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L’assistente afgano della Cia

di Carlo Musilli - 30/08/2010



L’assistente del Presidente afgano Hamid Karzai riceve regolarmente un significativo stipendio dalla Cia. Lo rivelano funzionari afgani e americani avvicinati dal New York Times: Mohamed Zia Salhei, capo del Consiglio nazionale della sicurezza, é stato sul libro paga degli spioni americani per diversi anni. Non si è ancora appurato con certezza cosa facesse in cambio di tanta generosità: forse si limitava a passare informazioni, forse ‘metteva una buona parola’ con il Presidente e i suoi funzionari. Forse entrambe le cose.

Nel luglio scorso, Salehi è stato arrestato. Dopo ben sette ore di galera ha telefonato a Karzai, che ha minacciato di limitare i poteri dell’unità anti-corruzione se questa non avesse rilasciato il suo protetto. Salehi è tornato a casa per il tè. Evidentemente, il nostro Mohamed sa parecchie cose sull'amministrazione afgana, abbastanza da spaventare perfino Karzai. E anche se è probabile che la Cia sia già al corrente delle notizie più interessanti, meglio non rischiare. 

Perché lo avevano arrestato? Sembra che la Polizia afgana abbia intercettato una telefonata in cui Salhei chiedeva un’automobile per suo figlio. In cambio del regalino, avrebbe evitato che gli americani investigassero troppo a fondo sulla New Ansari, una compagnia sospettata di portare all’estero soldi cash da destinare a funzionari governativi, signori della droga e ribelli. Non chiedeva neanche tanto, per un favore del genere.

Sull'intera vicenda, i portavoce del Presidente afgano e della Cia hanno rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda. L'unica dichiarazione degna di nota sembra essere quella di un oscuro funzionario americano: “Se decidiamo di non aver nulla a che fare con gente che si è sporcata le mani - ha detto - possiamo tornarcene a casa oggi stesso. Chi fa spionaggio in una zona di guerra non può aspettarsi di trattare con Madre Teresa o Mary Poppins”.

Vediamo meglio chi è Mohamed Salehi, che, in effetti, non gira per Kabul appeso ad un ombrello volante. In origine, Mohamed faceva l’interprete per Abdul Rashid Dostum, un signore della guerra alleato tanto di Karzai quanto della Cia. Può darsi che Salehi abbia lavorato anche come corriere di denaro. Fatto sta che, dopo pochi anni, lo ritroviamo a braccetto non solo di Karzai, così premuroso nei suoi confronti, ma anche dell’ex vice capo dell’intelligence afgana, che qualche mese fa ha accompagnato a Dubai per incontrare i leader talebani.

Mica male come carriera. Eppure Salehi ancora non se l’è cavata. Secondo la legge afgana, gli inquirenti, dal momento dell’arresto, hanno 33 giorni per rinviare a giudizio un imputato. Mohamed è stato arrestato per corruzione e poi rilasciato a fine luglio, quindi manca poco alla scadenza dei termini. Se alla fine i “pm” si decideranno ad accusarlo formalmente, gli atti dovranno essere firmati dal procuratore generale. E a chi deve la sua bella poltrona questo procuratore generale? A Karzai, naturalmente.

Ma Salehi non è poi un uomo così speciale. La Cia è abbastanza prodiga nel distribuire le sue attenzioni. Per fare un esempio, pare che i servizi segreti Usa pagassero anche Ahmed Wali Karzai, il fratellastro del Presidente sospettato di avere una certa influenza sul traffico d’oppio. Ahmed chiaramente sostiene di essere soltanto l’innocuo presidente del Consiglio provinciale di Kandahar.

Ora, gli americani da mesi chiedono a gran voce che Karzai faccia in modo di debellare dal suo governo la piaga della corruzione, arrivando perfino a sospendere, come supremo monito, gli aiuti per il 2011. Dopo di che si mettono a pagare un pezzo grosso sospettato di essere nella top ten dei corrotti.

Qualcosa non quadra, decidetevi. In realtà la corruzione danneggia gli americani, perché priva di ogni credibilità il governo afgano e incrementa la popolarità dei talebani fra la popolazione civile. Allo stesso tempo, però, arrestare tutti i corrotti vorrebbe dire levare di mezzo gli unici alleati nella guerra contro i veri nemici, i talebani, appunto. Ad un anno dal previsto ritiro delle truppe, il dilemma fondamentale non è ancora risolto. Amleto non era nessuno a confronto.

John Kerry, senatore democratico del Massachusetts, sabato scorso è andato a Kabul per chiacchierare con Karzai. Al termine dell’incontro ha dichiarato alla stampa il suo rammarico per i legami fra Salehi e “il Governo americano”. La parola “Cia” non è riuscito a pronunciarla. Kerry ha poi detto di aver fatto pressioni perché Karzai lasci che l’unità anticorruzione indaghi liberamente su Salehi. “Credo di aver ottenuto un impegno da parte sua in questo senso”. Se non lo sai tu, John…