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Afghanistan. La fuga di notizie può tornare utile a Obama

di Ferdinando Calda - 28/07/2010

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“Obama non ha bisogno di leggere Wikileaks per essere scioccato dalle tante vittime civili di questa guerra”. Così il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs ha commentato la pubblicazione da parte del sito internet Wikileaks delle 92mila pagine di rapporti segreti e confidenziali sulla guerra in Afghanistan.
Una dichiarazione lapalissiana, in quando è lecito ritenere che il presidente degli Stati Uniti abbia accesso a questi documenti e, di conseguenza, sia ben informato sul numero di civili uccisi o feriti dagli “errori” delle sue truppe (che poi, nei fatti, se ne disinteressi, è un altro paio di maniche).
Chi invece dovrebbe rimanere “scioccata” è l’opinione pubblica mondiale, che, tramite la pubblicazione di questi rapporti, ha avuto conferma delle indiscrezioni che il governo Usa ha sempre cercato di smentire, occultare o minimizzare. Del resto, per certi versi è anche vero che – come tengono a sottolineare dalla Casa Bianca nel tentativo di ridimensionare la portata della fuga di notizie – il contenuto di queste rivelazioni non è “né nuovo, né illuminante”. Più che altro, quindi, si tratterebbe semplicemente di una sconfitta (anche se parziale) della propaganda del governo statunitense, che comunque, per quanto riguarda le criticità della guerra in Afghanistan, mostrava da tempo segni di cedimento.
Inoltre, è anche vero che, paradossalmente, questa imponente fuga di notizie potrà avere delle conseguenze positive per gli obiettivi dell’amministrazione Obama.
I rapporti pubblicati, infatti, vanno dal 2004 al 2009 (prima del varo della nuova strategia decisa dalla Casa Bianca) e sembrano confermare alcune tesi e richieste di Obama e del segretario di Stato Hillary Clinton. Come ad esempio le accuse ai servizi segreti pachistani di difendere e, addirittura, organizzare i gruppi di insorti nel proprio territorio.
Proprio nei giorni scorsi, la stessa Clinton, insieme al generale David Petraeus e all’ammiraglio Mike Mullen, si è recata in Pakistan per esortare nuovamente il governo di Islamabad a lanciare un’operazione militare nel Nord Waziristan – in particolare contro la famigerata rete Haqqani – incontrando però le resistenze delle gerarchie militari pachistane. “È il gioco del bastone e della carota, al quale gli americani stanno giocando con l’esercito pachistano per costringerlo a lanciare l’operazione contro la rete di Haqqani. Un’operazione alla quale l’esercito si è rifiutato di cooperare”, ha denunciato il generale Hamid Gul, direttore dell’Isi dal 1987 al 1989, citato più volte nei rapporti come uno degli artefici dei rapporti tra intelligence pachistana e leader talibani.
“La maggior parte dei documenti si basano su informazioni fornite dall’intelligence afgana, poco preparata e incompetente”, denuncia Gul, sottolineando come molti dei documenti in questione sono piuttosto vaghi e pieni di dettagli contraddittori, spesso palesemente falsi. Inoltre tirano in ballo più volte gli stessi nomi – di famosi comandanti talibani piuttosto che degli ufficiali dell’Isi – e replicano gli stessi scenari, quasi fossero frutto di uno sbrigativo copia-incolla.
Ieri anche il portavoce del ministero pakistano degli Esteri, Abdul Basit, ha sostenuto che le informazioni pubblicate “non hanno alcuna base reale”.