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Un mare di petrolio...nel Golfo del Messico

di Alberto Castagnola - 19/07/2010

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Qualche considerazione sul più grave disastro ambientale degli Stati Uniti:

Tralasciando le possibili analisi del disastro, ampiamente elaborate da molte fonti internazionali, sembra utile evidenziare alcuni aspetti più trascurati, con lo scopo di collegare questo tragico evento alle tematiche della decrescita:

 

-Finora gli Stati Uniti avevano importato gran parte del loro fabbisogno di petrolio e gas, dalle zone con maggiori riserve (dall’Arabia Saudita alla Nigeria, passando per l’Iraq contro il quale sono state scatenate due guerre la cui principale motivazione economica era proprio il controllo di questa essenziale materia prima energetica). Con l’aumento dei prezzi internazionali, il maggior rischio delle fonti in Venezuela, e i ritardi della conclusione delle guerre, negli Stati Uniti hanno prevalso i sostenitori della valorizzazione delle fonti interne.

-I pozzi in acque profonde e l’autorizzazione delle trivellazioni in aree protette sono la conseguenza di questa svolta, fortemente orientata dal timore del raggiungimento del picco della estrazione di petrolio e senza nessuna considerazione dei possibili danni ambientali sul proprio territorio.

-Perfino gli Stati Uniti non sono in grado di imporre il rispetto assoluto delle misure di sicurezza e di escludere certe operazioni estrattive ad alto rischio alle imprese transnazionali ( anche se cinque delle “sette sorelle” petrolifere sono di origine americana) che evidentemente si muovono in una loro logica di produzione illimitata e di profitti massimi, e curano ben poco le esigenze del pianeta.

-Il fatto che molte delle piattaforme in acque profonde o in mari difficili siano affittate da imprese diverse dai gruppi petroliferi in senso stretto ha reso molto più probabili ritardi o limiti nelle manutenzioni e rispetto delle misure di sicurezza largamente sottratto alle possibilità di reali controlli da parte degli Stati.

-Il settore energetico è senza dubbio quello che richiederebbe un radicale mutamento delle politiche pubbliche di approvvigionamento e di consumo, qualora l’impossibilità di puntare ancora sullo sviluppo illimitato della crescita fosse finalmente preso in considerazione almeno dai venti paesi maggiormente industrializzati. Il peggioramento della situazione climatica e l’aumento senza soste degli inquinamenti di mari e terre richiedono da tempo l’adozione di misure di spostamento verso l’uso massiccio di energie rinnovabili ( e certamente nessuna ulteriore deriva verso il nucleare) e verso un drastico ridimensionamento dei consumi dei prodotti derivati dal petrolio e dal gas.

-Gli spasmodici tentativi che ancora fa qualche scienziato, che coscientemente sottovaluta le conseguenze su natura e popolazioni, di riaffermare l’esistenza di riserve infinite di petrolio, devono essere denunciati con forza perché disinformano e demotivano il crescente numero di persone finalmente in grado di effettuare analisi realistiche della situazione e dell’immediato futuro, aprendo spazi per i politici e i governi che si battono ciecamente per la salvaguardia della situazione attuale, forse la maggiore fonte di profitti solo dannosi per le popolazioni dopo le bolle finanziarie.