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Come ci liberiamo di siffatti contestatori del sistema?

di Stefano D'Andrea - 14/09/2010

Fonte: appelloalpopolo

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Chi non lavora non mangerà

Esistono, singolari “contestatori del sistema”. Essi enunciano i fini e non si soffermano sui mezzi che, teoricamente, dovrebbero essere utilizzati per raggiungere quei fini. Né illustrano i sacrifici che sarebbe necessario sopportare per realizzare i fini. Questi ultimi, poi, nell’opinione di siffatti “contestatori”, non sono condizioni di arrivo che implicano, una volta realizzate, il continuo impiego di serietà, rigore, ulteriori sacrifici, coerenza, impegno notevole e violenza (si violenza: la legge che si desidera è violenza né più e né meno di quella che si intende abrogare). No. Il loro mondo ideale è un mondo senza violenza. La falsa e buona coscienza – la falsa coscienza è sempre buona – di questi contestatori dice:
vorrei un mondo di pace; vorrei un mondo senza stati dominanti; vorrei un mondo in cui tutte le monete fossero emesse dai popoli, non a debito ma come unità di misura dei beni circolanti, eventualmente entro i limiti di disponibilità di beni reali ai quali quei popoli danno valore; vorrei un commercio internazionale libero senza che uno o più stati abbiano monete di riserva e quindi senza che uno o più popoli possano acquistare beni da altri popoli pagando con carta straccia; vorrei un mondo organizzato in modo che chiunque abbia un reddito di cittadinanza; che quasi non sia necessario lavorare per altri: se uno vuole lavora per sé o in cooperativa, altrimenti riesce a campare anche se non lavora; vorrei un mondo dove la scuola ti dà le capacità e “le informazioni” necessarie alla vita che desideri vivere; vorrei un mondo senza rifiuti; ecc. ecc.
L’infantilismo di queste posizioni è lapalissiano. Come ci liberiamo di siffatti contestatori del sistema? Anche io voglio esprimere un auspicio: vorrei un mondo nel quale non esistano pseudocontestatori, ossia contestatori che credono che la Costituzione e comunque la Politica debbano garantire il diritto alla felicità. I contestatori seri, i contestatori-costruttori, che hanno fatto o promosso rivoluzioni o rivolte o grandi cambiamenti, hanno sempre posto in primo piano il sacrificio per la causa, la missione, i doveri, le sanzioni. E hanno sempre avuto consapevolezza della violenza e/o dei sacrifici necessari a combattere la violenza del sistema contestato, a resistere all’ordine costituito, ad organizzare la rivoluzione e a garantire la vitalità del nuovo ordine. I comunisti italiani, per esempio,  cantavano “e noi faremo come la Russia: chi non lavora non mangerà”: altro che reddito di cittadinanza!
L’idealismo, particolarmente diffuso nella rete, non è quasi mai accompagnato dalla necessaria cattiveria e dalla sincera individuazione dei nemici e dall’illustrazione dei sacrifici necessari per tentare di realizzare l’ideale. La conseguenza è il buonismo, che è il modo di pensare degli ingenui o degli ipocriti. Idealisti si; ma anche cattivi e tanto più cattivi quanto più si è idealisti. E’ una logica – direi la logica – che non lascia scampo