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C’è un’ombra nella vita di Nostradamus, un sospetto pesante come un macigno

di Francesco Lamendola - 11/10/2010


C’è un’ombra nella vita del medico, astrologo ed esoterista Michele de Notre-Dame, meglio noto come Nostradamus (1503-1566), l’autore del celeberrimo volume «Centurie et prophéties», del 1555, sul quale tuttora si affaticano e, talvolta, si accapigliano studiosi di ogni scuola e di ogni tendenza, ora per esaltarlo come il massimo autore di profezie veridiche di ogni tempo, con la sola eccezione - forse - di San Malachia; ora per denigrarlo e qualificarlo come un impostore e un ciarlatano.
I suoi biografi, in genere, tendono a sorvolarle su di essa o, addirittura, a passarla sotto silenzio, specialmente - come è ovvio - quelli della parte a lui favorevole; di certo non vi sono elementi sicuri, ma soltanto indizi e sospetti, che hanno portato già alcuni suoi contemporanei ad avanzare un dubbio oltremodo inquietante, pur senza riuscire ad incrinare la fama di cui egli godette in vita né, per vero dire, a scalfirla neppure adesso, a distanza di oltre quattro secoli e mezzo.
Si tratta della morte rapida e improvvisa della sua prima moglie, di cui non sappiamo con certezza neanche il nome - forse una Henriette d’Encausse - e dei loro due figli ancora piccini, nel 1537; di solito i biografi di Nostradamus ci informano che essi caddero vittime di una epidemia di peste e tirano avanti, senza troppo approfondire. Ma siamo sicuri che le cose siano andate così? Benché non esistano elementi certi di sospetto e meno ancora di colpevolezza, tuttavia un’ombra è rimasta su questo oscuro episodio, verificatosi una decina d’anni prima che egli si stabilisse a Salon e sposasse una ricca vedova, Anne Ponsarde, dalla quale ebbe in seguito tre figli.
In breve, si tratta di questo: osservando alcune curiose coincidenze, prima fra tutte la temporanea assenza di Nostradamus da casa proprio quanto l’improvvisa malattia colpì i suoi cari, alcuni contemporanei ebbero l’impressione che ci fosse qualcosa che non andava, non solo in quel tragico evento, ma anche nel successivo comportamento del Nostro, che partì bruscamente da Agen e si diede a una lunga serie di viaggi incessanti, non solo in Francia, ma anche in Italia, passando per Genova, Venezia, Torino e infine Milano; come se un segreto peso sulla coscienza gli impedisse di trovare requie in una sosta definitiva.
Insomma, per parlar chiaro, fu ventilata l’ipotesi che Nostradamus non fosse per nulla estraneo alla morte della moglie e dei figlioli, sulla quale, forse, ne avrebbe saputo fin troppo: al punto da esserne il vero responsabile.
Nostradamus aveva contratto il primo matrimonio ad Agen, dove si era recato nel 1531 su invito del signore Giulio Cesare Scaligero, medico, letterato, perfetto esemplare di quelle figure di grandi umanisti nei quali alla indubbia genialità e alla cultura smisurata si aggiungeva, talvolta, una punta di avventurismo, mescolato a torbida ambizione, sì da ammaliare i contemporanei con lo splendore delle loro doti e della loro magnificenza, ma anche da lasciarli un po’ pensosi, se non anche disturbati, da un non so che di ambiguo e di pericoloso che emanava dalla loro vita, specie quando non ne erano noti tutti i particolari (come questo appunto era il caso, a cominciare dall’origine: francese o italiana?).
Si tenga anche presente che Nostradamus, figlio di un ebreo convertito al cattolicesimo, ebbe frequentazioni eretiche, specie nell’ambito degli ugonotti, i calvinisti francesi (allora ferocemente in lotta con i loro connazionali cattolici); e che un po’ per questo, un po’ per certi suoi studi esoterici di matrice piuttosto pagana che cristiana, fu guardato con un certo sospetto dalle autorità ecclesiastiche; anche se poté godere, in seguito, della protezione decisiva della regina consorte Caterina de’ Medici, figlia di Lorenzo II de’ Medici, duca di Urbino, e moglie del re di Francia Enrico II.
