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Il Belpaese in discarica

di Giorgio Mottola - 04/10/2010




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EMERGENZA. Nel resto d’Europa per far crescere la green economy si punta su un ciclo virtuoso che potenzi riciclaggio e recupero. In Italia, specie al Sud, è sempre caccia a nuovi invasi. Dove buttare di tutto.

Mentre in giro per il mondo c’è chi parla di green economy e di rifiuti da trasformare in risorsa, in Italia la parola ambiente fa rima con emergenza. Evoca, per immediata associazione mentale, la parola discarica. E non è solo colpa dell’immondizia per le strade di Napoli. Quasi tutte le regioni del Sud Italia hanno una gestione del ciclo dei rifiuti commissariata: la Puglia (da 10 anni), la Calabria (da 12), la Sicilia (l’emergenza è stata dichiarata lo scorso luglio e si prevede un lungo decorso) e ovviamente la Campania (dal 1994). La situazione è al limite anche in Abruzzo, soprattutto nella provincia di Teramo, e in Lazio. Al Nord, tutto sembra andare molto meglio.
 
Ma in parte è anche merito dell’Italia meridionale. Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia sono i più grandi esportatori di rifiuti fuori regione. E, come mette ben in evidenza il rapporto dell’Ispra del 2009, l’Istituto di ricerca del Ministero per l’ambiente, il traffico è quasi unidirezionale verso Sud.
 

Periodicamente riesplodono le emergenze. Non sempre in modo eclatante come nel caso campano. Di rado si dà fuoco ai cassonetti come a Napoli o a Palermo. Ma dopo un certo numero di mesi, decine di grandi e piccole province italiane vanno sistematicamente in affanno. Quest’ estate le situazioni più critiche si sono riscontrate in Salento, Calabria e Sicilia. Nella maggior parte dei casi il motivo è sempre lo stesso: i sindaci e i presidenti di Provincia e Regione vanno nel panico perché non sanno più dove mettere i rifiuti. E la soluzione cui si ricorre non cambia da decenni: si apre un nuova discarica e in questo modo si ha un nuovo buco da riempire fino all’emergenza successiva.
 

Rispetto al passato però qualcosa è cambiato. Basta scorgere la lista dei Comuni ricloni. Oggi non si sorprende più nessuno scorgendo nell’elenco un numero elevato di città dell’Italia meridionale, dove i livelli di raccolta differenziata sono assimilabili alle realtà più virtuose del Nord. Nella vituperata Campania, lo scorso anno la città di Salerno ha differenziato il 62 per cento dei propri rifiuti. E, in provincia di Napoli, a Massa Lubrense, si registra una percentuale addirittura superiore: il 70,3 per cento. Nota, infatti, Stefano Ciafani, responsabile scientifico di legambiente: «Venti anni fa il modello era la Germania, dieci anni fa lo è diventato la Lombardia e ora lo sono anche tante città del Sud».
 
Una progressione verso il meglio, insomma. Ma è molto precaria e in alcuni casi solo apparente. Rimangono irrisolti una serie di nodi strutturali. Nonostante i passi in avanti, infatti, la discarica è ancora uno degli strumenti centrali nella gestione e nella programmazione delle politiche ambientali. In Campania, oltre allo sversatoio di Terzigno, ne dovrebbero essere costruite altre 4. In Sicilia, Lombardo ha bloccato il progetto dei termovalorizzatori, preda di conquista della criminalità organizzata, e dovrà nei prossimi mesi intervenire con la costruzione di nuove discariche, dal momento che quelle che ci sono ora sono in esaurimento, a partire dal mega impianto di Bellolampo, dove sversano i rifiuti Palermo e provincia.
 
«Una discarica per ogni Comune», è stata invece la proposta originale del delegato all’emergenza rifiuti in Calabria, dove la situazione è al collasso e si prevede, tra le proteste anche del Wwf, un raddoppio dell’unico termovalorizzatore presente in Regione, che si trova a Gioia Tauro. Sul fronte pugliese, il governatore Vendola sta provando ad accelerare sulla raccolta differenziata con l’apertura di quaranta nuovi punti di raccolta, ma ha comunque annunciato che servono nuovi “buchi”: a Poggio Imperiale, Lucera e Conversano, tutti luoghi in cui da anni ci sono mobilitazioni delle popolazioni locali contrarie. Si profilano mesi di caos anche in Abruzzo, dove la settimana scorsa è stato arrestato Rodolfo Di Zio, titolare della Deco, di fatto monopolista della gestione dei rifiuti in Abruzzo, e sono rimasti coinvolti diversi esponenti della Giunta regionale.
 
Al contrario di quello che avviene nel resto d’Europa, dunque, il rifiuto continua a rimanere un problema. E sembra molto difficile che in Italia si verifichi a breve la sua metamorfosi in risorsa. Come mette in evidenza l’ultimo rapporto Ispra, negli ultimi quattro anni anni le percentuali di rifiuti trattati in discarica sono rimaste sostanzialmente stabili. Nel 2006, al Sud il 68 per cento dell’immondizia finiva in discarica. A distanza di tre anni, si è scesi solo al 65 per cento. I fanalini di coda sono rimasti la Sicilia, con l’89 per cento, e la Puglia, 80 (due anni prima era però al 90). Nelle regioni dell’Italia centrale, in quattro anni non è cambiato nulla: ferme al 69 per cento. Al Nord la quantità di rifiuti mandati negli sversatoi era il 36 per cento, nel 2008 è scesa al 29.