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Israele. Nascita e morte di un mito

di Antonio Caracciolo - 08/10/2010





Non avrei mai pensato che il libro di Shlomo Sand, di cui ho già redatto una scheda sull’edizione francese, sarebbe apparso anche in italiano. Ed invece eccolo uscito presso Rizzoli, in una collana ad ampia tiratura e per questo al costo di soli 21,50 euro per un volume rilegato di 540 pagine. Se avessi lo stipendio del senatore Della Seta, credo non meno di 20.000 euro mensili con infiniti altri privilegi, invierei in dono a 314 + 1 (Ciarrapico) una copia del libro di Shlomo Sand anziché le 315 - 1 (Ciarrapico) “kippah”, come il detto senatore ha fatto sapere ai media. Non so se una “kippah” costi di più o di meno di 21,50 euro: non mi sono mai posto il problema. Ma il costo di 315 copie del libro sarebbe di 6772,5 euro, sopportabile su uno stipendio mensile di 20.000 euro. Il libro giunge nelle mie mani il giorno stesso in cui la signora Fiamma Nirenstein annuncia una “maratona oratoria”, dove un un nutrito gruppo di parlamentari ci racconteranno la loro “Verità per Israele”. Intanto, possono leggersela qui, nel libro, tradotto in italiano, di Shlomo Sand, dove in modo inconfutabile si illustra e divulga al gran pubblico una “verità” già nota negli stessi ambienti accademici israeliani: che il “popolo” ebraico è una creazione sionista nel contesto del dibattito sul nazionalismo che infuriò nella seconda metà del XIX secolo. Sono pure menzogne le leggende della deportazione degli ebrei dopo la distruzione del Tempio nel 70 d.C. Vi fu già prima di quella data una spontanea emigrazione di giudei, che si sparsero per ogni dove, tentando anche loro di fare proselitismo. Il maggior successo lo ebbero in Kazaria, nell’VIII-IX secolo, da cui traggono origine la maggior parte degli ebrei attuali. Se proprio vogliamo andare alla ricerca dei più diretti discendenti di quanti abitavano in Palestina nel 70 d.C., questi sono proprio gli odierni palestinesi, contro i quali gli ebrei ovvero sionisti di Kazaria hanno sempre condotto una politica di pulizia etnica. Se ci dovessimo esprime con una formula matematica, allora l’equazione sintetica ed inconfutabile sarebbe la seguente:

Israele = pulizia etnica della Palestina

L’arco temporale dell’equazione va dal 1880 al 2010, distinguendo due periodizzazioni principali: prima e dopo il 1948. Il “prima” concide con la preparazione ideologica e tecnica della “pulizia etnica”, che equivale al “genocidio”, mentre il “dopo” corrisponde alla sua esecuzione tecnica, che si avvale anche e soprattutto di una copertura mediatica e politica.

Erano visibilmente in lutto gli agenti della propaganda sionista per la lingua italiana che ne hanno dato la notizia: per la verità, devo ringraziarli sentitamente, perché proprio da loro ho avuto la prima notizia di una traduzione in lingua italiana che avevo auspicato e che mi sembrava difficile, anche per la limitata estensione dei lettori italiani e quindi per il minore margine di profitto commerciale rispetto alla lingua inglese o francese ma anche spagnola. Ma era già apparsa presso Mondadori la traduzione del grosso volume di Mearheimer e Walt sulla “Israel lobby e la politica estera americana”. Almeno altri due libri, disponibile per il pubblico che vuole essere informato ed è immune alla propaganda, stanno assestando un formidabile colpo al sionismo: di Ilan Pappe, La pulizia etnica della Palestina, e di Avraham Burg un libro dal titolo un poco strano, Vincere Hitler, ma che sostanzialmente è incentrato sulla mistica della Shoah come attuale fondazione ideologica dello stato di Israele. In soldoni il messaggio di questa mistica puà essere riassunto in questo modo: noi siamo quelli che “hanno sofferto”, decisamente più di tutti, e guai se qualcuno dice che ha sofferto di più; dunque, lasciateci fare con i palestinesi quel che vogliamo, abbiamo diritto a quell’atomica che nessun altro e meno che mai l’Iran deve avere, e che le carceri europee vengano stipate al massimo con quanti, “negazionisti”, pensino di fare le pulci sui fatti storici della seconda guerra mondiale; le loro “opinioni” non sono “pensiero” protetto dalle costituzioni e dalle dichiarazioni dei diritti universali dell’uomo, ma sono in se stesse “crimini” e quindi sanzionabili con il massimo delle pene, e per giunta a pena scontata simili criminali non sono “rieducabili” e non possono più essere ammessi nel contesto sociale con parità di diritti e di dignità. Per chi sa leggere il libro di Burg, che ha definito lo stato di Israele uno stato alla nitroglicerina, si traggono verità che i mediatori culturali (traduttrice, recensori, ecc.) cercano di sviare e ridimensionare. Faccio un torto a Jacob Rabkin, e non solo a lui, se ometto il suo fondamentale libro sul “nemico interno”, che ci fa capire meglio di altre fonti la distinzione fra giudeo, ebreo, sionismo, ed in sintesi chiarisce molto bene l’opposizione radicale e irriducibile fra il giudaismo fondato sulla Torah, dei vecchi ebrei praticanti e autenticamente religiosi, e gli “ebrei” (?) che hanno sposato la causa del sionismo, per non dire i lestofanti religiosi che interpretano alla lettera passi biblici che inneggiano al genocidio e dove sono descritte pratiche che oggi verrebbero condannate da qualsiasi tribunale internazionale per i crimini di guerra.

Avendo già dedicato al libro di Sand una scheda relativa all’edizione francese, svolgeremo su questa scheda le considerazioni e le riflessioni che nascono dalla lettura e rilettura del testo, mentre in questa scheda seguiremo con attenzione quella che sarà la recezione italiana del libro, per la quale oltre al lutto dei “Corretti Informatori” si segnala una recensione del sionista Paolo Mieli, la cui presenza è annunciata oggi sul palco della signora Nirenstein. Abbiamo già dato una scorsa alla recensioni di Mieli e ci è parsa un menar il can per l’aia, dando un sunteggio del libro (che forse non aveva prima letto, in ebraico o in francese, e deve ancora finire di leggere in italiano) e nascondendo tra le righe la sua costernazione per un libro che sarà impossibile stroncare. Esce poi addirittura presso Rizzoli! Esisteva una volta in un settimanale a larga diffusione una rubrica intitolata “segreti degli editori”. Sarebbe veramente intereressante sapere come si è giunti ad un’edizione italiana, a cui non speravo e che mi sorprende. Ce lo potrebbe dire forse la traduttrice Elisa Carandini, se raggiungibile e intervistabile. È da suppore che la traduzione del testo sia tratta dall’originale ebraico: e chi può avere interesse alla conoscenza di questa lingua? Sarebbe doveroso un riscontro della traduzione: ma chi è in grado di farlo fra quanti conoscitori dell’ebraico non siano di parte sionista?
 
PS Post in elaborazione: si avvisano quanti intendono riprendere sul loro blog questo mio testo, come già tanti altri, che la mia scrittura è in tempo reale ed online: vi sono perciò tanti refusi che devo correggere, ed anche parti sostanziali che posso decidere o di sopprimere o di formulare meglio. L’avviso vale anche per i “nemici”, e mi affido alla loro onestà, se mai ne hanno avuto una.