Ma ecco come questa sconcertante possibilità è stata tratteggiata da una delle più complete e ricche edizioni italiane delle «Centurie», in tre volumi, a cura di Carlo Patrian («Nostradamus, le 1.000 profezie», Aldo Peruzzo Editore, s. d. , vol. 1, pp. 160; 180; 200):
«Conseguito il dottorato in medicina nel 1532 nella vita di Nostradamus si apre un nuovo capitolo. Il giovane non accetta la prospettiva di una tranquilla carriera e decide di riprendere i viaggi. Percorre le campagne della Linguadoca e della Provenza, con brevi soste in città come Bordeaux e La Rochelle. La sua fama si diffonde e tutti, signori e contadini, gli aprono le porte offrendogli una calda accoglienza. Nonostante la giovane età si vedono in lui capacità non comuni. Si trovava a Tolosa quando ricevette l’invito di recarsi ad Agen da Giulio Cesare Scaligero. Tipico uomo del Rinascimento, Scaligero, nato nel 1484 a Riva del Garda, pretendeva di discendere dai Della Scala di Verona. Da giovane aveva seguito le truppe dell’imperatore Massimiliano passando poi al servizio del re di Francia finché, durante una pausa dedicata agli studi di medicina, accettò di seguire Angelo Della Rovere, nominato vescovo di Agen, sulla Garonna. Qui comprò una fastosa villa e si dedicò completamente agli studi umanistici. Spinto da una sconfinata ambizione, non poteva tollerare che nessuno gli fosse superiore. Nel 1531 scrisse un libello carico di insolenze contro il più grande letterato e filosofo del tempo, Erasmo da Rotterdam. Questi non si degnò nemmeno di replicare e Scaligero, cinque anni più tardi, compilò uno scritto ancora più astioso concluso però quando l’avversario era già morto. Incuriosito dalla fama di Nostradamus, Scaligero lo invitò ad Agen per scambiare le proprie conoscenze mediche. Nostradamus sulle prime rimase affascinato dall’ospite, che più tardi definì non inferiore per l’eloquenza a Cicerone, per la poesia a Virgilio e per a medicina a Galeno, e trascorreva gran parte della sua giornata con lo Scaligero e a sua famiglia (dalla moglie Audiette Roques-Lobejac, sposata a 41 anni, avrebbe avuto 15 figli). Nostradamus pensava di fermarsi a Agen pochi mesi: vi rimase alcuni anni. Non solo per la presenza dello Scaligero ma anche perché conobbe una giovane di cui si sanno solo i capelli neri e gli occhi chiari con venature dorate. La sposò nel 1534, a 31 anni.
