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I saggi che rivedono la storia del Risorgimento con prospettive diverse

di Pierluigi Battista - 07/09/2010

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Sta sempre lì, in cima alla classifica dei saggi più venduti in libreria. Sono mesi che «Terroni» di Pino Aprile (Piemme) occupa il primo o il secondo posto tra i libri più acquistati. Nei panni di Giuliano Amato, presidente della commissione che prepara le celebrazioni per i 150 anni dell' Unità d' Italia, bisognerebbe preoccuparsi. Oltre la retorica degli anniversari, e a parte le nobili esortazioni a cogliere l' occasione per sentirci più italiani, orgogliosi della nostra identità e della nostra storia, infatti spopola in libreria un saggio che mette sotto accusa il modo con cui l' Italia s' è fatta, che descrive il Meridione come una vittima di sopraffazioni e massacri, stragi e campi di concentramento. Altro che epopea risorgimentale. Nel Mezzogiorno osannano Pino Aprile come il vendicatore di una memoria calpestata. Sicuri che, a livello emotivo e sentimentale, il distacco dall' Unità italiana venga dal Nord anziché dal Sud? Marcello Veneziani ha avanzato l' idea che Pino Aprile sia il Giampaolo Pansa del meridionalismo anti-risorgimentale: come Pansa ha rotto il silenzio sul «sangue dei vinti» dopo la Resistenza, così Aprile riscatta i «vinti» del Sud, cancellati dalla memoria nazionale. Il paragone è suggestivo. Ma chiama in causa la storiografia più paludata. E anche il prestigioso cenacolo che detta la linea delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario. Non è certo che la linea più conveniente sia quella della minimizzazione, del silenzio, se non della sprezzante liquidazione di libri che pure non possono esibire il timbro dell' ufficialità accademica. Si rischia di fare come i sacerdoti dell' ortodossia storiografica che per eludere gli argomenti più scabrosi imputano ai libri di Pansa una non ineccepibile accuratezza nelle note a pié di pagina. E allora, siamo sicuri che un divario troppo accentuato tra la macchina pedagogica delle celebrazioni e il ricordo di episodi non proprio onorevoli del nostro Risorgimento non produca effetti controproducenti sullo spirito pubblico? Eppure, non dovrebbe esserci oramai contraddizione tra l' orgoglio per la nostra identità nazionale e il coraggio di affrontare la nostra storia in spirito di verità. Sarebbe un bel gesto, per esempio, che la commissione presieduta da Giuliano Amato, si recasse in civile pellegrinaggio a Pontelandolfo, provincia di Benevento. Lì, lo racconta tra gli altri Paolo Rumiz su Repubblica, come rappresaglia per l' uccisione di circa 40 bersaglieri da parte dei briganti di Cosimo Giordano, l' esercito dei Savoia massacrò oltre 400 persone e incendiò buona parte del villaggio. Un' orrenda carneficina sepolta nella cripta dei ricordi storici imbarazzanti. Disseppellire quella memoria forse non servirebbe a sbollire rancori inestinguibili, ma ci avvicinerebbe alla verità della nostra storia. Forse la terapia migliore per lenire le lacerazioni del passato.