Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Alimentari in ribasso, soluzioni? Meno spreco, più oculatezza e ritornare alla cucina degli avanzi

Alimentari in ribasso, soluzioni? Meno spreco, più oculatezza e ritornare alla cucina degli avanzi

di Roberto Burdese - 07/07/2010


La spesa delle famiglie – Alimentari in ribasso, le soluzioni: meno spreco, più oculatezza e ritornare alla cucina degli avanzi

 
 
Roberto Burdese, Presidente Slow Food Italia, commenta gli ultimi dati Istat

Secondo l’indagine Istat, pubblicata ieri, la spesa media per i generi alimentari e bevande delle famiglie italiane è diminuita del 3% rispetto al 2008, 461 euro in meno al mese. Alla diminuzione fa seguito l’incremento osservato nel 2008, essenzialmente dovuto alla sostenuta dinamica inflazionistica che aveva caratterizzato questi beni. La percentuale di famiglie che dichiara di aver diminuito nel 2009 la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente è pari al 35,6%: tra queste, il 63% dichiara di aver diminuito solo la quantità, mentre il 15% di aver diminuito, oltre alla quantità, anche la qualità. Solo il 22% ha dichiarato di non aver intaccato la quantità nella propria spesa a scapito della qualità.

Roberto Burdese, Presidente Slow Food Italia, commenta: «I dati che ci fornisce l’Istat non sono certo una novità. Sapevamo che la flessione della spesa per gli alimentari delle famiglie italiane è una diretta conseguenza della crisi economico-finanziaria esplosa a fine 2008: una crisi di sistema e non congiunturale, dunque da analizzare con maggiore profondità e non limitandosi a ciò che i numeri mettono in evidenza. L’indagine dell’istituto statistico offre dunque vari spunti di riflessione, su numerosi dei quali Slow Food da tempo impegna una parte importante del proprio lavoro e della propria progettualità. I prezzi pagati agli agricoltori continuano a scendere (siamo arrivati a 9 cent per un chilo di carote all’ingrosso o 15 euro per un quintale di grano, prezzo più basso di 25 anni fa). Il latte, pagato la miseria di 30 centesimi al litro all’allevatore, lo paghiamo più di un euro e le pesche, che al chilo valgono più o meno come un litro di latte, ci costano invece quasi due euro.
Dobbiamo renderci conto che l’unica via di uscita consiste in un significativo (verrebbe da dire “radicale”) cambiamento del nostro stile alimentare. Un cambiamento che non sarà né semplice né rapido, ma che pure dobbiamo renderci conto che non è assolutamente impossibile e – con la buona volontà – nemmeno troppo difficile. In primo luogo occorre imparare nuovamente a non sprecare, come hanno fatto per secoli prima di noi e come il buon senso dovrebbe suggerire di fare senza che ci sia nessuno a dover fare questo tipo di prediche. Ogni italiano produce qualcosa come 27Kg di avanzi di cibo l’anno, che corrispondono a 584 euro buttati. Secondo alcune stime finiscono nel pattume il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% della frutta e verdura che noi italiani acquistiamo quotidianamente (dati Last Minute Market, 2008).
In secondo luogo dobbiamo imparare a recuperare la stagionalità delle produzioni. Le zucchine, ad esempio, costano 1 euro al chilo in questo periodo, mentre fuori stagione arrivano a costare fino a 8 euro. E poi consumare fresco: il tempo che ci prendiamo per cucinare o preparare il cibo non costa nulla, mentre un piatto surgelato o già preparato costa 10 volte in più degli ingredienti freschi che lo compongono. Se compro l’insalata di quarta gamma (prelavata e imbustata) a 15 euro al chilo invece di quella fresca a 1,50. Allora certo che non ho tempo: ho dovuto lavorare molto per guadagnare quei 15 euro.
Ogni volta che è possibile, poi, acquistiamo direttamente dal produttore, a partire dai mercati contadini: spesso si risparmia e comunque si conosce l’origine del prodotto e si sostengono agricoltori di piccola scala la cui figura è sempre più a rischio di estinzione.
Fa molto bene alla nostra salute, all’ambiente e anche al portafoglio consumare meno carne, ma soprattutto è indispensabile imparare di nuovo a utilizzare tutto l’animale: il quarto anteriore e non solo quello posteriore, ma anche il cosiddetto quinto quarto (fegato, trippe, rognoni e tutto quel meraviglioso ben di Dio). Approfittiamone perché il loro prezzo è senz’altro minore del classico filetto, ma la qualità organolettica è la stessa.
Un altro aspetto importantissimo in questa epoca di crisi è riscoprire la cucina degli avanzi, riutilizzando tutto il possibile: qui, come anche per il discorso sui tagli meno nobili della carne, la gastronomia (specie quella tradizionale) viene in nostro soccorso con ricette straordinarie che saranno anche una bellissima riscoperta. La nostra epoca ormai ci impone di andare oltre il consumismo sfrenato dei decenni passati e riscoprire la parsimonia e l’oculatezza, parte fondamentale della nostra memoria. Anche perché non dobbiamo mai dimenticare che la nostra grande tradizione gastronomica ha una matrice fondamentale che è la fame: per scansarla abbiamo imparato a rendere straordinarie le materie prime più povere e bistrattate, ma il benessere ci ha fatto perdere in pochissimo tempo tutta la saggezza accumulata nel corso di secoli: non vorremmo ritrovarci al capolinea!».