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In sedici anni ottantadue nuovi partiti

di Mattia Feltri - 06/10/2010

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Il Movimento sociale italiano di Gianfranco Fini, insieme con pochi altri, riuscì a sporgersi dalla prima repubblica e a mettere il naso nella seconda. Nel Parlamento nato nel 1994, dopo il referendum di Mario Segni e l'avvento del bipolarismo, c'erano anche i rimasugli del Psi, la Rete di Leoluca Orlando, la lista Pannella, naturalmente la Lega Nord, i Verdi allora guidati da Carlo Ripa di Meana. Ma forse il Msi fu l'ultimo partito della prima repubblica e Futuro e libertà, sempre di Gianfranco Fini, è certamente l'ultimo della seconda. Ma quest'altro record è destinato a essere battuto presto: quando nascerà l'ottantatreesimo partito? Se si contano (con qualche difficoltà e qualche margine di errore) soltanto i partiti che dal 1994 a oggi hanno avuto rappresentanza alla Camera dei deputati o al Senato (per aver ottenuto seggi alle elezioni o per essersi costituiti in gruppo o in sigla nel corso della legislatura), Futuro e libertà è infatti la formazione numero ottantadue.
La prolificità della democrazia italiana non è una qualità delle ultime due legislature, rissose, di frequenti compravendite, di prezzi alle stelle. Già in quel 1994 c'erano movimenti semi-marginali, venuti fuori dallo sbriciolamento di Mani pulite, come i Cristiano sociali nei quali si faceva le ossa Dario Franceschini, come Alleanza democratica di Willer Bordon, come il Patto Segni del suddetto Mario. E c'erano partitozzi di solido reducismo come quello Popolare di Mino Martinazzoli, o come il Centro cristiano democratico di Pierferdinando Casini. Ma siccome un po' si giocava sporco, o di riflesso, le camere ebbero due ulteriori Leghe, quella d'Azione meridionale e quella Alpina lombarda. Nell'anno e mezzo di premierato di Lamberto Dini, dopo il ribaltone, si cominciò timidamente a rimettere le carte in tavolo, a ricostituire identità, recinti sicuri: spuntò il Cdu (di ispirazione tedesca, come si vede) di Rocco Buttiglione, la Lega italiana federalista di bossiani delusi, la Federazione laburisti di Vaido Spini, altro passo di disgregazione socialista. Nella breve e recente storia dell'associazionismo parlamentare, il fermento dei superstiti e dei discendenti del Psi potrebbe occupare libri interi, separazione fra socialisti di destra e di sinistra, fusioni fra i socialisti demichelisiani e socialisti bobocraxiani, tentativi di ricomposizione di Enrico Boselli.
È stata persino più complicata la diaspora democristiana, con Casini, Buttiglione e Martinazzoli di cui si è detto, con l'Udr di Francesco Cossiga fondata nel 1998 per favorire la salita a Palazzo Chigi del primo (e ultimo) ex comunista, Massimo D'Alema, e da cui derivò l'Udeur di Clemente Mastella. Ma qua e là, oggi dimenticati, sono saltati fuori i Comitati Prodi, la Democrazia europea di Sergio D'Antoni, l'Italia di mezzo di Marco Follini, la Rosa Bianca di Savino Pezzotta e Bruno Tabacci, la incommensurabile sequela di Dc, l'ultima delle quali residente nelle mani di Gianfranco Rotondi, e di certo la Margherita di Francesco Rutelli, che nel frattempo è già entrato e uscito dal Pd per battezzare l'Api.
Naturalmente il conteggio che conduce alla vetta di ottantadue contempla il caso dei radicali, che una volta si chiamano lista Pannella, poi lista Bonino-Pannella, poi Rosa nel Pugno, ma sempre loro sono. Contempla alcune evoluzioni naturali tipo Pds-Ds-Pd. O tipo Msi-An-PdlFli. O tipo la fusione Ccd-Cdu che ha portato all'Udc. Ma non dimentica la sorte dei partiti storici, quelli del Pentapartito, come il Pli e Pri, che sprofondano, riemergono, cambiano nome, si scindono in gruppuscoli che durano qualche mese. Chi andasse a vedere troverebbe i liberali accasarsi nei partiti più strambi, ovviamente in Forza Italia, ma pure con Ad di Bordon, con Rinnovamento italiano di Lamberto Dini successivamente evoluto, appunto, nei liberaldemocratici, e poi con Segni, con Casini, e infine di nuovo col proprio nome brandito da Paolo Guzzanti. I repubblicani possono essere regionalisti popolari, europei, democratici con Antonio Maccanico, lamalfiani o sbarbatiani. Qualcuno, di certo, si sarà dimenticato della lista Magris costituita nel 1994 da Claudio Magris, che conquistò un seggio, il suo.
Ma chi ricorda gli Ecologisti democratici? Chi ricorda l'Unione democratica per i consumatori? L'Alleanza autonomista e progressista? Il Cantiere (Libertà e giustizia per l'Ulivo)? Il Movimento territorio lombardo? I Socialisti per la costituente? Una frotta di rivendicazioni morali, ideologiche, territoriali, dalle più nobili alle più speciose. E guarda caso la massima natalità si ebbe al Senato nella scorsa legislatura, quando il povero Romano Prodi aveva da elemosinare il sostegno del Movimento politico dei cittadini o del Partito democratico meridionale. A proposito del Movimento politi co dei cittadini, questo Movimento prima si chiamava Officina comunista e ora Per il bene comune; vive da una scissione del Partito dei comunisti italiani che a sua volta vive da una scissione di Rifondazione comunista che a sua volta visse per scissione dal Pds quando il Pds visse per trasformazione del Pci. Si capirà che se ci si fosse applicati a tutto il fermento extraparlamentare, non se ne sarebbe usciti interi. Eppure, per restare in area ex Pci, c'è il Partito comunista dei lavoratori di Marco Ferrando, i Comunisti-sinistra popolare di Marco Rizzo, naturalmente la Sinistra ecologia e libertà di Nichi Vendola, e almeno un'altra dozzina, Comunisti marxisti-leninisti (due partiti identici), Comunisti per la questione morale, una tal Piattaforma comunista, in una proliferazione che è di destra, di sinistra e di centro, e quindi Io Sud, Noi Sud. Forza Roma. Forza Lazio...