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Fiat, Usa: il cerchio si chiude

di Matteo Pistilli - 04/08/2010


Fiat, Usa: il cerchio si chiude

Ed il cerchio si chiude. Mai come in questo periodo risulta chiarissima la lotta dei poteri in atto ed è facile, per chi vuol vedere, comprendere gli sconquassi agli equilibri nel mondo intero, in special modo scorgere lo scontro di poteri anche interno al campo “occidentale” con gli Stati Uniti che fanno pagare ai Paesi subordinati, appartenenti alla propria sfera di influenza (come è l’Italia) il prezzo per tentare di mantenere l’egemonia sul globo.

 

 

E noi italiani ne siamo spettatori privilegiati, in particolare grazie agli ultimi sviluppi della questione Fiat. Un’azienda da sempre finanziata dallo Stato (popolo italiano), ma sempre collegata a poteri d’oltreoceano come appunto è la Fiat, chiude stabilimenti o abbassa il livello dei diritti dei lavoratori italiani nelle fabbriche italiane, ed apre filiali in altre zone, come in particolare la Serbia post-Milosevic (1). Inoltre il presidente degli Stati Uniti Obama, elogia il fautore di tutto ciò, Sergio Marchionne, riconoscendogli il merito di aver salvato l’americana Chrysler ed i lavoratori nordamericani.

 

Ora, come dicevamo, tutto sembra molto chiaro: gli Usa a capo della coalizione “atlantica” diffondono dove possibile il proprio sistema politico ed economico, il libero mercato, anche attraverso le istituzioni internazionali come il Fondo Monetario Internazionale; bombardano con l’appoggio dei governi italiani (destra o sinistra poco importa) Stati sovrani come per esempio la Serbia di Milosevic, colpevoli di portare avanti politiche poco accondiscendenti ai poteri politici ed economici collegati agli Usa; così questi Stati una volta “liberati” diventano nuovi sbocchi per il mercato al ribasso cercato dalla globalizzazione degli stessi “americani” e diventano parte della loro sfera di influenza, minando in tal modo ogni possibile unità d’intenti nell’Eurasia; così le imprese più coinvolte con il potere di Washington si mettono in moto, aprono filiali dove si può sfruttare sempre di più il lavoro, chiudono o ridimensionano dove si fanno meno profitti, e investono per salvare l’economia del centro dominante, ossia degli Stati Uniti.

 

A questo punto non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire: la lotta che è in atto è strategica, in gioco c’è il futuro multipolarismo e gli Stati Uniti, grazie alla forza militare, culturale ed economica cercano di salvare la propria supremazia alle spalle dei popoli eurasiatici che riescono a controllare, fino ad ora, per mezzo della supremazia storica guadagnata dopo la seconda guerra mondiale. La questione è spinosa, pericolosa e difficile, ma già soltanto avere le idee chiare, sull’importanza del guadagnare scampoli di sovranità dal potere anglo-americano è un buon punto di partenza.

 


 

Note:

1) http://www.eurasia-rivista.org/5278/la-serbia-perde-il-kosovo-ma-guadagna-la-fiat