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In Liguria bombe d'acqua sull'eccesso di urbanizzazione

di Luca Mercalli - 06/10/2010

 

Nubifragi e urbanizzazione non vanno d’accordo. Una precipitazione torrenziale di 411 millimetri in sei ore, di cui 124 in una sola ora, come quella caduta al Santuario di Monte Gazzo, sopra Genova, rappresenta di per sé un fenomeno violento della natura, cioè oltre quattrocento litri d'acqua al metro quadro che si precipitano dai pendii, erodono il suolo e trasportano fango, pietre, alberi, detriti.

Da sempre questi episodi minacciano i centri abitati e l’agricoltura, come dimostrano le cronache storiche di cui il nostro paese è pieno, a cominciare dall’alluvione proprio di Genova dell’ottobre 1970, allorché i millimetri caduti a Bolzaneto furono 948 in un giorno, la pioggia più intensa d’Italia. Ma se alla pioggia si aggiunge una dilagante occupazione del territorio da parte di edifici, strade, piazzali, capannoni, che talora arrivano pure a intubare i corsi d’acqua torrentizi, allora il quadro si complica: da un lato aumenta in modo esponenziale il danno, là dove cent’anni fa c’era solo un bosco o un campo, ora ci sono milioni di euro di valori e molte vite umane a rischio.

Ogni metro quadro di territorio diventa un obiettivo sensibile: una rete di tubi e cavi si dispiega sottoterra, una viabilità capillare percorre il suolo, automobili in marcia o in sosta vengono distrutte come fuscelli, edifici con i loro contenuti - preziosi in denaro o in affetti - vengono inondati dal fango, fino alla perdita di vite, come accaduto nel sottopassaggio di Prato, allagato da una pioggia di 105 mm in poco più di due ore. E dall’altro lato, proprio Prato insegna, l’impermeabilizzazione del suolo cementato e asfaltato aumenta le portate di ruscellamento e diminuisce i tempi di corrivazione, aggiungendo alla bomba d’acqua meteorologica l’alluvione-lampo antropogenica.

La scarsa cultura di protezione civile italica fa il resto: quanti sanno che anche il più massiccio Suv galleggia in mezzo metro d’acqua nella quale si perde il controllo e si viene trascinati via? Cent’anni fa, ammesso che un sottopassaggio fosse esistito, durante una pioggia così non ci si sarebbe entrati a piedi o a cavallo. Oggi la falsa sicurezza di un guscio di lamiera fa dimenticare che vince sempre l’acqua. E se poi i cambiamenti climatici ci si mettono pure ad aumentare la frequenza di questi eventi intensi, la prevenzione diventa ancora più necessaria. E la salvaguardia assoluta del poco suolo libero rimasto, anche.