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Mosca, Berlino e la sicurezza in Europa

di Alessio Bini - 15/07/2010


 
Mosca, Berlino e la sicurezza in Europa

Lo scorso 5 giugno il presidente russo Dimitri Medvedev ed il primo ministro tedesco Angela Merkel si sono incontrati nello splendido scenario del castello di Meseberg, 40 km a nord di Berlino, per una serie di discussioni bilaterali incentrate su un ampio ventaglio di temi politici ed economici. Si è discusso sia della questione del nucleare iraniano e delle possibili sanzioni contro Teheran sia dell’imminente riunione del G-8 senza dimenticare l’importante tema dei rapporti euro-russi con particolare attenzione alla questione dell’abolizione del regime dei visti e della sicurezza del Continente.

Proprio in materia di sicurezza europea i due statisti, sulla scia di un’idea russa elaborata nel 2008 hanno proposto, nel memorandum finale dell’incontro, la crezione di un nuovo comitato politico e di sicurezza. Comitato che, se realizzato, potrebbe avere delle ripercussioni geopolitiche importanti su tutta la politica mondiale.

Tuttavia, ci sembra che la sua creazione dipenda dallo scioglimento di molti nodi che attualmente si frappongono tra lo stato di cose presente e la realizzazione di questo ambizioso progetto.

Poiché la complessità che circonda il tema della sicurezza europea, e dei possibili modi con cui garantirla, è notevole, conviene muoversi con una buone dose di pragmatismo compiendo un passo alla volta al fine di disporre le tessere del mosaico nel modo corretto. Vediamo innanzitutto quali sono i punti salienti della proposta russo-tedesca.


 

 

I contenuti della proposta

 

L’idea contenuta nel memorandum delinea la possibilità di creare un nuovo Comitato composto dal capo della diplomazia europea (dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la carica è ricoperta da Catherine Ashton) ed il ministro degli affari esteri russo (Sergej Lavrov).

Tale comitato, che nel memorandum viene definito con il nome di Comitato Politico e di Sicurezza Russia-UE, avrebbe il compito di:

- permettere uno scambio più agevole di opinioni e punti di vista sui maggiori temi politici e di sicurezza;

- sviluppare le linee guida per operazioni congiunte civili/militari;

- fare raccomandazioni sulle varie situazioni di crisi ed i conflitti alla cui risoluzione la Russia e l’UE stanno contribuendo all’interno delle varie cornici internazionali;

- mostrare celermente la propria utilità trovando una soluzione condivisa e duratura al conflitto congelato in Transnistria.

 

Al fine di mostrare che tipo di forma tale Comitato dovrebbe avere, Angela Merkel ha fatto notare che al momento a Bruxelles esiste già un comitato che si occupa di questioni legate alla sicurezza, ovvero il Comitato Politica e Sicurezza del Consiglio Europeo (CPS), e che esso potrebbe essere sviluppato al fine di permettere i contatti tra UE e Russia non solo a livello di ambasciatori ma pure di ministri degli esteri.

 

Il progetto russo-tedesco è senza ombra di dubbio molto interessante ed il fine che si pone, garantire maggior sicurezza agli uomini e alle donne che vivono nel grande spazio europeo, è non solo nobile ma soprattutto utile ad evitare che sorgano nuove fonti di tensioni o che quelle già presenti si protraggano all’infinito. Come è noto, le tensioni drenano molte risorse, risorse che potrebbero essere utilizzate in altri modi, ad esempio per finanziare la crescita economica ed il benessere dei cittadini.

Tuttavia, come ben sappiamo, la storia è piena di progetti politici interessanti che, per vari motivi, non sono mai stati implementati. Di conseguenza, in questa sede, non dovremmo domandarci solo se tale progetto sia utile ma se sia anche realizzabile. Sebbene l’utilità del progetto ci sembri fuori discussione, visto e considerato che l’architettura su cui si basa la sicurezza europea sembra sempre più obsoleta e scricchiolante, la sua realizzabilità dipende da tutta una serie di variabili indipendenti che potrebbero pregiudicarne la realizzazione. Queste variabili sono legate ai Paesi coinvolti, ai loro interessi nazionali ed alle loro rappresentazioni geopolitiche.

È tempo dunque di capire i motivi che hanno spinto, da un lato, la Russia e la Germania a proporre tale progetto e, dall’altro, di comprendere quali sono le reazioni degli interlocutori europei.


