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Londra, 7 luglio 2005: meglio dimenticare

di Enrico Piovesana - 07/07/2010






E' passato inosservato il quinto anniversario degli attentati che seminarono morte e terrore nella capitale britannica. Forse per non riaccendere i riflettori su un evento pieno di ombre

Il 7 luglio di cinque anni fa Londra veniva colpita da quattro attentati in pieno centro: tre bombe esplose simultaneamente nella metropolitana (ad Aldgate, Edgware Road e King's Cross) e un'altra, poco dopo, su un autobus (a Tavistock Square). Morirono 52 persone.
L'attacco venne subito attribuito a una cellula di terroristi islamici. Due mesi dopo fu rivendicato in un videomessaggio preregistrato da Mohammad Sidique Khan, presunto capo e membro del commando suicida, che disse di voler punire il governo Blair per la sua partecipazione alla guerra in Iraq (all'epoca molto impopolare tra gli inglesi).

La stampa britannica e mondiale sembra essersi dimenticata degli attentati di Londra. Nessun articolo in occasione del quinto anniversario, niente servizi commemorativi ai telegiornali. Anche il mondo politico sembra aver rimosso, al punto che la regina Elisabetta oggi era a New York a commemorare le vittime dell'11 Settembre, non quelle del 7 luglio.
Perché questo assordante silenzio? Ha forse a che fare con il nuovo corso politico britannico? O più in generale con la volontà di non riaccendere i riflettori su un evento pieno di ombre?

Il 16 maggio 2004 un programma della Bbc One ('Panorama') trasmette lo sceneggiato di un'esercitazione antiterrorismo teorica basata sull'ipotesi di un attacco a Londra condotto con tre bombe nella metropolitana e una quarta bomba in superficie. Tra gli otto membri del 'Consiglio di Guerra' che, davanti alle telecamere, discuteva lo scenario terroristico c'era anche Peter Power, ex agente di Scotland Yard, direttore della compagnia privata di sicurezza Visor Consultant.

Il 7 luglio 2005, poche ore dopo gli attentati, lo stesso Power dichiara prima a Bbc Radio e poi Itv News di essere scosso e di avere ancora ''i capelli dritti'' perché quella mattina, esattamente all'ora in cui erano esplose le bombe, la sua ditta era impegnata, per conto di un'altra azienda ''di cui non si può rivelare il nome'', in una grande esercitazione antiterrorismo basata su uno scenario di simulazione ''con bombe sincronizzate che esplodevano proprio nelle stazioni del metrò dove si è prodotto il fatto stamattina''.

Il 10 luglio, il quotidiano britannico Observer rivela che in primavera a Londra si era svolta un'analoga simulazione antiterrorismo ''che prevedeva attentati nelle metropolitane e su autobus''. L'esercitazione, nome in codice 'Atlantic Blue', era parte di una più vasta operazione, 'TopOff 3', condotta anche negli Stati Uniti e in Canada: a coordinarla era Michael Chertoff: direttore del dipartimento Usa per la Homeland Security.

Le indagini governative sugli attentati di Londra hanno sempre ignorato i dubbi sull'autenticità delle immagini a circuito chiuso che ritraevano i terroristi (la compagnia privata israeliana, la Verint Systems, diffuse solo un frame), le incongruenze emerse sulla versione ufficiale dei fatti (i quattro sarebbero arrivati a Londra da Luton, in treno, troppo tardi per poter prendere le corse di metrò poi esplose), le notizie iniziali (qui e qui) secondo cui tre dei terroristi erano stati individuati e uccisi dalle forze speciali della polizia a Canary Wharf, nella zona est di Londra poco dopo gli attentati.

Per non parlare delle notizie apparse sulla stampa internazionale riguardo all'avvertimento che la sede di Londra del Mossad, il servizio segreto israeliano, aveva ricevuto immediatamente prima degli attentati e che aveva subito girato a Benjamin Netanyahu, che quel giorno era in visita a Londra.

Troppe domande che richiedono risposte. Meglio dimenticare e stendere un velo pietoso su quei 52 (o forse 56) morti innocenti.