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Ohps, il ”fuoco amico”!

di Ugo Gaudenzi - 07/07/2010

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Ohps, questi atlantici sono proprio distratti.
Da 65 e più anni innaffiano la terra di bombe dall’aria, dalla terra e dal mare, e non riescono mai a colpire il bersaglio. Soltanto qualche volta sembrano precisi. Come nel caso dei mille bombardamenti aerei di obiettivi “civili” in Europa, da Amburgo a Dresda, da Roma a Milano, giù giù fino a Beirut, a Panama, a Belgrado, a  Kabul, a Baghdad. O  se si trattava di far fuori con una cannonata  Nicola Calipari,  mentre portava all’aeroporto di Baghdad un ostaggio liberato, Giuliana Sgrena…
Ieri mattina – e non è certo la prima volta – un attacco di “fuoco amico”, operato dai subappaltatori Nato della guerra angloamericana, ha falciato  una pattuglia di soldati governativi afgani alleati (sei i morti e un ferito), operativi ad Andor, nella provincia di Ghazni.
Ovviamente il bollettino dell’Alleanza ha imputato la morte “accidentale” degli alleati per “fuoco amico” al mancato “coordinamento” tra i comandi militari degli aggressori.
Certo l’avventura afgana degli angloamericani, giunta alla vigilia del suo decimo compleanno, comincia a costare cara a tutti. I morti civili della “democrazia export” non si contano nei bollettini ufficiali, ma hanno superato le centomila unità, i “governativi” falciati per sbaglio si contano a centinaia, le vittime americane hanno raggiunto quota mille, le britanniche quota trecento, le italiane trenta. Il nuovo comandante in capo delle forze di occupazione, Isaf inclusa, David Petraeus, è dunque costretto a fare nuovi calcoli e nei fatti ad abbandonare le conclamate ipotesi vittoria entro quest’anno e di ritiro delle forze di invasione tra dodici mesi. Intanto la difficoltà maggiore è quella degli arruolamenti dei “volontari”. Per i rinforzi Usa – trentamila unità, in gran parte gli sprezzati “latinos” (messicani, portoricani e così via) allettati dalla conquista, dopo sei mesi di operatività in Afghanistan, del permesso di soggiorno negli States, si raschiato il fondo del barile. E per i rinforzi occidentali in genere le cose non vanno meglio. Nessuno vuole rischiare la vita con alte probabilità di morte o invalidità permanente. Neanche per stipendi d’oro. Anche la lista da cui attingere i “contractors”, i mercenari – via via sempre più dispiegati nei due teatri di guerra nel Vicino Oriente (a Baghdad e a Kabul), anche dagli stessi italiani, a corto di materia prima da cannone “altra”… -  è agli sgoccioli. Emblematico il caso britannico: mutato il governo, Londra ha subito deciso di delocalizzare il proprio contingente militare più esposto (un terzo dei caduti nell’area di Sangin) su un fronte “più tranquillo”.
Di questo passo, come era nelle cose, e come avevamo previsto, da qui al 2012 l’equazione Afghanistan eguale Viet-Nam, avrà la sua definitiva unzione.
Speriamo soltanto, questa volta, che Hollywood ci eviti una lunga serie di film ex-post con neo-Rambo o neo-Berretti Verdi per dimostrare sulla celluloide che la sconfitta reale sia stata comunque “una vittoria”.