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Crisi in Ecuador: un test di prova o un annuncio dei tempi che verranno?

di Carlos Pereyra Mele - 11/10/2010



Crisi in Ecuador:  un test di prova o un annuncio dei tempi che verranno?

Nelle prime ore di stamane, l’America del Sud è stata sorpresa da una sollevazione delle forze di polizia dello stato ecuadoriano. (Con il pretesto di protestare per essere stati privati di una serie di privilegi). Non era chiaro inizialmente come si sarebbero comportate le forze armate di fronte a questa azione sovversiva con un chiaro atteggiamento di sfida contro il Presidente della Repubblica e che a metà mattinata si aggravava con atti di violenza verso il Presidente e le sue guardie, quando si è diretto con decisione al Quartiere dove si trovavano i principali responsabili della rivolta, a intimare loro di cambiare atteggiamento, e che dopo in maniera sospetta questo atteggiamento dei faziosi, è stato accompagnato da una serie di “saccheggi” nelle principali città dell’Ecuador, evidentemente pianificati, per produrre la sensazione di vuoto di potere e crisi del governo.

L’atteggiamento del Presidente ha messo in difficoltà i settori militari che non sapevano in quel momento se stavano partecipando o no ad un colpo di stato. L’Ecuador nelle sue ultime vicende politiche ha vissuto momenti di grande tensione e di permanenti atteggiamenti destabilizzatori con presidenti deposti o obbligati da Manu a prendere decisione a favore dei gruppi corporativi o a “incidenti” che hanno eliminato loro stessi. (Dall’anno 2000: l’Ecuador ha avuto 11 presidenti compreso Correa che governa dal 2007). Perciò l’atteggiamento deciso del presidente Correa di affrontare la base della rivolta, ha deviato il destino dei ribelli, dal momento che in queste ore del giovedì notte le forze armate hanno ratificato la loro lealtà all’alto comandante delle stesse. (Visti gli antecedenti sopra menzionati, non è stato un atteggiamento teatrale quello della pazienza nei confronti dei ribelli, come riportato da alcuni organi della stampa).

Diminuisce la possibilità di un colpo di stato in Ecuador, ma ciò non ci deve far perdere di vista le conseguenze per la regione che provocherebbe il trionfo della rivolta e ci obbliga ad analizzare le varie difficoltà che aleggiano dietro le quinte di questa prove, dal momento che è la prima azione diretta di un colpo di stato tradizionale in America del Sud nel primo decennio di questo XXI secolo, (visto che l’altro è stato nel Caribe nella Repubblica di Honduras), ci deve portare a comprendere il perché di questo colpo abortito, e che si nascondono dietro ad una pseudo rivendicazione salariale.

Il presidente Correa ha commesso vari atti che hanno causato una profonda preoccupazione tra i rami del potere e che sono stati allo stesso tempo da esempio per altri presidenti, tra cui dobbiamo far notare: la nazionalizzazione della Banca Centrale, la “revisione” del debito estero e con esso l’obbligo per la Banca finanziaria mondiale di rinegoziare e di realizzare forti remissioni nel momento in cui è stata determinata la frode della stessa e, questo tema non è da meno, quando vengono analizzati poteri e corporazioni globali; neanche l’attuale amministrazione Correa ha rinnovato l’”affitto” della base aeronavale di Manta che manteneva gli Stati Uniti in Ecuador, il che ha obbligato il Comando Sud statunitense a trasferire la stessa alle nuove basi militari che gli ha concesso l’ex presidente colombiano Álvaro Uribe. Si deve tenere in conto in un’analisi geopolitica che l’Ecuador è l’unico paese della conca del Pacifico che non è o alleato militare degli USA (Colombia-Plan Colombia) o alleato economico con gli USA attraverso un TLC (Tratado de Libre Comercio como Perú y Chile). Dal punto di vista geopolitico e geostrategico degli Stati Uniti, l’Ecuador è uno scoglio per i loro piani di controllo e sicurezza nazionale (per assicurarsi i mercati e le risorse naturali soprattutto quelle energetiche), tenendo in conto che l’Ecuador si è trasformato in un importante esportatore di petrolio e che ultimamente è un paese con forti investimenti cinesi, i quali spostano rapidamente l’influenza economica degli Stati Uniti nello stesso. Tutti questi punti sopra citati saranno la causa della rivolta? E il perché del lungo silenzio del Dipartimento di Stato per ripudiare energicamente l’azione sovversiva della polizia?

Quello che si deve tenere ben presente è che questo test di prova è un messaggio per i paesi della UNASUD (i quali hanno reagito positivamente con una riunione straordinaria dei loro presidenti nella città di Buenos Aires, ratificando il loro appoggio a Correa e rifiutando i sovversivi), quindi si mette nuovamente alla prova la sua capacità di consolidare un blocco continentale senza ingerenze da parte di potenze fuori dal Sudamerica, (come successe in passato quando ha impedito: la secessione della Mezzaluna boliviana e dell’aggravamento del conflitto come conseguenza dell’attacco militare della Colombia sul suolo ecuadoriano per eliminare i guerriglieri delle FARC), questa è una nuova sfida al consolidamento della UNASUR e con esso permettere il consolidamento dell’America del Sud, come uno spazio geopolitico e geoeconomico che si appelli al mondo multipolare che si sta formando e non essere più il cortile posteriore di nessuno. La insubordinazione ai modelli che ci ha pianificato la globalizzazione stanno scricchiolando e in questa cornice dobbiamo vedere il fallimento di questa sollevazione. Attenzione, non è in gioco la implementazione della cosiddetta “rivoluzione cittadina” di Correa, ma qualcosa di superiore alle nostre unità politiche amministrative, conseguenza della balcanizzazione a cui siamo stati sottoposti dopo la separazione dal Regno di Spagna proprio 200 anni fa, è in gioco la possibilità per l’America del Sud di essere un nuovo potere tra pari.


Traduzione a cura di Daniela Mannino