 

 

Mosca, Berlino, Bruxelles e la sicurezza in Europa tra equilibrismi e paure reciproche

Da molti anni gli esperti di politica europea si domandano se la politica estera dell’Unione debba essere considerata come la somma di 27 politiche estere differenti oppure se essa consista in qualcosa di più della somma delle singole parti. Ad oggi pare proprio impossibile mettere la parola fine a tale diatriba in quanto il processo di costruzione europea è un vero e proprio work in progess caratterizzato da una multi-level governance e per questo ci sembra saggio evitare di entare nel merito; tuttavia ci sembra innegabile che ogni qual volta si discuta di quale tipo di politica l’UE deve o dovrebbe tenere nei confronti dei vicini orientali, la Germania svolga un ruolo difficilmente sottovalutabile nel modellare le decisioni politiche al fine di metterle al passo con i propri interessi nazionali e con la propria rappresentazione geopolitica.

Dietro alla volontà tedesca di realizzare tale Comitato ci sembra di poter intravedere la consapevolezza che:

- essendo la Germania il Paese guida dell’Europa (è ormai chiaro a tutti che la Francia non può tenere il passo con Berlino) ha tutto l’interesse a trovare una soluzione credibile al problema della sicurezza del Continente, sicurezza che non può realizzarsi pienamente se la Russia continua ad essere esclusa e/o rilegata in posizione periferica;

- un’associazione strategica tra UE e Russia non può basarsi solo su materie economiche ma ha bisogno di essere inserita all’interno di un quadro politico-istituzionale;

- è necessario creare la stabilità e la fiducia necessaria a favorire il rafforzamento della relazione economica con la Russia, Paese che offre ai capitali tedeschi ed europei ottime opportunità di investimento ed un mercato molto grande;

- è irrinunciabile creare le condizioni necessarie all’implementazione di accordi volti a garantire la sicurezza degli approvigionamenti energetici in tutto il Continente che includano la Russia e non la scavalchino. Il progetto Nord Stream rappresenta un primo ed importante passo in tale direzione ma ve ne saranno probabilmente degli altri. Un banco di prova importante è la capacità di russi ed europei di trovare un accordo volto a modernizzare il sistema ucraino di trasporto del gas, la vera arteria energetica continentale d’Europa.

 

Per parte sua la Russia ha investito molte energie al fine di rafforzare la cooperazione con Berlino in quanto consapevole che la Germania rappresenta la chiave di volta della costruzione europea ed è il Paese che ha un ruolo centrale nel modellare le politiche europee verso i vicini orientali. Possiamo dunque affermare che le motivazioni che hanno spinto i russi a proporre la creazione del Comitato siano:

- la volontà di inserirsi a pieno titolo nel mantenimento della sicurezza europea accollandosi oneri ed onori e contibuendo, dal punto di vista di Mosca, a liberare l’Europa dalle divisioni imposte dalla guerra fredda e sopravvissute a quel periodo storico permettendo così alla Russia di dare il proprio contributo alla pace e alla sicurezza d’Europa;

- l’innalzamento del livello di sicurezza ai propri confini occidentali, confini su cui Mosca percepisce tutta una serie di minacce alla propria sicurezza nazionale;

- la volontà di liberare risorse politiche ed economiche da investire per: a)modernizzare il Paese; b) implementare politiche sociali che contrastino il problema del calo demografico; c) prestare più attenzione alle relazioni con la Cina, a partire dalla pressione demografica che questa pone sulle regioni scarsamente popolate dell’est della Russia. Se tale questione non viene affrontata per tempo ed in modo razionale rischia di avvelenare i rapporti tra Mosca e Pechino portandoli a percepirsi più come concorrenti che come interlocutori. All’interno del ceto militare e politico moscovita alcuni parlano già apertamente della Cina come maggior minaccia alla sicurezza della Russia. È chiaro dunque che bisogna agire in tempi rapidi per disinnescare una bomba che finirebbe con il danneggiare entrambi; d) mettere in sicurezza la propria sterminata frontiera meridionale contrastando in particolare la minaccia posta dall’slamismo radicale.

