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Afghanistan: le manfrine di Frattini, La Russa & soci

di Giancarlo Chetoni - 23/09/2010

Il “Freccia“ è il 5° blindato, in questo caso di produzione FIAT Iveco-Oto Melara, utilizzato dal “nostro“ contingente in Afghanistan ed il 3° progettato ed uscito dalle catene di montaggio nazionali per dotare i militari “tricolori“ di “un mezzo idoneo ad affrontare le minacce di formazioni ostili in Paesi in cui si imponga la necessità di operazioni di polizia internazionale per ristabilire l’ordine e sicurezza“ (dichiarazione di La Russa Ignazio). Insomma, peace-keeping e peace-enforcing sotto l’egida dell’ONU ed occasione utile per soddisfare al tempo stesso le esigenze dell’ Esercito Italiano (E.I.) per dotare i suoi reparti di un numero adeguato di VBL/VCM/VCE/IFV che soddisfi l’esigenza di dotazioni della Forza Armata.
Un esigenza che coincide con l’acquisto da parte del Ministero della Difesa di un numero di blindati tale da generare, in ogni caso, un lauto profitto alle società costruttrici che si accollano, bontà loro, i costi di progetto, produzione, modifica, manutenzione a tempo e le scorte ricambi all’ E.I..
La conseguenza più immediata di una tale procedura è il volatilizzarsi del rischio di impresa e l’acquisizione da parte dell’E.I. di quantità “regolarmente eccedenti di esemplari prodotti, rispetto alle necessità operative“ essendo ben noti i benefici economici che ricava il personale di alto grado della Forza Armata, Marina ed Aviazione comprese, alla quiescenza, dall’’inserimento a livello dirigenziale nell’industria militare pubblica e privata.
Lobbies che opacizzano, nel migliore dei casi, i bilanci di settore ed inquinano, ormai a partire dagli anni Settanta, le destinazioni di spesa di Via XX Settembre.
Il “Freccia“ pesa in ordine di combattimento 26+2 tonnellate, ha un cannone a tiro rapido da 25 mm KBA, una mitragliatrice MG-42 da 7,62 mm ed una trasmissione su quattro assi. L’arma più temibile nelle mani di un coraggiosissimo ed eternamente appiedato straccione pashtun è un RPG-7 che a 150 metri perde i tre quarti della sua precisione di tiro od un AK-47 che a 130 mt la dimezza.
Nella versione controcarro il “Freccia” aggiungerà, grazie al professore, una dotazione di missili antitank “made in Israel“ Spike con un raggio d’azione dai 4 ai 6 km.
Trasporta un equipaggio composto da 3 addetti ed una squadra di 7/8 uomini armati nel vano “protetto“. Vedremo successivamente perché abbiamo usato le virgolette. Ad oggi a Herat ne sono arrivate complessivamente 21 unità in versione “combat“ che arriveranno a 36 entro il 2012 (altro che fine guerra nel 2011 come annunciato dal premio Nobel per la pace!), compresi 6 “Freccia“ con funzioni “Porta Mortaio” e “Porta Feriti”.
Superfluo aggiungere che né i C-130J né tantomeno gli Spartan C-27J in dotazione alla 42° Brigata dell’Aeronautica Militare sono in grado di far arrivare per via aerea al PRT-11 i nuovi VBM.
Intanto, all’aeroporto di Pisa crescerà la militarizzazione delle aree a verde che recintano il corpo centrale della pista di volo. Il portavoce ufficiale maggiore Giorgio Mattia ha dichiarato il 2 Agosto scorso che entro il 2013 l’aeroporto di Pisa diventerà “hub nazionale“ e potrà accogliere e movimentare 30.000 militari al mese (!).
Il comandante generale Stefano Fort, dal canto suo, ha precisato che il progetto sarà portato a completamento per essere lo scalo Dall’Oro servito egregiamente già dai quadriturbina da trasporto C-130J e di godere di ottimi collegamenti autostradali e ferroviari per la movimentazione di materiale militare. In linea d’aria a meno di 3,5 km, la base USA di Camp Darby ha dato il via all’ulteriore costruzione di edifici militari ed aree di sosta per mezzi corazzati di 80.000 mq.
Alle 30.000 tonnellate di esplosivi ad alto potenziale immagazzinati in sotterranei di cemento ed alla logistica per un’intera brigata Stryker, dai carri da battaglia Abrahams agli Humvee, l’8° Comando Logistico SETAF di Camp Darby aggiungerà presto propellenti per munizionamento bellico a lunga gittata.
Da parte “italiana“, l’amministrazione PD di Pisa (sindaco Filippeschi) darà vita ad un consorzio per l’allargamento del Canale dei Navicelli atto a permettere lo spostamento, via acqua fluviale, di materiale bellico a stelle e strisce verso il porto di Livorno, città amministrata anch’essa dal PD (sindaco Cosimi).