C’è un giallo nella vita di Nostradamus su cui permane un fitto velo di mistero. Dopo tanto girovagare il futuro profeta sembrava aver trovato un approdo sicuro ad Agen; l’amicizia con Scaligero e il matrimonio con una donna bruna, la quale oltre alla serenità domestica aveva portato al giovane medico anche una cospicua eredità. Il felice periodo fu drammaticamente interrotto nel 1538 quando Nostradamus, in viaggio con la sua mula per andare a visitare un malato di una città lontana, fu raggiunto da una lettera: la moglie e i figlioletti, diceva il messaggio, erano stati colpiti da una malattia sconosciuta. Rientrato precipitosamente a casa, non poté fare altro che assistere all’agonia dei familiari. In pochi giorni il morbo, che nessuno era riuscito a diagnosticare, stroncò le tre esistenze. Per Nostradamus si aprì un periodo assai inquieto, non solo sul piano degli affetti. Già prima della tragedia familiare le sue amicizie con persone vicine ai protestanti come lo stesso Scaligero e Filippo Sazzarin, un giovane insegnante che aveva preso a frequentare la sua abitazione, lo avevano coinvolto in un’inchiesta per eresia aperta a Agen da un plenipotenziario dell’Inquisitore di Tolosa in seguito a una lettera anonima. Il procedimento non ebbe conseguenze ma ormai intorno a lui c’erano troppi sospetti. Inoltre nella cittadina sulle rive della Garonna molti si erano stupiti che il brillante medico, che in privato coltivava le scienze magiche, fosse stato impotente di fronte alla malattia dei congiunti. Infine i parenti della moglie, che pretendevano la restituzione della dote, lo avevano condotto in tribunale. Così Nostradamus decise di abbandonare definitivamente Agen. Ma la verità è forse più drammatico. Alcuni studiosi nell’estremo riserbo che il futuro profeta ha sempre mostrato nel parlare di queste circostanze vedono una traccia di colpa. Ecco dunque una ricostruzione, che però i più respngono come fantasiosa ed ingiustamente ingiuriosa per Nostradamus. Una sera, dunque, Nostradamus si accorge che, approfittando delle sue numerose assenze, la moglie era divenuta amante di Sazzarin. Forse i figli non sono nemmeno suoi. Il medico, desideroso di vendicarsi, distilla un potente veleno dall’azione ritardata, che versa in una confettura che sarà presentata in tavola il giorno successivo. Con una scusa, con una scusa non assaggia il dolce, che viene invece servito alla moglie e ai bambini, e riparte per un nuovo viaggio di lavoro. La lettera che lo raggiunge non è dunque per lui una sorpresa.
Mentre la Francia è dilaniata dalle guerre con l’Impero e, all’interno, dalle persecuzioni contro gli eretici (l’editto di Fontainebleau è del 1540), per Nostradamus inizia un lungo tormentato periodo. L’angoscia, forse anche il rimorsi per la misteriosa morte ad Agen della moglie e dei due figlioletti e i sospetti di eresia che si addensano su di lui lo spingono lontano, in frenetici viaggi in tutta Europa.»
Riassumendo.
Gli inizi, se così vogliamo chiamarli, a carico di una presunta colpevolezza di Nostradamus per la tragica morte della prima moglie e dei due bambini, sono i seguenti:
1. Nostradamus non parla mai del suo primo matrimonio, dei suoi primi figli morti ancora piccolissimi; addirittura, non scrive mai il nome della defunta sposa. Certo, può essersi trattato di riserbo e di pudore dei propri sentimenti, ma anche di rimorso e senso di colpa; tanto più che, per le altre vicende della sua vita, egli non è mai così misterioso.
2. Di questa donna sappiamo quasi soltanto, oltre al colore degli occhi e dei capelli, che era ricca (come lo sarà anche la seconda moglie; questa, però, vedova) e che portò a Nostradamus una grossa dote; dote che i parenti di lei rivendicarono dopo la sua fine prematura, trascinando il Nostro in una spiacevole causa giudiziaria.
3. Si continua a dire che la moglie e i due figlioletti morirono di peste, ma la cosa non è certa e non è provata. Inoltre, se davvero si trattò di una epidemia di peste, come giudicare il comportamento del giovane sposo e padre, che si allontana da casa, lui medico, proprio in simili frangenti, lasciando sole ed esposte le persone più care?
4. Quando tornò ad Agen, Nostradamus trovò i tre malati ancora in vita; li vide spegnersi uno dopo l’altro, senza riuscire a far nulla per aiutarli. Eppure egli godeva fama di medico eccezionalmente esperto e competente.
5. Il giovane Sazzarin frequentava assiduamente la sua casa e, pertanto, aveva sia la possibilità, sia, volendo, l’occasione di profittare delle sue assenze per motivi di lavoro, per intrecciare una relazione con la moglie di lui; relazione di cui vi è un riflesso nelle chiacchiere dei concittadini dopo la tragica morte della donna.
