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Il collasso del Sogno Usa e l'ascesa della Germania

di Loretta Napoleoni - 05/10/2010

Fonte: caffe

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George Carlin, un comico americano sostiene che le uniche persone che ancora credono nel sogno americano sono addormentate. La grande incertezza riguardo al futuro dell'economia del paese sembra confermare lo stato soporifero e confusionario in cui è piombato il sogno americano. Le previsioni economiche di emeriti economisti sono infatti le più disparate: da chi vede tutto nero, come Rubini, a chi suggerisce il protezionismo, come Krugman, fino ai sostenitori della ripresa, tutti gli economisti al servizio di Barack Obama. Difficile credere agli uni o agli altri dal momento che l'andamento della Grande recessione continua a sorprenderci.

L'unica certezza è quella degli indicatori economici che dipingono uno scenario deprimente. La distribuzione del reddito non aiuta la ripresa. Dal 1979 ai giorni d'oggi il divario tra i ricchi ed il resto della popolazione ha assunto le dimensioni del Gran Canion. Il reddito lordo dell'1% della popolazione dei più agiati è salito del 200%, quello dei più poveri è aumentato dell'1,3% mentre la classe media alla fine del mese si ritrova con un misero 1% in più. Dal 2002 al 2007 il salario mediano, quello compreso tra i redditi massimi e quelli minimi, si è contratto di ben 2000 dollari. E dato che dal 2007 in poi la disoccupazione è aumentata fino a toccare quest'anno il 10%, negli ultimi tre anni il valore del salario mediano è sceso ulteriormente. È quindi normale che la propensione al consumo rimanga bassa, perché il 99% della popolazione è più povero che trent'anni fa.

Anche la distribuzione del lavoro non aiuta. L'America come gran parte dell'occidente è diventata un'economia che vende servizi. Soltanto il 12% della popolazione attiva è impiegato nell'industria. Anni di delocalizzazione nei mercati asiatici hanno ridotto la forza lavoro manifatturiera all'osso. Ciò non è vero in Germania, secondo maggior esportatore al mondo dopo la Cina, unico paese occidentale dove si continua a produrre per il mercato nazionale e per quello globale. In parte ciò è dovuto alla mantenimento della struttura sindacale che ha difeso la forza lavoro ed ha fatto capire al governo l'importanza di mantenere in piedi la struttura industriale. Negli Stati Uniti meno del 10% dei lavoratori impiegati del settore privato aderisce ad organizzazioni sindacali.

Lo scarso peso dei sindacati ha anche influenzato la filosofia manageriale che è diventata sempre più motivata da rapidi guadagni piuttosto che ispirata ad una politica dei profitti sostenibile nel tempo. Il motivo è presto detto: gran parte dei benefici monetari dei grossi manager derivano dalle stock options.
L'America paga oggi gli errori commessi nell'ultimo trentennio e la Germania raccoglie i frutti di una politica saggia che ha resistito alle tentazioni neoliberisti degli anni ruggenti della globalizzazione.