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Un piccone nel muro dell'oblio

di Giovanna Canzano - 13/10/2010

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Giovanni Luigi Manco, scrittore dallo stile incisivo e avvincente ci guida con la sua ultima opera, La Reggenza del Carnaro, nella ricostruzione della breve ma intensa vicenda storica che nella prima metà del secolo scorso, a ridosso dell'esperienza sovietica, ha visto il più grande poeta italiano, Gabriele D'Annunzio, e i leader dell'estrema sinistra italiana, Alceste De Ambris ed Errico Malatesta, con l'appoggio esterno ma solidale di Antonio Gramsci, impegnati a creare, sulle sponde orientali dell'adriatico, un nucleo di avanguardia rivoluzionaria volto a promuovere l'emancipazione del proletariato e la liberazione dei popoli oppressi.

La Reggenza è il primo a riconoscere l'Unione Sovietica, che a sua volta riconosce ufficialmente la “libera Repubblica di Fiume” o “Libero Stato di Fiume”.

La Costituzione, redatta da Alceste De Ambris, contempla la democrazia diretta sulla base dei postulati del sindacalismo rivoluzionario, attraverso istituti di partecipazione popolare che si immaginava informassero pure la Russia dei Soviet. Alcuni organi collegiali militari del governo richiamavano comunque, a tutti gli effetti, quelli dei soviet: gli ufficiali di qualsiasi ordine e grado avevano pari peso nelle decisioni. Una democrazia diretta, diametralmente opposta a quella formale, indiretta, speculare all'esercizio del potere borghese, il cui massimo organo, il parlamento dei rappresentanti con delega in bianco, è definito da D'Annunzio “luogo malfamato da diroccare”.

Riconosce “la sovranità di tutti i cittadini senza divario di sesso, di stirpe, di lingua, di classe, di religione”, afferma l'uguaglianza dei sessi, introduce il divorzio, contempla il diritto al voto e al lavoro per la donna, il suo affrancamento dall'autorità “maritale”.

Garantisce e tutela la libertà di associazione, riunione e stampa.

Assicura ai lavoratori il diritto al minimo salariale, alla pensione, e stabilisce che “nessuna proprietà può essere riservata alla persona quasi fosse una sua parte. (...) Unico titolo legittimo su qualsiasi mezzo di produzione e di scambio è il lavoro.”

La Costituzione di De Ambris e le parole di Malatesta sono, per la base proletaria, micce: “Resteremo sempre nemici di qualsiasi governo, sia quello monarchico di oggi sia quello repubblicano o bolscevico di domani.” (Frammenti di Novecento, Errico Malatesta anarchico per antonomasia – il manifesto, 3 gennaio 2007)

Il binomio arte-vita si combina con l'azione politica e l'immaginazione diventa l'arma di una “controsocietà” sperimentale, con idee e valori del tutto nuovi: trasgressione della norma, antiproibizionismo, liberazione sessuale, naturismo, ecc.

A Randolfo Vella, giornalista di “Umanità Nova”, il primo a giungere a Fiume, D'Annunzio confida: “...sono per il comunismo senza dittatura (...) E' mia intenzione fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse.“

Scorrendo le pagine di Giovanni Luigi Manco l'impresa fiumana si chiarisce molto più che l'episodio isolato, descritto in poche righe dai libri scolastici, appare tutt'altro l'evento più febbrile, glorioso, gioioso, dionisiacamente fulgido del novecento italiano. La valenza rivoluzionaria della Reggenza, l'essere stata lo specchio della contestuale complessità del primo dopoguerra, del suo bisogno di cambiamento, del sentire e delle aspirazioni di tutto un popolo, ha fatto si che tutta la società italiana ne sia stata segnata fino ai nostri giorni.

Il fascismo, nato come movimento nazionale di sinistra, legato anch'esso a doppio filo con il sindacalismo rivoluzionario, ha tenuto a proclamarsi suo erede, ad adottare apertamente i suoi riti, i suoi simboli, rimanendo però distante dai suoi contenuti, anche perché muoveva i suoi passi in una realtà, quella italiana, tradizionalmente retriva.

Circostanza per cui mentre alcuni legionari solidarizzarono con il fascismo, altri, i più idealisti, intransigenti, costituirono la prima, la più grande, organizzazione antifascista “Gli Arditi del Popolo”, attiva nei primi anni del fascismo e nella sua fase finale.

La fine del fascismo segna però, per molti aspetti, uno stravolgimento delle attese nel dopoguerra, pilotato dal partito di maggioranza relativa, ipocritamente moralista e papalino, reazionario fin nel colore delle sue bandiere, il bianco, che consente all'industria di utilizzare selvaggiamente la manodopera (nel 1966 il salario medio di un operaio è di 70mila lire al mese, poco più di 600 euro, mentre l'Istat fissa a 100mila lire il minimo indispensabile per famiglia tipo).

