Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Afghanistan: di male in peggio

Afghanistan: di male in peggio

di Enrico Piovesana - 19/07/2010






Per risollevare le sorti della guerra in Afghanistan, sempre più avverse, gli Usa decidono di giocare la rischiosa carta delle milizie locali di autodifesa

La guerra in Afghanistan va di male in peggio. Per l'Italia (le cui truppe hanno subìto negli ultimi giorni un numero mai visto di attacchi), ma sopratutto per gli Stati Uniti. I giovani soldati americani al fronte stanno morendo come le mosche, anche sette-otto al giorno come accaduto mercoledì e sabato scorso. L'opinione pubblica Usa non capisce più il senso, lo scopo di questo sacrificio di vite (oltre che di denaro pubblico) e questo allarma i politici del partito democratico, preoccupati dalle conseguenze che questo potrebbe avere sulle elezioni legislative di novembre.

"Molti cittadini americani pensano che l'Afghanistan sia una causa persa, molti si stanno chiedendo se abbiamo la strategia giusta'', ha dichiarato il senatore John Kerry nel corso di un'audizione parlamentare in commissione Esteri. ''E' giunto il momento di porsi seriamente delle domande sui reali progressi che stiamo facendo nel conseguimento degli obiettivi di sconfiggere Al-Qaeda e stabilizzare l'Afghanistan''.
Altri esponenti di spicco dei democratici hanno mostrato le stesse preoccupazioni. Il senatore Jim Webb: ''Ci sono tantissime persone in questo Paese che sono molto confuse riguardo alla nostra presenza in Afghanistan. C'è un forte bisogno di chiarezza su cosa veramente ci stiamo a fare là''.

Il presidente Barack Obama, il suo rappresentante speciale Richard Holbrooke e il segretario di Stato Hillary Clinton (che domani sarà a Kabul per la Conferenza internazionale sull'Afghanistan) continuano a ostentare sicurezza, fiducia e ottimismo sull'andamento della guerra e sulla capacità delle forze armate afgane di gestire la situazione. Ma il generale David Petraeus, il nuovo comandante delle truppe alleate in Afghanistan, ci ha messo pochi giorni a capire che la realtà sul campo è ben diversa, ovvero che, nonostante i vari 'surge' e il potenziamento di esercito e polizia locali, le truppe occidentali e quelle afgane non sono più sufficienti a gestire la situazione.

Una situazione così critica da convincere Petraeus a rispolverare, e attuare immediatamente, un'estrema opzione che negli passati era stata più volte bocciata perché considerata ad alto rischio: quella delle milizie tribali di autodifesa, sul modello dei Consigli del Risveglio iracheni.
Nonostante la contrarietà del presidente afgano Karzai - che teme la nascita di forze militari fuori dal controllo del suo governo e legate ai signori della guerra locali - il generale Petraeus ha annunciato la formazione di queste forze paramilitari a livello di villaggio e di comunità locale, in cui verranno arruolati (e retribuiti) volontari del posto allo scopo di sorvegliare e difendere il loro territorio dai talebani.

Karzai ha ottenuto da Petreus che queste milizie abbiano un nome rassicurante (Forza di polizia locale, Lpf), una qualche divisa e facciano riferimento al ministero degli Interni afgano, sul modello delle Forze afgane di protezione pubblica (Appf) create in via sperimentale un anno fa nella provincia di Wardak. Formalità a parte, queste bande armate locali saranno, per la loro stessa natura, del tutto autonome rispetto alle autorità di Kabul, come hanno dimostrato di esserlo le milizie paramilitari locali già esistenti e che ora, in teoria, dovrebbero confluire tutte nella Lpf. Come la famigerata Kandahar Strike Force, che, come tante altre che non hanno nemmeno un nome, finiscono con l'essere bande armate che, con il pretesto di combattere i talebani e con le spalle coperte dalle forze d'occupazione, si danno al banditismo e ai più efferati abusi nei confronti della popolazione locale.

Il progetto di Petreus, che dovrebbe essere ufficializzato alla Conferenza internazionale di Kabul di martedì prossimo, avrà forse un buon successo in termini di arruolamenti: una paga garantita, seppur bassa, rappresenta un'alternativa allettante rispetto alla miseria e la disoccupazione che dilagano in Afghanistan. Ma questo non basterà a garantire la lealtà e l'affidabilità di queste milizie, che finiranno solo con l'aumentare ulteriormente il livello di caos e di violenza nel Paese, e con essi l'avversione delle popolazioni locali verso le truppe d'occupazione straniere.