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Sulla guerra al terrorismo Emmanuel Todd la pensa come Ahmadinejad

di Andrea Carancini - 06/10/2010

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Come si sa, il Presidente iraniano Ahmadinejad è un convinto revisionista non solo dell’Olocausto ma anche dell’11 Settembre. Le sue dichiarazioni in merito stanno diventando ormai imponenti anche da un punto di vista quantitativo. In questo caso però, più che sulle contestazioni di Ahmadinejad alla versione ufficiale dell’attentato delle Torri Gemelle, mi preme richiamare l’attenzione su una sua recente presa di posizione relativa alle conseguenze politiche di tale evento. I giornali di due giorni fa riportano infatti la sua osservazione secondo cui l’11 Settembre non sarebbe altro che “un pretesto con cui hanno invaso la nostra regione, versano il sangue delle persone e fanno quello che vogliono”[1] .

Questo giudizio di Ahmadinejad, limitatamente alle dette conseguenze (perché sul fatto in sé l’autore che sto per citare non è un revisionista) trova autorevole conferma in quanto espresso a suo tempo da Emmanuel Todd (foto), sociologo e demografo francese formatosi all’Università di Cambridge, nonché ricercatore presso l’Institut national des études démographiques di Parigi. Nel libro DOPO L’IMPERO – La dissoluzione del sistema americano, scritto nel 2002 e uscito in Italia nel 2003[2] , leggiamo i seguenti giudizi:

“Gli Stati Uniti dipendono sempre più dalle importazioni di Asia ed Europa e, per esorcizzare questa dipendenza e rimanere al centro del mondo, la Casa Bianca ha trovato una soluzione simbolica. Ecco allora la crociata contro il terrorismo mondiale: si concentra una forza immensa contro stati deboli e, allo stesso tempo, non si risolve mai nessuna crisi in modo definitivo, così da giustificare interventi militari continui” (quarta di copertina).

“Ma la nozione di terrorismo universale, che permette all’America di ridefinirsi leader di una crociata mondiale, d’intervenire ovunque in modo puntuale e superficiale come nelle Filippine o nello Yemen, d’insediare basi in Uzbekistan e in Afghanistan, di spingere avamposti in Georgia ai confini della Cecenia, non trova alcuna giustificazione sociologica e storica nell’esame della realtà del mondo. La nozione di terrorismo universale, assurda dal punto di vista del mondo musulmano, che uscirà dalla sua crisi di transizione attraverso un processo automatico di distensione, senza interventi esterni, è utile soltanto a un America che ha bisogno di un Vecchio mondo infiammato da uno stato di guerra permanente” (p. 47).





[1] http://www.repubblica.it/esteri/2010/10/03/news/ahmadinejad_l_11_settembre_pretesto_usa-7670838/
[2] Io utilizzo l’edizione del 2005 pubblicata da Il Saggiatore.