 

Dai punti che abbiamo succintamente elencato emerge chiaramente il fatto che tra Mosca e Berlino esistono delle basi tendenzialmente solide su cui costruire legami bilaterali ancora più forti e mutualmente vantaggiosi di quanto già non accada. Sarebbe tuttavia miope non prendere atto del fatto che esistono anche punti di attrito tra i due attori geopolitici che impediscono di procedere speditamente verso la realizzazione del loro progetto. All’origine di questi attriti vi sono vari motivi e soprattutto vari attori: mentre la Russia sembra godere di una maggiore libertà di manovra, la Germania deve fare i conti con le istituzioni esistenti di cui è parte e con i punti di vista, gli interessi e gli obiettivi geopolitici dei propri alleati europei e d’oltre oceano.

Inoltre riteniamo non si debbano sottovalutare gli attriti endogeni, quelli cioè che scaturiscono dalle differenze esistenti tra la visione geopolitica tedesca e quella russa nei confronti di molti temi di politica internazionale a cominciare dalle alleanze politico-militari esistenti di cui presto ci occuperemo.

Il fatto di essere il Paese guida in Europa non significa che ciò che la Germania dica e pensi vada bene per tutti, anzi. Berlino è consapevole del fatto che sia necessario prestare molta attenzione per evitare che nelle capitali europee riemergano timori mai sopiti nei confronti della sua condotta internazionale.

La reazione di Bruxelles di fronte alla proposta russo-tedesca è stata alquanto pragmatica. Innanzitutto, Commissione e Consiglio hanno fatto sapere che non erano stati preventivamente consultati né dalla Russia né dalla Germania prima dell’annuncio del progetto anche se da Berlino almeno da un paio di settimane arrivavano notizie che lasciavano intravedere qualcosa. Chiaramente questa scelta deliberata da parte di Berlino di non comunicare a Bruxelles la propria intenzione di presentare un progetto così importante per la sicurezza europea in accordo con la Russia non faciliterà il compito della Germania di ‘vendere’ il progetto agli alleati europei.

Sebbene a Bruxelles vi sia chi vede positivamente la volontà di Mosca di lavorare più a stretto contatto con l’UE per la risoluzione dei conflitti e loda i passi fin qui compiuti da ambo le parti nel creare un clima di fiducia e cooperazione, molti altri si interrogano su quale valore aggiunto avrà il nuovo Comitato rispetto a quanto già esiste. Gli scettici fanno notare che gli incontri russo-europei sono tutt’altro che sporadici, in quanto:

- l’UE e la Russia si incontrano 2 volte all’anno in un apposito convegno;

- Ashton e Lavrov si riuniscono almeno tre volte all’anno;

- il presidente del CPS si incontra con l’ambasciatore russo presso l’UE ogni mese;

- esistono numerosi incontri tra gruppi di esperti di ambo le parti;

 

Alla luce di tutto ciò la Germania sembra essersi impegnata in un grande sforzo di relazioni pubbliche verso i propri alleati europei al fine di spiegare loro che la prosecuzione dell’avvicinamento russo-tedesco con la realizzazione del Comitato Politico e di Sicurezza produrrà benefici tangibili per tutti i membri dell’UE. Chiaramente il compito non è semplice. È in tale ottica che deve essere letto l’ultimo incontro, tenutosi alla fine di giugno, del cosiddetto triangolo di Weimar, un club creato nel 1991 che riunisce Francia, Germania e Polonia. La regola stabilisce che il Paese ospitante ha il diritto di invitare il ministro degli esteri di un Paese terzo rispetto ai membri del club. La Francia, Paese ospitante, ha scelto, non del tutto casualmente, Sergej Lavrov.

Durante l’incontro si è discusso, senza grossi passi in avanti, di sicurezza europea, concentrandosi su due argomenti in particolare: il progetto russo-tedesco di creare un Comitato Politico e di Sicurezza e la proposta russa di sottoscrivere un nuovo patto per la sicurezza dell’Europa.

La scelta francese di invitare i russi deve essere letta probabilmente come il tentativo da parte della Francia di inserirsi tra la Russia e la Germania e mostrare così a se stessa ed al mondo che l’asse Parigi-Berlino esiste ancora. Insomma, un tentativo tardivo di salvare le apparenze che non riesce comunque a nascondere il fatto che in Europa la Francia, rispetto alla Germania, occupa ormai un ruolo secondario non più solo in ambito economico.

