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Palestinesi? Le Isole Fiji si avvicinano...

di Ugo Gaudenzi - 29/09/2010

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Ai tempi di Arafat, quando già aveva calato i calzoni per mediare la fuga da Beirut e da Tripoli nel 1982-3, il mai compianto Ariel Sharon, realizzatore dell’occupazione del Libano (risoltasi nella peggiore sconfitta israeliana nel Vicino Oriente), dichiarava gongolante che, continuando di quel passo, i palestinesi esiliati, dopo Beirut, Cipro e Tunisi, si sarebbero infine “riuniti nelle isole Fiji”.
Il suo esimio successore alla guida di Fatah e dell’Anp, quel Mahmud Abbas che si autodefinisce “Abu Mazen”, evidentemente soddisfatto della poltrona di “presidente” sine die dei palestinesi nonostante la sconfitta elettorale ad opera di Hamas,  è in pratica lo specchio palestinese di Sharon.
Ridotto a guidare il suo orto blindato in Palestina da una casa di Ramallah controllata dalla sempre più estesa rete di insediamenti coloniali ebraici nella terra palestinese di Cisgiordania occupata da Israele nella guerra preventiva del ’67, detta dei Sei Giorni, via via che si succedono i passi diplomatici atlantici  spacciati come “negoziati di pace per dare una patria ai palestinesi”, continua a alternare artificiose condanne verbali a sostanziali rinuncie della sovranità palestinese sui territori occupati dalle colonie israeliane.
Sulle orme dell suo mentore Arafat, “Abu Mazen” ha fin qui accondisceso a innumerevoli compromessi. Rinunzia ad una patria indivisibile, rinuncia ai territori dichiarati palestinesi nel 1948 dall’Onu (benché frutto della spartizione del mondo sancita da Churchill, Roosevelt e Stalin a Jalta) rinuncia alla riappropriazione della Cisgiordania e della Gerusalemme araba, strappate dai sionisti nel 1967), rinuncia ad attivare condanne dell’Onu contro Israele, in barba a oltre 65 risoluzioni delle Nazioni Unite, rinuncia al mantenimento del continuum territoriale di una Palestina divisa dal “Muro di sicurezza” sionista, rinuncia a gran parte  di Gerusalemme est e a bloccare le espulsioni dei residui suoi cinquantamila residenti arabi, rinuncia alla lotta armata, rinuncia alla sovranità militare dell’eventuale “Palestina”, rinuncia a sottostare al responso delle democratiche scelte elettorali dei suoi cittadini, rinuncia a fermare la progressiva intensa colonizzazione delle terre palestinesi (gli attuali insediamenti sionisti accolgono già 300 mila ebrei e dalla mezzanotte di lunedì sono ricominciate le costruzioni di altre diecimila case a Kiryat Arba, Kedumim, Kiryat Netamim)  rinuncia a protestare per la ripresa degli insediamenti, rinuncia a dichiarare per questo motivo inutili i negoziati di pace, e così via…
Di questo passo l’espatrio totale dei palestinesi dalla Cisgiordania (almeno quelli “curati” dall’esimio Mahmud Abbas) verso le Isole Fiji  è cosa o compiuta o comunque da avvenire a medio termine.
Quello che stupisce chi continua a pensare con il suo cervello nonostante la  propaganda - è la pervicacia con cui l’Occidente persevera a dichiarare “un successo” tale negoziato bilaterale voluto dal cosiddetto “quartetto” (Usa, Ue, Onu e Russia) e che presenta come portavoce l’altro esimio uomo “di pace”  Tony Blair.
Guardiamo le cronachette di queste ultime ore. Spirata la tregua, i bulldozers israeliani hanno cominciato di nuovo a scavare i nuovi “quartieri coloniali” in Cisgiordania. Obama, dopo aver fatto finta di premere per un prolungamento della sospensione delle edificazioni, “illegali” per gli stessi Usa, si permette – con un naso molto ma molto più lungo di quello di Pinocchio - di dichiarare che entro un anno “la pace sarà cosa fatta”, e muove la sua diplomazia per mantenere lo status quo. Sarkozy pensa a un vertice a novembre fra lo stesso Abbas, l’egiziano Mubarak e il premier israeliano Netanyahu (per Parigi è un po’ di immagine a basso costo: i due arabi non hanno  né intenzione né possibilità effettiva di decidere alcunché…).  La Lega Araba aspetta questo ottobre “per discutere” sui nuovi insediamenti sionisti...
Con l’occhio ad Hamas, che da Gaza, con il portavoce Fawzi Farhum, dichiara “criminale continuare tali negoziati”.
Le Fiji, insomma, si avvicinano, dear Mr. Abbas.  Ma con ospiti un tale “presidente” e  tutti i suoi seguaci, we presume.