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La tessera del suddito

di Andrea Marcon - 04/10/2010


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In questi mesi si fa un gran parlare della tessera del tifoso, espediente commercial/poliziesco escogitato dal ministro Maroni con la scusa di reprimere  la violenza negli stadi (uno dei tanti finti problemi che il Potere ha interesse a creare). La nostra opinione su tale schedatura obbligatoria, e più in generale sul processo di “modernizzazione” del calcio in nome, neanche a dirlo, del dio business, è già stata espressa da Massimo Fini nel suo recente articolo “Io sto con gli ultras”, e sarebbe quindi inutile ribadire in questa sede i medesimi concetti. Il calcio sta morendo, probabilmente è già morto, e l'insopportabile Maroni è soltanto l'ultimo dei suoi becchini. Quanto all'utilizzo strumentale di tale sport come banco di prova per sperimentare tecniche di repressione poliziesca, chi scrive si è già espresso in un suo articolo di questo blog diversi mesi fa. Qui mi interessa soffermare l'attenzione sulla reazione della “gente” (ma forse sarebbe meglio ripristinare il desueto ma più calzante termine di “popolino”) a questa ennesima quanto palese restrizione della libertà personale. A parte appunto gli ultras, che rifiutano la schedatura e la logica per la quale per assistere ad una partita di calcio bisogna essere immacolati come se si volesse entrare nell'Arma, il commento più diffuso è sostanzialmente questo: “Sì, forse è un provvedimento un po' eccessivo, ma se serve a combattere la violenza e a portare tranquillità negli stadi va bene lo stesso”. Il processo è così completo e in tal modo sintetizzabile nelle sue fasi essenziali:
1) Creazione ad arte di un problema o suo ingigantimento attraverso gli strumenti mediatici;
2) adozione di provvedimenti che limitano la libertà o altri diritti personali anche di rango costituzionale spacciandoli come necessari per la risoluzione del “problema” che precede;
3) persuasione circa l'opportunità di tali provvedimenti secondo il vecchio adagio per  cui “il fine giustifica i mezzi”.
Se a qualcuno è venuto in mente il Patriot Act ha colto l'essenza del meccanismo. Il cui nocciolo non è tanto l'aspetto autoritario e repressivo, che non costituisce una novità rispetto a tanti espedienti utilizzati nel corso della storia dell'umanità, quanto la sua combinazione con l'efficace attività persuasiva che porta a far ritenere gli espedienti medesimi necessari e, in definitiva, giusti. Una medicina amara, ma efficace.
Perchè quello che rende, almeno ai miei occhi, veramente insopportabile questo Sistema liberticida non è tanto l'essere tale quanto l'ipocrisia di cui si ammanta, la sua volontà di voler apparire diverso da quello che è, la costante mistificazione della realtà anche attraverso l'utilizzo di termini privi di senso, a volte di veri e propri ossimori (come le “guerre umanitarie” o le “bombe intelligenti”). Maroni, finiamola con queste prese in giro, e creiamo una volta per tutte lo strumento giusto per tenere sotto controllo la popolazione chiamandolo col suo vero nome: tessera del suddito.