Molto più importante per la nostra analisi è il ruolo svolto dalla Polonia, Paese che detiente una grande influenza nelle scelte politiche compiute dall’UE verso i vicini orientali. Come tutti noi ben sappiamo, dopo il tragico incidente verificatosi il 10 aprile scorso in Russia in cui ha perso la vita il presidente polacco Lech Kaczynski, in Polonia si è assistito ad un riavvicinamento, visibile nelle azioni e nelle parole dei due governi così come nei sondaggi d’opinione su campioni rappresentativi delle due popolazioni, tra Mosca e Varsavia. Riavvicinamento che ha l’intento, almeno sulla carta, di portare ad un superamento dei contenziosi e delle divergenze del passato. È chiaro che se ciò si verificasse sarebbe uno dei mutamenti geopolitici più significativi verificatisi in quella parte del mondo. Non è certo nostra intenzione negare l’esistenza di tale mutamento nell’umore dei polacchi, visto e considerato che lo stesso Jarosław Kaczynski, fratello gemello del defunto presidente polacco, durante la campagna elettorale per le presidenziali vinte poi dal rivale Bronislaw Komorowski ,è stato costretto a mettere da parte la sua retorica anti-russa per non perdere voti e accattivarsi l’elettorato. Ciò che ci preme sottolineare è che ci sembra troppo presto per poter capire se questo processo di riavvicinamento durerà e se, soprattutto, sarà in grado di far compiere alle relazioni russo-polacche un salto qualitativo in avanti. Nel frattempo prendiamo atto del fatto che la Polonia continua a portare avanti, magari con meno clamore, scelte politico-militari che non possono certo far piacere alla Russia. In particolare la Polonia, pochi giorni fa, in occasione della visita del segretario di Stato USA Hillary Clinton, ha siglato un nuovo accordo per lo spiegamento di missili intercettori statunitensi a corto raggio (il piano Bush, rispetto all’attuale piano Obama, prevedeva invece missili a lungo raggio) nell’ambito del piano americano di scudo missilistico utile, ufficialmente, a proteggere gli USA e i suoi alleati da attacchi missilistici provenienti dai cosiddetti Stati canaglia, Iran in primis. Non solo, il ministro degli esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha affermato di non avere nulla in contrario alla rimozione del regime dei visti tra UE e Russia ma ha anche sottolineato che, essendo quella dei visti una leva importante nelle mani degli europei per influenzare la politica russa, essa deve essere usata con parsimonia per ottenere concessioni sostanziali da Mosca. Tenendo conto che la pressione russa sulla rimozione del regime dei visti si fa sempre più stringente, la Germania rischia di trovarsi stretta tra Varsavia e Mosca.

Alla luce di quanto affermato fin qui è chiaro che se il progetto russo-tedesco di creare un Comitato politico e di sicurezza, che non può non aver richiamato l’attenzione della Polonia, non viene gestito nel modo più inclusivo e trasparente possibile da parte della Germania rischia di far riemergere la paura mai sopita dei polacchi di essere accerchiati da tedeschi e russi e di spingere Varsavia su posizioni ancor più filo-atlantiste e filo-statunitensi di quanto già non sia, con grave danno per la politica europea, per la credibilità e la libertà di manovra della Germania e per la sicurezza russa.

Comunque sia, anche se la Germania agisse nel migliore dei modi verso gl’interlocutori europei, ciò potrebbe non bastare. Altri attori, come presto vedremo, potrebbero creare limiti insormontabili al progetto geopolitico russo-tedesco.


 

 

L’Alleanza Atlantica e Washington

 

Un altro importante elemento che condiziona e limita la libertà di manovra della Germania è l’Alleanza Atlantica ed il suo membro più importante, gli Stati Uniti d’America.

L’Alleanza, che viene creata agli inizi del periodo della guerra fredda, sopravvive all’implosione dell’URSS e comincia un difficile percorso di ridefinizione degli obiettivi e della sua ragione d’essere che non si è ancora concluso e che potrebbe anche non arrivare mai. Essa rappresenta, seppur criticata da più parti, una delle istituzioni su cui si regge la sempre più scricchiolante architettura della sicurezza in Europa.

È chiaro che gli USA, essendo il Paese più potente dell’Alleanza, imprimano ad essa un corso confacente ai propri interessi geopolitici, spesso anche a costo di creare attriti con gli alleati europei, Germania in primis. La Germania, membra del Patto dal 1955, quando ancora il Paese era diviso in due, non sembra, per vari motivi, intenzionata a svincolarsi da essa. Una tale azione comporterebbe dei costi che, probabilmente, l’elite tedesca non vuole o non può sostenere. Quindi si assiste al tentativo da parte di Berlino, ai limiti dell’equilibrismo, di ritagliarsi più spazio di manovra all’interno di un’Alleanza che in realtà non lascia spazi (eccezion fatta per gli USA) e l’enunciazione delle cosiddette 3D, fatta a suo tempo dal segretario Stato di Bill Clinton Madeleine Albright, ne sono la riprova.

