Alla riapertura delle scuole vengono alla ribalta i timori dei genitori circa i disastri che combineranno i ragazzi. Si parla poco però dei timori che i figli provano riguardo ai comportamenti di madre e padre che potrebbero metterli nei guai (come è già accaduto loro in passato), rendendo difficile, più pesante e meno fruttuosa la loro esistenza. Eppure, come sa bene lo psicoterapeuta, molti problemi degli adolescenti poggiano sugli “errori” dei genitori. Quali sono i più diffusi?
Il re degli sbagli è l’aspettativa che i figli debbano corrispondere ai progetti dei genitori, piuttosto che esprimere un loro personale carattere e destino.
Si tratta della convinzione: “Noi sappiamo qual è il loro bene”, circa il quale, invece, loro non sanno nulla, finché non accettano le nostre idee in proposito.
È una posizione in parte fondata quando i bambini sono molto piccoli, ed infatti è radicatissima nelle madri. Un bimbo di pochi mesi, o anche di pochi anni, deve imparare molto per sviluppare un rapporto positivo col mondo e le cose. Questo apprendimento è lento (a causa del basso corredo istintuale dell’uomo, rispetto agli animali), ed i genitori, soprattutto la madre, svolgono in esso un ruolo decisivo.
In questa funzione di “istruttori” però, spesso i genitori non si accorgono che i figli, anche piccoli, sono tuttavia dotati di una loro personalità, carattere, di loro personali “vocazioni” creative e affettive (insomma di contenuti propri), e che soltanto l’accordo tra le istruzioni impartite (e soprattutto il modo in cui questo avviene), e la natura propria dei figli permetterà loro di utilizzare i doni e le proposte dei genitori.
Quando molta psicopedagogia insiste sulla necessità che i genitori “ascoltino” di più i figli, dice in modo un po’ sommario e sloganistico questo: i figli hanno già in sé molte delle potenzialità della loro vita, e per aiutarli a realizzarle i genitori (come poi anche gli insegnanti), devono mettersi in ascolto di questi materiali, scrutarne le prime incerte manifestazioni, senza “dettare una linea” che non tenga conto delle loro inclinazioni. Dopo le prime, spesso traumatiche, incomprensioni, i ragazzi, infatti, si rendono conto che questa specie di sordità genitoriale potrà danneggiarli anche profondamente, e sviluppano forme di ansia, paura e aggressività (a volte anche contro se stessi), legate proprio a questi timori.
I conflitti legati a questo non ascolto dei figli non sono solo dovuti a rifiuti di fare da parte dei ragazzi (che non studiano, non si muovono, non prendono iniziative), ma a proibizioni ricevute da parte dei genitori.
Tipiche (e devastanti) le proibizioni materne ai figli maschi di giocare a calcio, o praticare attività sportive che sporchino il loro abbigliamento, o mettano a rischio (anche superficialmente, con un raffreddore) la loro salute. O i divieti dettati dall’ansia da parte dei padri possessivi nei confronti delle figlie. Esortazioni a non fare che inibiscono la vitalità dei figli.
L’altro grande timore dei figli verso i genitori è che essi non si prendano davvero a cuore il loro destino. I cosiddetti “genitori amici” suscitano spesso questo sospetto. “Non dovrei essere io a dovermi occupare del disordine di mio padre”, pensa il giovane maschio dopo un pomeriggio in cui il “padre amico” gli ha aperto il proprio cuore, e: “con la scusa dell’amicizia mia madre mi costringe ad ascoltare ed occuparmi delle sue stupidaggini” protesta in terapia la figlia sottoposta allo stesso trattamento da parte della madre.
Né semidei, insomma, né amiconi. I figli hanno bisogno di genitori.