il suo appoggio) e con l’allineamento agli USA, Mosca ha messo in pericolo le conquiste politiche degli ultimi anni come l’indipendenza e l’autorevolezza nella politica internazionale e la chiarezza delle priorità geopolitiche. La votazione per nuove sanzioni e allo stesso tempo la costruzione della centrale nucleare a Bushehr costituiscono un lampante esempio della politica dei due pesi e due misure contro cui Mosca si è giustamente ribellata ogni volta che la rilevava nelle politiche occidentali.

La Russia ha evidentemente cercato di recuperare alcune delle sue perdite geopolitiche immediatamente dopo la votazione nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il Ministero degli Esteri di Russia ha rapidamente pubblicato un commento che dice: “Certamente non possiamo ignorare i segnali che indicano che alcuni partner si propongono, quasi immediatamente dopo la decisione di New York, di prendere in considerazione ulteriori sanzioni contro l’Iran, molto più rigorose di quelle incluse nella risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Ciò viene da noi considerato come la manifestazione di una politica che contraddice i principi di lavoro congiunto tra i Sei e del formato del Consiglio di Sicurezza. Inaccettabili sono per noi i tentativi di collocarsi in tal modo “al di sopra” del Consiglio di Sicurezza. Respingiamo categoricamente anche qualsiasi decisione nazionale sull’imposizione di “sanzioni extraterritoriali”, vale a dire, misure restrittive in base alla propria legislazione rispetto a individui ed entità legali in paesi terzi. Tali decisioni, se arriveranno a colpire entità legali o individuali russe, provocheranno una reazione di rappresaglia da parte nostra”.

“La nuova risoluzione lascia un ampio margine per maggiore cooperazione con l’Iran nel campo commerciale, economico ed energetico, dei trasporti e dell’esplorazione pacifica dello spazio. Applicate ai vincoli bilaterali russo-iraniani, tutte queste aree hanno importanti opportunità potenziali e di crescita. Di fondamentale importanza per noi è lo sviluppo ulteriore della collaborazione con l’Iran nella creazione di acqua leggera”.

Gli argomenti sembrano andare bene, ma suonano come un tentativo di salvare la faccia. E’ poco probabile che gli Stati Uniti e l’Unione Europea, pieni di gratitudine verso la Russia, mostrino in futuro più rispetto per i suoi interessi o si adattino alla posizione del Ministero russo degli Esteri rispetto all’Iran. Le promesse della diplomazia russa che continuerà a cooperare con l’Iran sarebbero state più credibili se la Russia almeno si fosse astenuta durante la votazione come ha fatto, ad esempio, il Libano.

Washington ha insistito sulla difesa dei propri interessi, senza eccezioni, durante tutte le discussioni russo-statunitensi sull’Iran. La decisione di Obama contro il dispiegamento di infrastrutture di difesa missilistica in Polonia e Repubblica Ceca era prevedibile in ragione di considerazioni puramente economiche e non aveva bisogno del consenso della Russia alle sanzioni contro l’Iran. Nei fatti, il programma di difesa missilistica continua, ma impiegherà tecnologie più avanzate che assicurano un controllo radar su un’area maggiore. In un futuro prevedibile dovrà confrontarsi con una rete diversiva di sistemi mobili al posto di due installazioni stabili non dissimulate. La zona del Golfo Persico e del Mar Nero acquisiranno un ruolo chiave nell’ambito dell’iniziativa. Non è passato inosservato come il Governo degli Stati Uniti abbia evitato attentamente di vincolare i provvedimenti del trattato New Star allo stato del programma di difesa missilistica degli USA.

L’aspetto più allarmante dell’attuale situazione è l’analogia con gli eventi degli anni novanta e gli inizi del 2000 nei Balcani. A quel tempo anche la Russia aveva richiesto, in ambito formale, che entrambe le parti in conflitto si attenessero al diritto internazionale, aveva invocato impegni e votato per sanzioni al Consiglio di Sicurezza, affermando che era l’unico modo per impedire un'escalation. Il risultato fu il crescente disequilibrio nei Balcani e una struttura più ampia della sicurezza europea. Si supponeva che le norme dichiarate fossero obbligatorie per tutte le nazioni, ma i serbi finirono ad esserne immancabilmente svantaggiati. Il formato del gruppo di contatto internazionale che gestiva la crisi nei Balcani è simile in modo inquietante a quello utilizzato attualmente con riferimento all’Iran (i colloqui di sei parti). La Russia fu sconfitta nei colloqui di cinque parti sul Kosovo quando accettò i cosiddetti “tre principi”, uno dei quali era che non si sarebbe dovuto tornare alla situazione del 1999. Tale formula è stata alla fine utilizzata dai propugnatori dell’indipendenza del Kosovo per giustificare una dichiarazione unilaterale.

Ora gli inviati russi incolpano sufficientemente a ragione l’ONU e il suo Segretario Generale di essere reticenti o incapaci di affrontare il problema del Kosovo e accusano l’Unione Europea e gli Stati Uniti di parzialità e unilateralismo. Ma non è forse parziale e opera unilateralmente l’Occidente quando accetta gli statuti nucleari di India e Pakistan, protegge Israele dalle critiche per il suo programma nucleare, ma esercita permanentemente pressione per sanzioni sempre più dure contro l’Iran?

L’accordo nei Balcani ha dimostrato l’inadeguatezza dei formati di negoziato internazionale come i colloqui di cinque o sei parti e il carattere inutile delle discussioni all’ONU. In pratica, l’Occidente fa interamente affidamento sui propri meccanismi per promuovere i suoi interessi geopolitici. La Russia ha deciso di stare dalla parte di USA e UE invece di rafforzare i suoi legami commerciali con l’Iran (compresa la delimitazione del Mar Caspio e i progetti energetici), di coinvolgere paesi con posizioni imparziali nei colloqui sugli esperimenti nucleari iraniani, e di appoggiare la mediazione indipendente e di successo di Turchia e Brasile. Renderanno il favore Stati Uniti e UE – per esempio in forma di concessioni nel Kosovo, in Caucaso o nella politica energetica? Sulla base dell’esperienza nei Balcani, è ovvio che non lo faranno.


*Piotr Iskenderov è ricercatore presso l’Istituto di Studi Slavi dell’Accademia Russa delle Scienze e collaboratore di prestigiose testate russe. L’originale dell’articolo è apparso nel sito della “Strategic Culture Foundation” di Mosca (http://www.fondsk.ru)


da L'Ernesto online
articolo originale da www.globalresearch.ca del 28/06/2010