Come ben sappiamo, Washington è impegnata in un tentatativo di reset delle sue relazioni con Mosca, azzeramento che chiaramente è utile a servire gli interessi statunitensi e che deve farsi secondo i ritmi, i modi e le priorità dettati dalla Casa Bianca senza che si presti troppa attenzione alle idee russe in materia di sicurezza e che si prendano in considerazione i loro timori. È ancora presto per capire quali conseguenze geopolitiche avrà tale rilancio delle relazioni tra i due Paesi, tuttavia, ad oggi, permangono molte differenze tra le due rappresentazioni geopolitiche di Washington e Mosca (per approfondire meglio tali differenze rimandiamo al brillante saggio scritto da Tiberio Graziani dal titolo La Russia, chiave di volta del sistema multipolare’, editoriale del numero 1/2010 di “Eurasia”) ed è possibile che anche questo nuovo tentativo si dissolva in una bolla di sapone com’è già accaduto in passato.

Washington non ha ancora commentato la proposta russo-tedesca, tuttavia è probabile che il progetto non sia gradito alla Casa Bianca la quale potrebbe scorgere nell’avvicinamento russo-tedesco, se non proprio una vera minaccia geopolitica, comunque un elemento di fastidio da evitare a tutti i costi. Come molti hanno fatto notare, se il progetto russo-tedesco si realizzasse la Russia otterrebbe inevitabilmente una certa influenza sulle decisioni della NATO, cosa che chiaramente Washington non vuole e la storia delle relazioni NATO-Russia dal 1992 ad oggi lo dimostrano chiaramente. È quindi nell’interesse degli USA evitare che la Germania trovi nella Russia, con la creazioni di meccanismi istituzionali come il Comitato Politico e di Sicurezza, un Paese con cui fare fronte comune per rifiutare le richieste di Washington o per far comunque valere piani alternativi più utili ai propri interessi. C’è da aspettarsi dunque che gli USA facciano di tutto per far deragliare il progetto, magari facendolo nascere totalmente depotenziato.

La sfida che attende Mosca e Berlino è molto complessa e difficile in quanto non sarà per niente facile convincere e rassicurare Washington delle proprie buone intenzioni volte a salvaguardare ed incrementare la sicurezza europea che non può prescindere dal coinvolgimento attivo e paritario della Russia.


Conclusioni

Sebbene in questo periodo di profonda crisi economica in cui la mancanza di prospettive occupazionali domina le discussioni quotidiane delle persone comuni in tutta Europa, il tema della sicurezza europea rappresenta uno delle questioni politiche più pressanti per gli statisti del Continente.

Negli ultimi anni si è assistito ad un vistoso abbassamento del livello della sicurezza europea. Tale tendenza, che reca in sé una dimensione politica, economica, militare e geopolitica, può essere chiaramente invertito a patto che vengano prese tutta una serie di decisioni.

A tal fine ci sembra improcastinabile la piena partecipazione della Russia, con relativa assunzione di oneri ed onori, ai tavoli in cui si discute e si decide di comune accordo come mantenere la stabilità e la sicurezza nello spazio europeo. Sia chiaro però che l’inclusione della Russia deve essere reale e non fittizia e deve quindi dare a Mosca la possibilità di esprimere la propria opinione, discutere con gli altri interlocutori, decidere, contribuire alla sicurezza e goderne i benefici. Per arrivare a tale traguardo urgono passi concreti da parte di tutti verso un rimodellamento delle proprie rappresentazioni geopolitiche al fine di accantonare gli elementi più divisivi presenti in esse. La creazione del Comitato Politico e di Sicurezza UE-Russia potrebbe essere un passo concreto verso quella direzione.

Purtroppo, a parere di chi scrive, il timore più grande non risiede nella possibilità che tale Comitato non veda mai la luce ma che nasca profondamente ridimensionato, depotenziato e incapace di espletare le funzioni per cui era stato pensato. Questo perché purtroppo, da un secolo a questa parte ormai, la politica europea ci ha abituati a convivere con montagne che partoriscono topolini.


* Alessio Bini è dottore in Relazioni internazionali (Università di Bologna)