6. Un altro riflesso, forse, lo si può cogliere nello stesso procedimento legale intrapreso dalla famiglia della defunta sposa, per rientrare in possesso della dote a suo tempo assegnatale. Infatti, si sarebbe portati a giudicarla una iniziativa piuttosto discutibile, a meno che anche all’orecchio dei parenti di lei non fossero giunte voci e insinuazioni o se, forse, loro stessi non avessero nutrito qualche sia pur vago sospetto.
7. Nella sua qualità di medico, Nostradamus dovette probabilmente redigere lui stesso il certificato di morte e ciò lo mise nelle condizioni di poter scrivere su quel documento qualsiasi cosa, senza doverne rendere conto ad alcun altro; pertanto, se la vera causa di quelle morti fosse stato l’avvelenamento, nessuno lo avrebbe mai saputo.
8. Pare che lo stesso Giulio Cesare Scaligero non fosse estraneo alle inchieste dell’Inquisizione di Tolosa che si interessarono anche a Nostradamus, alle sue opinioni religiose e alle sue ricerche nel campo della magia. Non potrebbe darsi che Scaligero, essendo la persona che egli più frequentava all’epoca e che, quindi, lo conosceva meglio di ogni altro, nutrisse anch’egli qualche sospetto, e intendesse mettere le autorità sulle tracce di un possibile, se non probabile, delitto rimasto impunito?
9. Poco dopo il tragico epilogo del suo matrimonio, il Nostro parte da Agen bruscamente, per non farvi mai più ritorno; e inizia una lunga serie di viaggi che lo porteranno lontano per diversi anni. Quella decisione era dettata dal desiderio di dimenticare, oppure da quello di farsi dimenticare, date le voci che cominciavano a correre sul suo conto?
10. Nostradamus, dopo quella vicenda, non viaggia solamente in Francia, ma si spinge all’estero e percorre l’Italia settentrionale in lungo e in largo, apparentemente per motivi di studio e di ricerca. Oppure era un modo abbastanza abile per sottrarsi ad una eventuale inchiesta delle autorità francesi, sia religiose che civili; e non solo per le sue frequentazioni protestanti e le sue pratiche magiche, ma anche per l’oscura morte della moglie e dei figli, i quali ultimi, secondo le malelingue, non erano suoi, ma del Sazzarin?
Nessun elemento di certezza, dunque; anzi, a ben guardare, nessun elemento suscettibile di configurare la possibilità di una accusa vera e propria. Potrebbe trattarsi di mere coincidenze, dopo tutto, ciascuna delle quali suscettibile di trovare la più semplice e naturale delle spiegazioni, senza scomodare l’ombra di un “giallo”.
E tuttavia…
Tuttavia, bisogna ammettere che le coincidenze non sono poche; che sono, anzi, parecchie; e che, messe insieme, formano qualcosa di più che una semplice somma aritmetica: delineano un quadro dai contorni vagamente inquietanti, per non dire torbidi.
Questo è tutto quel che si può onestamente dire: né di più, né di meno; rimane, quindi, e quasi certamente rimarrà per sempre, un dubbio senza risposta.
Eppure, se si tratta di un dubbio ingiusto e assolutamente non provato, come spiegare tutto il riserbo, tutto l’imbarazzo, se non addirittura il silenzio assordante dei biografi di Nostradamus, quasi tutti suoi ammiratori, su quella pagina remota della sua vita?
Se si ammette, anche solo in via di mera ipotesi, la possibilità della sua colpevolezza, allora si potrebbe anche osservare che il fatto di scrutare ogni notte nel libro misterioso del futuro, componendo le sue famose centurie, potrebbe essere stato, per Nostradamus, un modo come un altro per tentar di esorcizzare l’ombra un passato inconfessabile.