L’aeroporto di Herat, all’altro capo del mondo, è nel frattempo cresciuto di altri 100.000 mq di pista in cemento armato spessorato fino a raggiungere un’estensione di 725.000 mq per permettere l’atterraggio ed il decollo di cacciabombardieri USA e NATO nonché di C-5 Galaxy statunitensi che trasportano i “Freccia“.
Il blindato della FIAT Iveco-Oto Melara ha preso servizio per la prima volta il 4 Agosto a Shindand, uno dei punti più caldi della zona Ovest controllata (si fa per dire) dal Bel Paese.
Vediamo ora quanto sono costati e costeranno alle tasche del contribuente i soli nuovi VBM “Freccia“, dal 2006 al 2014, per arrivare ad una produzione finale di 249 unità (tre le linee sostituite dal 2005 al 2010, ripetiamo, approntati con carattere di particolare urgenza per l’uso in Afghanistan, di VBL/VCM).
Quando si invia su un teatro di guerra un mezzo che si rivela inadeguato a proteggere il personale militare come il “Puma“ o il “Lince“ e lo si deve sostituire con un altro di peso pari o superiore, di (rivendicata) maggiore affidabilità sul terreno e con protezione balistica migliorata, si gettano ogni volta al vento decine di milioni di euro.
L’addensamento dei VBL/VCL/VCM presso i reparti della Forza Armata finisce poi per limitarne l’uso e la manutenzione con conseguente abbandono e rottamazione.
Ecco la lista delle spesuccie per l’ultimo grido della FIAT Iveco-Oto Melara:
2006: 6 milioni di euro
2007: 50 milioni
2008: 120 milioni
2009: 220 milioni
2010: 260 milioni
2011: 280 milioni
2012: 280 milioni
2013: 266 milioni
2014: 64 milioni
per un totale di 1.540 milioni di euro. Per ora.

L’acquisto dei primi 49 VBM è stato finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico – cercate di non ridere! – per 310 milioni di euro, in base ad una convenzione tra il Ministero della Difesa e quello dell’Economia e Finanze che trova il suo riferimento normativo nell’art. 1, comma 95, della legge 266 del 23 Dicembre 2005 (legge Finanziaria 2006).
Ai primi 49 “Freccia“ si sono aggiunte ordinazioni di 5 nuove unità per un ammontare di 14 milioni di euro con stanziamento previsto da D.M. in data 6 Agosto 2009.
Abbiamo riportato la tabella 2006-2014 per far capire a chi legge che i costi effettivi della “missione di pace“ della Repubblica delle Banane in Afghanistan superano di gran lunga quelli ufficialmente dichiarati sui semestrali di rifinanziamento approvati (all’unanimità) da tutti i gruppi parlamentari a Camera e Senato, con un’ultima astensione a Palazzo Madama dell’IDV. Bilancio misteriosamente, ma non troppo, fermo ad una ufficialità da barzelletta, anche se non è stato possibile nascondere un “minimum“ di 364 milioni di euro con un aumento di stanziamenti per il 2010 di 54 milioni sul 2009, con 139 milioni destinati al pagamento del personale e 225 per la gestione militare, con integrazione di 18,7 milioni di euro per una cooperazione italo-afghana non meglio precisata e 1,8 milioni per contributi ordinari al “fondo gestione“ NATO.
Intanto nel solo mese di Luglio, il 20 per la precisione, il ministro degli Esteri Frattini ha portato in dono al sindaco di Kabul un assegnetto da 316 milioni di euro in conto spese per l’anno in corso, anche se “il presidente Karzai dovrà concretamente dimostrare di poter garantire, attraverso polizia e forze armate, una maggiore sicurezza nella gestione dell’ordine pubblico e nella difesa del territorio“.
Il solito blablablà arrivato dal solito quaquaraquà gallonato della Repubblica delle Banane.
Lievitato il numero delle basi operative, permanenti, del contingente italiano da Camp Vianini e Camp Arena del PRT-11 di Herat a sette: Shindand, con costruzione di nuove piste di atterraggio e di piazzole per la sosta elicotteri più infrastrutture e l’assegnazione di 500 militari, Bala Baluk e Bala Murghab, Shewan, Delahram. Quanti sono i militari “tricolori“ in Afghanistan in questo mese di Settembre?
Dopo il rinforzo di 1.350 uomini nel corso del 2010, escluso fucilieri dell’aria, personale addetto ai Predator A e B, piloti e copiloti, personale addetto alle armi, alla manutenzione meccanica ed elettronica dei Mangusta, degli AMX (Herat) e Tornado (Mazar-i-Sharif) ed i 200 della Task Force 45, siamo a 3.780. E’ di queste ore la notizia che La Russa ha accolto, senza fiatare, la richiesta di Petreaus di inviare in Afghanista altri 150 “istruttori“ e che commercializziamo – sentite questa! – blocchi di marmo afghani per trasportarli ad… Abu Dhabi e dirottarne una parte nel nord Italia con i C-130J per metterli a disposizione di un’impresa che costruisce manufatti di marmo con marchio certificato UE.