Contro la violenza di questo mondo, lontano dai bisogni e dal sentire dei lavoratori, scendono in campo, negli anni '70, i giovani, sul fil rouge della rivolta fiumana. Il programma politico è sintetizzato da motti carichi di emotività, proprio come nella rivolta sulle sponde del Carnaro. I più famosi, come “L'immaginazione al potere”, “Vietato vietare”, sono di fatto una riproposizione modernizzata di quelli. Il memorabile “disobbedisco” dannunziano diventa “proibito proibire”. Gli slogan sono scanditi ad alta voce nei cortei, dipinti e illustrati marinettianamente con bombolette spray sui muri. L'antiproibizionismo, il nudismo, il libero amore nelle sue libere espressioni, si ripetono nello stesso spirito della Reggenza.

Fiori nelle canne dei fucili dei legionari, fiori dei contestatori in risposta ai manganelli della polizia, impegnata a disperdere i loro raduni.

Non pochi autori, anche di prestigio, come Claudia Salaris con il suo recente “Alla festa della rivoluzione, edito dal Mulino, si sono occupati dell'impresa fiumana, ma solo e sempre di un suo singolo aspetto, ora questo ora quello, mai dell'impresa in tutta la sua interezza e complessità. Giovanni Luigi Manco rimedia brillantemente a questo limite, ma non solo, ne segue gli effetti, i riflessi in tutto il novecento e scopre l'attualità dei suoi programmi, motivi ispiratori nella crisi della contemporaneità.

Il superamento del vincolo di gerarchia non è più un'utopia da quando l'organizzazione del lavoro, da verticale e subordinato, si è trasformato in orizzontale e creativo, consentendo di porre termine alla scissione tra cultura e processo materiale di civilizzazione. Tutti i lavoratori (dirigenti, tecnici, impiegati, operai) si muovono di fatto nella stessa direzione, sono insieme creatori di utilità e hanno tutto l'interesse a collaborare tra loro. La controparte della borghesia non è il proletariato al suo livello più basso, ma il proletariato nel suo complesso, tutti gli strati sociali estranei ictu oculi alla borghesia, tutti i percettori di reddito da lavoro dipendente. Il capitalismo può essere sconfitto se i lavoratori riconoscono nelle unità di servizio e produzione il luogo naturale di massima forza per inserirsi direttamente nel proceso decisionale.

La democrazia diretta, propugnata nella Costituzione del Carnaro, è oggi più che una possibilità, l'alternativa alla vecchia, cattiva prassi politico-governativa.

In tempo di internet far conoscere un progetto di legge e sapere quanti lo approvano è semplicissimo. La moderna carta magnetica di identità consente di votare a qualsiasi distanza senza possibilità di brogli o duplicazioni.

Milioni di computer, milioni di terminali, trenta milioni di utenti possono collegarsi tra loro a prescindere dalla distanza. Nessuno controlla la rete, nessuno comanda, nessuno proibisce, tutti possono chiedere informazioni e registrare su carta o disco.

Quando le decisioni nascono dalla diretta esperienza quotidiana, l'evidenza delle cose, la ragione pratica, si impone nel modo più naturale. Quando invece a legiferare sono politicanti, divisi su tutto dall'ambizione e giogo clientelare, si afferma l'incompetenza, l'insanabilità dei pregiudizi.

Un saggio indubbiamente interessante, quasi un manifesto rivoluzionario, che ricordando le lotte socialiste di ieri e la progressiva cancellazione dei diritti lavorativi e costituzionali di oggi, è un colpo di piccone nel muro dell'oblio.

Quasi una profezia le parole di D'Annunzio: “Qualunque sforzo di liberazione non può che partire da Fiume, dove le nuove forme di vita non soltanto si disegnano ma si compiono; dove il cardo bolscevico si muta in rosa italiana: in rosa d'amore.”

BIBLIOGRAFIA

Buddha, la via dei padri , Sentiero Luminoso, 2003, pag. 363, 7 euro, http://www.jubaleditore.net

La città fiorita, il divenire del socialismo in Mussolini, ed. all'insegna del Veltro, 1988,                     pag. 142, 14 euro, http://www.insegnadelveltro.it

Immenso e Rosso, nuovo Socialismo, 1981, 2000 £

Alchimia del dolore, Solaria, 1991, pag. 134, 5000 £

Zefiro, Solaria, 1992, pag,110, 8000 £

La frazione, Gruppo Due, 1978, pag. 1000, 2500 £

Marino, sacerdote di Melissano, ed. Movimento Nonviolento, 1990, Perugia. 5000 £