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Le noie della villeggiatura

di Alessandra Colla - 03/08/2010

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Sarà l’ozio vacanziero, sarà la quiete montana, fatto sta che quest’estate mi sembra noiosa.

Non c’è nulla di nuovo nei militari italiani morti in Afghanistan: sono volontari, è vero, e fa parte del gioco. Ma suppongo che sia ugualmente seccante partire convinti di essere in missione di pace e poi ritrovarsi, direttamente o indirettamente, bersaglio degli insorti ovvero coinvolti in una guerra vera. Allora ditelo, insomma.

Non c’è nulla di nuovo nemmeno negli scontri al confine fra Libano e Israele. I rapporti fra i due paesi viaggiano sul filo del rasoio da parecchio tempo, e la guerra del 2006 è ancora troppo recente per non pesare in modo considerevole sul piatto della memoria reciproca. Naturalmente adesso ci sono di mezzo anche la questione iraniana e l’inchiesta ONU sull’aggressione alla Mavi Marmara appena approvata: il che non contribuisce né a rasserenare gli animi né a stemperare una tensione internazionale più densa di un budino.

Non c’è nulla di nuovo neppure sulle rivelazioni (?!?) di Fabio Granata relative alle infiltrazioni mafiose nella politica: non so come buttino le cose nel resto d’Italia, ma in Lombardia è da lunga pezza che i rapporti fra politica e mafia (ma anche ‘ndrangheta…) sono intrecciati ad alto livello, a partire dal settore edilizio per poi allargarsi a tutto ciò che produce denaro e potere (foss’anche un poteruccio piccolo piccolo, da parvenu). Quindi scusatemi, ma mi viene da sbadigliare.

E, da ultimo, tantomeno c’è qualcosa di nuovo in merito agli sconvolgimenti o presunti tali operati da Gianfranco Fini in sede di assetti politici nazionali. Se ne va, non se ne va, se n’è andato; fonda un nuovo partito, non lo fonda, si allea, dà le dimissioni, non le dà, litiga, fa la pace, si apre, discute, si arrocca, volta le spalle, apre le braccia… Non è un uomo, è un tourbillon.
Ma dov’è la novità? E perché c’è tutta questa frenesia intorno al personaggio e alle sua manovre? Tutti coloro che in questi giorni scommettono sulla riuscita o sull’insuccesso delle agitazioni finiane sono più agitati di lui, e non se ne capisce davvero il motivo.
Che cosa potrebbe davvero mutare, in Italia, se Fini avesse la meglio su Berlusconi? Lo strappo dall’uomo di Arcore è un punto a suo favore, per molti ma non per tutti (anche se non è certo che sia stato dettato da un’autentica spinta su base etica: ma non vorremo fare processi alle intenzioni, non è vero?). Di sicuro, però, la voglia insistita di liberalismo - che sono ancora in troppi a confondere con “libertà“, la quale del resto viene ormai sempre più spesso confusa con “licenza” - denota un orientamento assai poco dissimile da quello del Cavaliere e dei suoi seguaci, che hanno a loro volta cavalcato con entusiasmo le numerose e allettanti opportunità offerte da un partito come il Pdl, un “buon partito” che tante verginelle hanno avuto fretta di sposare.
Finché l’Italia resterà colonia, potranno tutt’al più avvicendarsi i suoi mezzadri: il cui compito è soltanto quello di amministrare il potere per conto terzi. Che il mezzadro si chiami Silvio o Gianfranco, cambia (e importa) veramente assai poco.