L’aumento delle basi militari “permanenti“ dei militari italiani, le assegnazioni di personale fuori dalla provincia di Herat ed il conseguente allungamento delle vie di rifornimento logistico insieme alla crescente pericolosità della guerriglia pashtun sugli snodi secondari e sull’arteria stradale che inanella l’Afghanistan, ha determinato un uso sempre più massiccio di elicotteri leggeri da ricognizione e medio-pesanti da trasporto CH-47 in dotazione al Gruppo di Volo “Antares“ dell’Aviazione Esercito.
Attualmente i CH-47 in Afghanistan sono quattro più un quinto con la sigla MM80833 utilizzato dai “soldati di Roma (incappucciati)“, come li chiama Alemanno, della Task Force 45.
Un’unità “tricolore“ che ha mutuato il nome da un distaccamento di Artiglieria Antiaerea Alleata addetta alla protezione ravvicinata di trasmettitori “Echelon“, in realtà appartenente a quell’Office of Strategic Service (OSS) che ha sostenuto e armato le formazioni partigiane di “Giustizia e Liberta“ nel centro e nord Italia fino al Gennaio 1945.
La storia della Task Force 45 è stata ricostruita nel dopoguerra dall’italo-americana Nancy Schiesari che ha intervistato in più occasioni Enrico Tassinari comandante dell’O.R.I (Organizzazione Resistenza Italiana) aggregata all’OSS.
Un reparto che operava nelle retrovie alleate dove non volava nemmeno una Cicogna e che ci ha lasciato in eredità roba come Gladio e derivati.
Tanto per precisare.
Dei 40 elicotteri Boeing acquisiti dall’E.I. negli anni Settanta, due sono andati perduti in incidenti di navigazione aerea. Ne resterebbero 38 ma dieci sono in rottamazione e due non sono più utilizzabili per mancanza dei requisiti di sicurezza al volo, nonostante un upgrade per 26 unità allo standard “plus“ nel corso degli anni Ottanta-Novanta.
Dal momento che trasportano fino a 32 militari, una sola perdita di un CH-47, macchina ormai largamente usurata, dai rotori alle turbine, adibita nel corso degli anni anche ad elicottero antincendio su richiesta della Protezione Civile, farebbe lievitare le perdite italiane in Afghanistan di un sol colpo del 100%, con effetti di portata catastrofica, per maggioranza ed “opposizione“ presso un’opinione pubblica già largamente ostile all’avventura bellica dell’Italietta ai… confini della Cina.
Tanto per dare un po’ di spazio all’attualità, un altro CH-47 appartenente ad Enduring Freedom USA, non sappiamo se di modello C o F, si è schiantato al suolo in queste ore.
Una “guerra di aggressione“, quella scelta dai governi di centrosinistra e di centrodestra con ISAF NATO, che sottrae anno dopo anno al Paese sempre più ingenti risorse finanziarie.
Ricchezza che esce dalle tasche della gente perbene che paga le tasse alla fonte e non riesce più a mettere insieme pranzo e cena.
L’uso in Afghanistan del CH-47 da parte del Comando di Herat è quindi molto ma molto parsimonioso. La Spagna in un solo colpo ha perso nella provincia di Herat 30 militari trasportati da questo stesso modello.
Utilizzo da parte italiana che si scontra con l’esigenza di garantire un sempre maggior numero di voli nell’arco dei trenta giorni per poter assicurare i rifornimenti liquidi e solidi, e la sostituzione del personale, alle basi sparse per l’ovest dell’Afghanistan.
Un Paese che sta affogando le forze USA e NATO nei suoi 648mila e rotti kmq e 30 milioni di uomini tra i 18 e i 35 anni, residenti tra il Paese delle Montagne e le Zone Federate del Pakistan, in grado di imbracciare un AK-47 od un RPG.
L’affermazione non è mia ma del generale Fabio Mini.
Esigenza che ha determinato l’input per aprire un altro gigantesco “punto spesa“ nei bilanci miliardari a due cifre gestiti, annualmente, da Ignazio La Russa & soci del Consiglio Supremo di Difesa che non esitano a stringere mani che grondano fiumi di sangue.
Ecco la chicca che mancava.
Agusta-Westland, su licenza Boeing, ha siglato il 13 Maggio del 2009 un contratto di vendita per 16 elicotteri medio-pesanti CH-47 F Chinook all’Aviazione Esercito, Reggimento “Antares” di Viterbo, più un opzione per altre quattro macchine, per la bazzecola di altri 900 milioni di euro compreso – sembra – 5 anni di fornitura di pezzi di ricambio.
E l’elenco delle spesuccie è tutt’altro che finito.