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Le FS e la rinascita della disuguaglianza come valore

di Aldo Giannuli - 15/07/2010

Fonte: aldogiannuli

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I giornali del 23 febbraio hanno dato una notizia apparentemente un po’ frivola: le Fs abbandonano il sistema di prima e seconda classe, per offrire un servizio differenziato su quattro fasce con diversi livelli di servizio e di prezzo.
Il livello top prevede poltrone in pelle, maggiore disponibilità di spazio e maggiori servizi di rete. Prevista anche una carrozza-silenzio dove è proibito l’uso del telefonino e le conversazioni non devono superare un certo tono di voce. Bello no?

Sicuramente non nuovo. Inizialmente il trasporto ferroviario era diviso in quattro classi: la prima con sedili più accoglienti, la seconda più modesta ma decente, la terza con sedili in legno e la quarta con posti ricavati nei ritagli dei vagoni merci. La quarta scomparve già negli anni trenta. La terza venne abolita nel 1956 e fu una conquista. Perchè era passata (guarda un po’!) l’idea che il trasporto è un servizio pubblico che deve offrire a tutti la possibilità di viaggiare (poco importa se per lavoro, bisogno personale o per piacere) in condizioni accettabili.
Ed i differenziali fra il prezzo del biglietto ed il livello del servizio offerto, dovevano essere coperti dallo Stato, perchè, all’epoca, era sottinteso che lo Stato avesse il compito di redistribuire la ricchezza attraverso la leva fiscale.
E questo riguardava tutto, dai trasporti, alla scuola, alla sanità.
Nel 1979 (se ben ricordo) Gianni Agnelli venne colpito da ischemia cardiaca e immediatamente ricoverato, ma non in una clinica privata, bensì all’ospedale pubblico delle Molinette e nell’altro letto della  stanza era ricoverato un operaio Fiat. Questo non certo perchè l’Avvocato non potesse permettersi la più costosa clinica privata, ma perchè le Molinette offrivano il top dal punto di vista della competenza professionale e delle attrezzature a disposizione. E fu un bel segno di civiltà.
Poi è venuta l’era del mercato come unico criterio sano di regolazione della vita sociale. E, con esso, il delirio di retribuzioni stellarmente distanti: i super guadagni di una classe ristrettissima di finanzieri e manager e i salari sempre più bassi e precari. E con questo la diversa disponibilità di spesa e lo sviluppo impetuoso di un vasto settore che lavora sul lusso: gioielli, abiti supergriffati, auto da nababbi, alberghi in stile Dubai ecc. Un settore che non teme la crisi e la caduta dei consumi, a quanto pare, o, per lo meno, teme queste cose meno degli altri.
Certo, qualcuno potrà dire che non si vede perchè gli smeraldi debbano costare poco ed essere alla portata di tutte le tasche: se uno vuole gli smeraldi che li paghi per quel che valgono.
Ma il punto non è questo: quando si cominciano a vendere troppi smeraldi ed a prezzi troppo alti anche per i preziosi (perchè magari il gioiello è griffato dal super gioielliere di Parigi) significa solo che le differenze di classe si sono accentuare, divaricate, esasperate. E per ogni smeraldo venduto a quel prezzo ci sono trenta giovani pagati 400 euro al mese per stare in un call center dieci ore al giorno o cento senegalesi che raccolgono pomodori in condizioni di schiavitù.
Il lusso è sopportabile solo entro certi limiti, dopo diventa uno schiaffo in faccia che non può restare impunito.
Si, perchè il punto è il significato simbolico di tutto questo: la ricchezza individuale non è più il prodotto di una qualche logica economica, ma è un giudizio di valore su ogni uomo in base al suo reddito e sancisce la naturalità delle gerarchie sociali.
Mi sapete spiegare in base a quale criterio economico il signor Cimoli –all’epoca amministratore dell’Alitalia in fallimento - riceveva un compenso sei volte superiore a quello del signor Spinetta, amministratore delegato della Air France, che era in tale salute economica che  stava per comprarsi l’Alitalia?
Ci dicono che certi stipendi sono il prezzo che dobbiamo pagare per evitare che la concorrenza straniera ci porti via i manager più bravi. Ma voi siete sicuri che la società “Carrette Nicaraguensi” sia disposta a prendersi uno come Cimoli?
Ed anche quando il manager è effettivamente bravo, come Marchionne, che senso ha una retribuzione di decine di milioni di euro all’anno? Si badi, non come percentuale sugli utili, ma come retribuzione fissa.
O vogliamo parlare dei guadagni dei finanzieri come quelli di Wall Street? O dei rentier che ingoiano guadagni spaventosi solo per il fatto di possedere mazzi di azioni di alcune imprese multinazionali?
Il punto è che la diseguaglianza, inizialmente proposta surrettiziamente come conseguenza forse spiacevole, ma inevitabile della selezione meritocratica del mercato, si rovescia poi in un valore auspicabile in sè, per il quale gli uomini naturalmente si dividono in classi, devono essere divisi fra ricchi e potenti e poveri ed ininfluenti, perchè sarebbe contro natura il contrario. Ed il lusso diventa l’evidenza simbolica di questa gerarchia sociale.
Tornando al caso delle Ferrovie, c’è un aspetto che tradisce questa impostazione tutta ideologica: le carrozze del silenzio. In effetti sta diventando una impresa leggere un giornale in pace su un treno come su un tram, in particolare dopo la generalizzazione dei cellulari; dunque garantire una soglia di rumore di fondo accettabile in qualsiasi mezzo pubblico è sicuramente auspicabile. A bordo di treni tecnologicamente avanzati come i Frecciarossa non ci vorrebbe nulla a dotare ogni posto di un sensore che segnali al passeggero quando supera il livello di voce permesso o la sua suoneria disturbi. Al di sopra di una certa soglia, o in caso di disturbo insistito,  il sensore invierebbe un messaggio al personale di bordo che potrebbe multare il disturbatore. E questo in qualsiasi carrozza, a garanzia del diritto di ciascuno di non essere disturbato. Invece no: il diritto diventa un privilegio che si paga, così i signori possono restare fra loro e i “cafoni” viaggiano separati.
Ma questo, dice l’amministratore delegato della Fs, Moretti, non deve far pensare al ritorno al sistema a tre o quattro classi come un tempo. Per carità! Sarebbe una cosa troppo classista… appunto. Si tratta solo di diversi livelli di servizio cui corrispondono diversi livelli di prezzo, tutto qui. Tutto diverso!
Che poi un simile capolavoro sia opera di uno come Moretti che, in passato, è stato dirigente della Cgil, induce ad amare riflessioni sulla qualità umana di chi abbiamo allevato negli apparati funzionariali del sindacato e della sinistra.
E con questa gente voi volete battere la destra di Berlusconi?