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Dal disordine nasceranno altre strutture politiche

di Francesco Alberoni - 02/08/2010

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Il nostro sistema politico è una repubblica parlamentare in cui, dal punto di vista giuridico, il parlamento è formato da rappresentanti del popolo che decidono individualmente le leggi. In realtà se questi rappresentanti non si accordassero prima delle elezioni non riuscirebbero mai a farlo dopo. Sociologicamente la base della democrazia parlamentare è il partito politico. Questo nasce di regola da un movimento collettivo che si istituzionalizza attorno ad una élite capace di mobilitare il voto di milioni di persone e che, giunta in parlamento, resta unita per realizzare il programma e affrontare la successiva competizione elettorale. Le democrazie più antiche e con istituzioni più stabili hanno due soli partiti e la gente si è abituata a votare per l'uno o per l'altro.

In Italia questo non è stato possibile perché, durante la guerra fredda fra USA e URSS, il Partito Comunista era considerato un alleato dell'Unione Sovietica. Di conseguenza il Paese è sempre stato governato da una coalizione di centro destra centro. Poi di colpo, nel 1989, la guerra fredda è finita e avremmo potuto avviarci anche noi verso il bipartitismo: a destra una unione dei vecchi partiti moderati e a sinistra un PCI rinnovato. Ma non e successo perche i vecchi partiti di governo sono stati cancellati dalla vita politica per via giudiziaria. La sinistra stava per andare al potere quasi da sola quando, nel centrodestra rimasto vuoto, si è costituito un movimento collettivo, Forza Italia, che la sinistra non ha mai accettato come interlocutore legittimo ma ha sempre sperato che svanisse per interna inconsistenza o a causa degli errori o delle inefficienze personali del suo leader.

Non si sono perciò formati due grandi partiti strutturati, ma una configurazione conflittuale anomala in cui da un lato c'è un partito debole con un capo carismatico forte e, dall'altro, la coalizione di tutti coloro che, anche se hanno programmi diversi, si propongono prioritariamente di abbattere il leader avversario. E presto o tardi ci riusciranno. Ma allora si frantumerà anche il maggior partito esistente e, nonostante accordi e coalizioni, ci sarà, di fatto, una lotta di tutti contro tutti. Uno stato di disordine che porterà ad una nuova stagione di movimenti collettivi analoga a quella che abbiamo vissuto nel 1968-76 e nel 1989-94. Da questa emergeranno nuove strutture politiche forti, ma purtroppo la linea divisoria potrebbe anche passare fra Nord e Sud.