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Iraq, La crisi politica si aggrava

di Ornella Sangiovanni - 28/07/2010




La crisi politica in Iraq continua – e si aggrava. E' stata rinviata la seduta del Parlamento che avrebbe dovuto tenersi oggi – la seconda della nuova assemblea uscita dalle elezioni del 7 marzo scorso. E una nuova data non c'è: rinviata "fino a nuovo ordine" – ha annunciato Fuad Mas'um, il deputato kurdo che sta facendo da presidente a interim.

La ragione è la solita: le maggiori forze politiche, quelle cioè che hanno ottenuto più voti alle elezioni (vinte di strettissima misura – due soli seggi – da Iraqiya, l'alleanza nazionalista dell'ex Primo Ministro Iyad Allawi) non riescono a trovare un accordo su come spartirsi le tre maggiori cariche istituzionali: le "tre presidenze", come vengono chiamate nel gergo politico iracheno.

"Tre presidenze" significa quella della Repubblica, quella del Parlamento – e la guida del governo, ovvero il posto di Primo Ministro, che è quello che sta dando più filo da torcere.

Per qualche giorno era sembrato che almeno il presidente del Parlamento, e i suoi due vice, li si potesse eleggere. O, come minimo, si potesse scegliere un presidente a interim, così da mettere il nuovo Parlamento in grado di funzionare. Finora si è riunito una sola volta – il 14 giugno – in una breve seduta procedurale.

E invece niente: manca l'accordo. Che le maggiori forze politiche vogliono come un "pacchetto", ovvero un unico patto che comprenda tutte e tre le massime cariche istituzionali. E questo necessita appunto di un accordo: su cosa dare a chi. Accordo che non si trova.

Lo scoglio del candidato premier

Lo scoglio più grosso è ancora quello del premier. Da Iraqiya, la lista che ha vinto le elezioni, ribadiscono che è loro diritto costituzionale formare il prossimo governo, e che Allawi è il loro candidato a Primo Ministro.

E sulla nomina di un unico candidato premier rischia di sfasciarsi la National Alliance: la coalizione che aveva riunificato gli sciiti: quelli della Iraqi National Alliance (INA) ormai dominata dai sostenitori di Muqtada al Sadr, e l'Alleanza per lo Stato di Diritto, la coalizione del Primo Ministro uscente Nuri al Maliki.

Maliki vuole assolutamente ottenere un secondo mandato – e il suo partito lo appoggia. I partner dell'INA, invece, non ne vogliono sapere di una sua candidatura – a cominciare dai sadristi, ma non solo loro.

E così si è arrivati a una fase di stallo. Di "alleanza solo sulla carta" parla [in arabo] Qasim Daud, che dell'Ina è uno degli esponenti di spicco, e accenna a trattative in corso per una nuova alleanza – questa volta fra il grosso dei partiti sciiti, Iraqiya, e i kurdi. Un'alleanza di cui ormai parlano [in arabo] sempre più spesso anche dalla lista di Allawi.

Ma si prevedono tempi lunghi: Daud intravede "un lungo tunnel" di negoziati, "che non si concluderanno prima dell'autunno". E dice che "tutte le possibilità sono aperte".

Ingerenze regionali e internazionali

Uno dei leader dell'INA, che non vuole che venga fatto il suo nome, fa esplicito riferimento [in arabo] a "ingerenze regionali e internazionali", a cominciare da quella dell'Iran (ma ci sono anche gli Stati Uniti), che starebbero pesando sui negoziati per la formazione del governo. Ostacolandoli.

Ma se la prende anche con le forze politiche irachene, che hanno fallito nel prendere decisioni giuste nell'interesse del Paese.

Questo perché – aggiunge - è entrato in gioco anche il fattore confessionale, fra i fattori responsabili del ritardo nella formazione del governo.

Anche secondo lui la National Alliance sarebbe ormai "sulla via del collasso".

I kurdi: a noi la presidenza della Repubblica

Stanno defilati (finora) i kurdi: a parte l'insistenza a voler mantenere la presidenza della Repubblica, con un secondo mandato per Jalal Talabani. Ci spetta perché siamo la seconda nazionalità dell'Iraq, dice [in arabo] uno dei due attuali vice premier, il kurdo Rowsch Shaways.

La loro delegazione negoziale, rientrata da Baghdad dopo diverse tornate di colloqui con le altre forze politiche irachene, ha avuto un incontro con il presidente della regione del Kurdistan, Mas'ud Barzani, che ne ha elogiato la posizione "unitaria", concedendole [in arabo] tutti i poteri per andare avanti nelle trattative.

Crisi costituzionale

Certo è che l'Iraq è in piena crisi politica – e costituzionale. Con un governo, ma senza che ci sia un parlamento che possa controllarne l'operato.

Un governo che in molti vorrebbero trasformare [in arabo] in "governo tecnico" (anche di questo avrebbe dovuto discutere la seduta del Parlamento che si doveva tenere oggi) – solo che molti altri non ci stanno. Anche qui: niente accordo.

Intanto sul fronte della sicurezza non c'è da stare tranquilli: ieri mattina a Baghdad c'è stato un attentato contro gli uffici di al Arabiya, nel quale sono morte 4 persone. Sedici i feriti, fra i quali Salam al Zubaie, uno dei parlamentari di Iraqiya. La sede dell'alleanza di Allawi si trova infatti vicino alla TV satellitare araba.

In serata, due autobombe a Karbala hanno fatto 21 morti e almeno 47 feriti.

Brutto segnale: colpire una delle due città sante per gli sciiti, alla vigilia di una importante festività religiosa per questa confessione (la nascita del Mahdi – il 12° e ultimo imam), fa pensare che le cose potrebbero volgere al peggio.

L'Iraq sia avvia verso l'abisso? Lo teme il leader dell'INA, quello che ha voluto restare anonimo: perché tutti i blocchi, sottolinea, oggi si trovano davanti la strada bloccata.

Il timore dell'"internazionalizzazione"

In verità, negli ambienti politici di Baghdad, di questi tempi circola un altro termine che sembra incutere timore: internazionalizzazione della questione irachena.

Cosa significa? L'Iraq è tuttora soggetto alle disposizioni del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite (quella che riguarda le "minacce alla pace e alla sicurezza internazionali") - il che dà il diritto alla "comunità internazionale" di intervenire qualora lo ritenga opportuno. Intervenire, cioè, anche imponendo una soluzione politica alla crisi.

Lo ribadiscono dalla lista di Allawi. La portavoce, Maysun al Damluji, dice [in arabo] che se continuerà lo stallo attuale "la questione irachena andrà davanti alle Nazioni Unite il 4 del mese prossimo [4 agosto NdR], e la questione irachena verrà internazionalizzata".

Se lo tema o se se lo auguri non è chiaro.

Fonti: al Sharq al Awsat, al Hayat, Agence France Presse