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Omicidio Mattei: …ma quale “pista italiana”?

di Marco Bagozzi - 03/08/2010


Omicidio Mattei: …ma quale “pista italiana”?

Questo Profondo nero. Mattei, De Mauro, Pisolini. Un’unica pista all’origine delle stragi di stato, di Giuseppe Lo Bianco e Sandro Rizzo si legge tutto d’un fiato. Lettura agile, lo stile è quasi quello di un romanzo. Il libro racconta, con dovizia di particolari e di documentazione, tre morti: quella di Enrico Mattei, presidente dell’Ente Nazionale Idrocarburi, quella di Mauro De Mauro, giornalista siciliano, rapito e fatto sparire dalla mafia, e quella di Pier Paolo Pasolini, uno dei più importanti scrittori italiani del dopoguerra, morto in circostanze ancora poco chiare sul lungomare laziale. L’intuizione degli autori è interessante: dietro a queste tre morti c’è un unico disegno: eliminare una personalità scomoda, Mattei, ed annichilire qualsiasi tentativo di ricerca alternativa sulla sua morte.

Che dietro a queste tre morti ci sia uno o più mandanti oscuri è lapalissiano. Non convince però la versione di Lo Bianco e Rizzo, fermi sostenitori della “pista italiana” o “pista Cefis”. I due sono infatti convinti che non si possa minimamente fare accenno ad un “complotto internazionale” contro Mattei, nonostante sia spesso riportata nel libro l’insofferenza delle Sette Sorelle (le sette compagnie petrolifere più importanti, praticamente monopolistiche nel mercato internazionale) verso il presidente dell’ENI e verso la sua politica indipendentista. È, a nostro avviso, ingenuo ricondurre tutto al solo Eugenio Cefis, esponente di spicco dell’ambiente imprenditoriale italiano, vicepresidente ENI, cacciato (con disonore, come dimostra la ricostruzione nel libro) da Mattei e ritornato dalla porta principale dopo la morte dello stesso, fino a diventare l’eminenza grigia dei “poteri forti” all’italiana, con la presidenza Montedison (per una ricostruzione alternativa della sua fortuna imprenditoriale è ritornato disponibile il già censurato Questo è Cefis di Giorgio Steimetz: http://sconfinamenti.splinder.com/post/20248369/Questo+%C3%A8+Cefis+1). È evidente che la morte di Mattei ha aumentato in maniera esponenziale il potere dello stesso Cefis, ma risulta difficile che un uomo potente ma non potentissimo (prima della morte di Mattei, era un comprimario del presidente),  possa mettere in piedi un complotto del genere, uccidendo, solo con le sue connivenze mafioso-democristiane-siciliane, quello che all’epoca era di gran lunga la persona più potente in Italia, affossando, poi, tutte le indagini. L’errore dei due autori è temporale: il “potere assoluto di Cefis” diventa effettivo dopo la morte di Mattei, non prima. Solo dopo il 1962 Cefis riuscì a rafforzare l’alleanza con Cuccia e Fanfani, ad accentrare nelle sue mani un importante potere mediatico, ad arrivare alla presidenza del colosso chimico Montedison e a fondare la loggia massonica P2, prima di lasciare la guida a Licio Gelli. Ma già da prima, fin dai tempi della lotta partigiana, era un uomo degli americani.

 

L’omicidio di Mattei non è stato “made in Italy”: dietro alla strage si nasconde quella che Claudio Moffa descrive come “una storia complessa nella quale si intrecciano diversi aspetti importanti nazionali (la mafia) e internazionali (dalle Sette sorelle ai rapporti fra ENI e URSS)[1], dietro a cui si muove, a suo agio, la CIA, come dimostrano le dichiarazioni dell’ex agente KGB Leonid Kolossov: “Secondo Kolossov, per eliminare Mattei le Sette Sorelle incaricarono Cosa Nostra. Per eseguire l’operazione, arrivò dagli USA uno dei capi dell’organizzazione, tale Marcello Carlos detto “il Piccolo”, che introdusse un suo uomo nel servizio tecnico dell’aeroporto di Catania[2], e Israele, come dimostra lo stesso Moffa.

Ma la malafede dei due autori del libro è facilmente dimostrabile: la c.d. “pista italiana” porta, con affannosi tentativi di legare fatti e persone, dritti dritti a Silvio Berlusconi, il nemico principale di Chiarelettere, nuova casa editrice, nata dal ventre fecondo dell’antiberlusconismo, che pubblica le inchieste telecomandate di Marco Travaglio e altre inchieste contro Berlusconi e il Vaticano. Dietro alla casa editrice c’è lo stesso circolo che anima “Il Fatto quotidiano”. Tra gli azionisti di Chiarelettere c’è il banchiere Guido Roberto Vitale, sponsor principe del neo-candidato del centrosinistra Niki Vendola.

Che poi Berlusconi sia oggi il più potente sponsor della politica neo-matteiana dell’ENI di Paolo Scaroni[3] a Lo Bianco e Rizzo (collaboratori “non a caso” di L’Espresso e Micromega) non sembra interessare. Il loro obiettivo è raggiunto: disinformare sui veri potenti, gli Stati Uniti e Israele, ed attaccare il “male assoluto” berlusconiano.



[1] http://www.claudiomoffa.it/pdf/matteicoraggio.pdf

[2] http://www.claudiomutti.com/index.php?url=6&imag=1&id_news=132

[3] Per una messa a punto sulla politica estera italiana è consigliato il blog Conflitti e Strategie.