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Globalizzazione: la Cina investe in Grecia a scapito dei lavoratori autoctoni

di Enrico Oliari - 08/10/2010

Fonte: italiasociale



Accordo tra Atene e Pechino per ristrutturare il Porto del Pireo

 



Non è passata in sordina neppure in Italia la visita del primo ministro cinese Wen Jiabao, accompagnato da Wei Jiafu, a capo del gigante cinese dei trasporti Cosco (China Ocean Shipping Company) e dal governatore della Banca centrale cinese Zhou Xiaochuan, al suo collega greco Georges Papandreou lo scorso 2 ottobre: il gigante cinese si è impegnato ufficialmente a sostenere la ripresa economica del paese ellenico rendendosi disponibile ad acquistare, non appena verranno emesse dalla Banca di Atene, notevoli quantità di obbligazioni a lungo termine.
Non solo: la Cosco e quindi la Cina intende sviluppare il porto per Pireo per farvi approdare le merci destinate all’Europa centrale e questo nonostante i mezzi di trasporto su terra debbano poi transitare per la pur sempre instabile zona balcanica.
All’inizio la Cina sembrava esser interessata ad allargare la cooperazione con l’Italia, paese dove già entrano attraverso il solo porto di Napoli ben 1,6 milioni di tonnellate di prodotti cinesi e con Trieste che è situata poco distante dal confine austriaco, ma poi gli interessi di Pechino si sono diretti verso la Grecia, paese forse più facile da tenere al giogo di un investimento consistente.
Il debito greco ammonta infatti a 300 miliardi di euro, mentre l’Europa unita ed il Fondo monetario internazionale si sono resi disponibili a versare alla Grecia 110 miliardi di euro in cambio di un piano di austerità energico e mal sopportato a livello sociale.
Cina e Grecia si sono impegnate quindi a ristrutturare e a fortificare il Pireo e la Cosco ha ottenuto, fra le proteste dei lavoratori greci, la concessione per gestire per un periodo di 35 anni ben due terminal container.
Gli investimenti ammontano a 3,3 miliardi di euro per acquisire il controllo del molo a 564 milioni per migliorarne le strutture.
Inoltre la Cina si è vincolata con Atene a sostenere la marina mercantile greca con investimenti pari a 5 miliardi di dollari, oltre che ad acquistare 6 navi mercantili da armatori ellenici.
Il volume d’affari è impressionante, se si pensa che le importazioni dalla Cina in Europa sono cresciute dal 2003 al 2007 del 21% all’anno e che solo nel 2007 sono arrivate nel Vecchio continente merci cinesi per oltre 230 miliardi di euro.
D’altro canto va ricordato che l’economia cinese si appoggia per il 40 % sulle esportazioni, nonostante ampie fette della popolazione continuino a rimanere sotto il margine della povertà e l’industria spesso non tiene conto né della sicurezza dei lavoratori, né di quei diritti sindacali che a Occidente sarebbero scontati.
L’operazione “Piléo” non è comunque piaciuta ai portuali greci, i quali temono che il loro paese, preso al collo per l’ingente debito economico, possa perdere il controllo di uno dei settori strategici dell’economia.
Non solo: come ha spiegato il presidente del sindacato portuale George Nouhoutides, il quale ha definito l’accordo “catastrofico", "quando un paese in salute discute un affare con una nazione in difficoltà, chi è che detta le condizioni?”. Ed ancora: “la Cina vuole appropriarsi dell'etichetta del 'made in Europe' senza pagare le tasse e a condizioni favorevoli. Gli interessi della Grecia non contano".
Certo è che il controllo del Pireo sarebbe soltanto il primo passo per l’approdo della Cina in Grecia, poiché è prevista la costruzione in Attica ed in altre regioni del paese di centri logistici ideati per la distribuzione delle merci in tutta l’area balcanica.
Dopo il vertice di Asem, fra Europa unita e i paesi asiatici, la delegazione cinese, alla quale partecipano una decina di ministri, sarà attesta anche in Italia e quindi in Turchia, dove vi sono importanti interessi anche sul porto di Smirne.