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Tobin tax “zerozerocinque”. Una tassa giusta

di Miro Renzaglia - 13/07/2010


Quando, poche settimane fa,  [leggi gli articoli "L'Ue tassa le banche. Svolta storica" e "L'Europa s'è desta. Le banche saranno tassate", quest'ultimo su FQ del 22 giugno], in sede Ue, fortemente caldeggiata dalla cancelliera tedesca Angela Markel, uscì fuori l’ipotesi, non ancora deposta, nonostante la non lieta accoglienza che ha ricevuto al recente G20 canadese, di tassare le transazioni finanziare (e le banche), sortì fuori il nome di chi la propose per primo. Si tratta di  James Tobin [nella foto], Premio Nobel per l’economia nel 1981.

Ora, senza voler enfatizzare troppo il dato del premio conferitogli, ché non sempre il Nobel va a chi deve andare per merito, dovrebbe essere indice di una certa ragionevolezza della proposta di tassare quel traffico di denaro che, spesso, non ha altro scopo che arricchire chi specula sui titoli di stato e su altre mercanzie finananziarie.

Si tratta, quasi sempre, di cifre talmente alte che le casse degli stati appaiono come il salvadanaio dei nostri figli a confronto del forziere di Zio Paperone: non si andrebbero perciò a toccare marginalità indigenti ma ricchi talmente tanto che di un prelievo sulle loro entrate manco si dovrebbero accorgere.  E, comunque, in regime di totale fiscalità, dove c’è una tassa per qualsiasi cosa facciamo o pensiamo di fare, perché l’attività degli ingegneri dell’alta finanza dobrebbe esserne immune? Anche l’acquisto di un televisore o di una automobile è una transazione finanziaria e su di essa si applica una tassa (l’Iva) del 20%. Perché non dovrebbe valere lo stesso principio anche per chi traffica denaro? Tanto più che la tobin tax applicabile, secondo il suo ideatore dovrebbe oscillare molto ma molto al di sotto del 20%:  l’aliquota auspicata sarebbe compresa fra lo 0,01% e lo 0,1%.

L’impatto sugli operatori finanziari onesti (ammesso e non concesso che l’onestà sia valore riconosciuto dai finanzieri di ogni livello) sarebbe minimo. Appena appena un po’ più gravoso sarebbe per chi, invece, scommette in borsa, come alla roulette, ingenti somme sulle variazioni dei prezzi facendoli oscillare a loro piacimento. Intanto, e come minimo, servirebbe a scoraggiarne  il giochetto degli investitori sul breve termine: tipo la corsa al rialzo del prezzo del petrolio di pochi anni fa. Con quali ricadute sulle economie di stati e popoli lo ricorderete se non altro perché, a catena, si gonfiarono tutti i prezzi di primo consumo: dal pane, alla pasta oltreché alla benzina.

Sia chiaro: anche nella misura più elevata di tassazione delle loro speculazioni, gli speculatori non perderebbero il vizio del gioco. Solo che, obtorto collo, dovrebbero versare qualcosa alle casse dello stato da dove effettuano le loro scommesse o transazioni che dir si voglia.

Quanto?

E’ stato calcolato che una tassa all’aliquota media dello 0,05% (esiste un’associazione che promuove l’introduzione mondiale della Tobin-tax che si chiama, appunto, “zerozerocinque“) , garantirebbe agli stati europei introiti compresi tra 163 e 496 miliardi di dollari all’anno nell’Unione europea, e tra 400 e 946 a livello mondiale (le oscillazioni sono dovute alla difficoltà di calcolo delle somme che i finanzieri intendono investire nelle loro speculazioni: potrebbero investire “zero” e il risultato del prelievo statale sarebbe, ovviamente, uguale a “zero”).

Cifre che comunque, se incassate dagli stati, potrebbero contribuire in maniera decisiva a coprire i costi generali della crisi che lor signori finanzieri stessi hanno provocato e provocano da sempre.