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Come fa un consesso accademico a parlare di “verità storiche indiscutibili”?

di Claudio Moffa - 14/10/2010

Fonte: claudiomoffa.it

HO CHIUSO IO IL MASTER, IL CONSIGLIO DI FACOLTA' HA SOLO PRESO ATTO DELLA MIA SCELTA, CHE RISALE AL 23 SETTEMBRE SCORSO. MA RESTA LA GRAVITA' DEL COMUNICATO DEL SENATO ACCADEMICO, CHE SI ARROGA IL DIRITTO DI PARLARE DI "VERITA' STORICHE INDISCUTIBILI". IL TRAVISAMENTO DEL TG 5: LA MESSA AL BANDO NON C'E' STATA


Dall’1987 al 1990 mi impegnai nei Quaderni internazionali: tre numeri di una rivista con un Comitato scientifico formato da studiosi e accademici di alto livello – Santarelli, Beonio Brocchieri, Carmagnani, Turri ed altri – collaboratori che spaziavano da Paul Sweezy a Susan George passando per Bruno Amoroso e Guido Valabrega, ottime recensioni sulle riviste specializzate e sui quotidiani della sinistra (una pagina intera de l’Unità), e una presentazione affollatissima a San Lorenzo della monografia su “il no di Cuba”. L’ultimo numero, perché nonostante il successo della pubblicazione, alla fine mi stancai e passai ad altre cose. Dopo una serie di pubblicazioni tipicamente accademiche, alla metà degli anni Novanta fu la volta de La lente di Marx: anche in questo caso un buon esito, con scritti e collaborazioni di Accame (Falco), Russospena, Matthiae, Rescigno, Rodotà, Barcellona, e un dossier Ebrei brava gente che andò a ruba e fece scandalo perché metteva in luce la contraddizione di una cultura di sinistra pronta (giustamente) a vagliare criticamente i propri connazionali, ma incapace o nolente di fare la stessa cosa  quando si parlava di altre culture. Ma ancora un altro numero, e poi anche questa iniziativa la misi da parte, nonostante avesse avuto una buona recensione di Gianfranco Ravasi su L’Avvenire, e una chiosa in un editoriale di Antonio Socci su il Giornale.
Oggi è la volta del master: amici e collaboratori sanno che da almeno un paio d’anni vado dicendo che il master mi ha stancato perché toglie spazio ad altri progetti per me ormai molto più importanti – a cominciare dallo scrivere qualcosa di più che degli articoli – e dunque ho ricordato io oggi al Consiglio di Facoltà che la domanda dell’edizione 2011 era stata nei fatti da me già ritirata il 23 settembre scorso, e che non intendevo continuare su questa strada. Una strada segnata soprattutto a questo punto da ripicche autolesioniste, tu mi boicotti ed io reagisco, che per me ormai sono prive di senso: sia perché la mia vittoria l’ho avuta, il rientro nell’Ateneo nel 2009 dopo una chiusura che era stata pensata come definitiva dai suoi decisòri, e alcune lezioni irriverenti a Roma, fra cui quella di … Faurisson; sia perché il master è solo uno dei tanti strumenti possibili per esternare argomentazioni, temi, risultati di ricerche che finalmente potrò svolgere e portare a termine.
Questo non vuol dire assolutamente né che io stia proponendo chissà quale baratto - io ritiro la domanda, così voi mi trattate bene: vedere per credere – né che quanto accaduto non sia grave, non per me – aspetto con assoluta tranquillità gli esiti della verifica decisa dal Senato – ma per l’Università e i principi di libera ricerca e libera docenza che dovrebbero contraddistinguere la sua vita e le sue attività. E’ Sergio Romano a ricordarlo proprio oggi in un articolo pubblicato sul nuovo blog L’Indro – direttore l’ex direttore RAI Carlo Fuscagni - in cui l’autore de La lettera ad un amico ebreo – anch’essa attaccata veementemente dai pasdaran dell’Olocausto – nonché il prefatore de I protocolli dei savi di Sion – altro scandalo, perché non se ne deve nemmeno parlare – difende senza esitazione il principio della libertà di insegnamento e del libero svolgimento delle attività didattiche: “le università devono essere libere e all’interno ci deve essere una piena libertà di pensiero. La libertà di pensiero non deve tradursi in un delitto di opinione. Le opinioni non possono essere considerati dei reati. Nessuna legge deve limitare la libertà di insegnamento.”
Da questo punto di vista, il comunicato del Senato accademico di ieri è assai rischioso: beninteso, la sostanza della decisione resta quella di cui alla mia dichiarazione di ieri (commissione di indagine, no chiusura del master: dunque nessuna delle ipotesi forcaiole dei sobillatori di repubblica  e de Il centro) ma una serie di diktat e di stranezze sul piano giuridico, fanno sospettare che il Rettore non abbia visto la redazione specifica del testo conclusivo. Letto infatti il comunicato del Senato Accademico, le domande sono queste:
1)   Come fa un consesso accademico a parlare di  “verità storiche indiscutibili”?
2)   Come fa di poi lo stesso consesso accademico a pretendere che ci sia una Commissione “incaricata di verificare e di valutare il comportamento del prof. Moffa nello svolgimento della lezione tenuta il 25 settembre 2010”? Avendo io sicuramente “discusso” le diverse tesi sull’argomento della lezione, sono già colpevole!
3)   Come fa lo stesso consesso a  “invitare con fermezza (?) la Facoltà di Scienze politiche di non attivare il Master”  senza aspettare le conclusioni dei lavori della Commissione da esso stessa attivata?
4)   Come fa infine la Facoltà a non attivare il Master solo in base alla cagnara di Repubblica e de Il Centro e dei successivi sviluppi su altre testate, con manipolazioni del video e delle frasi in essa contenute?
Una paurosa caduta di stile dunque, non tanto la decisione in sé (che evita soluzioni punitive), ma quell’allucinante “verità storiche indiscutibili”, locuzione che resta come un marchio d’infamia per l’Accademia italiana. A meno che essa locuzione non venga celermente corretta.
Ma la tragedia non vuol dire affatto la fine del totalitarismo culturale, con o senza il o un master della provincia Italia. Un’ultima considerazione è in effetti necessaria: io ringrazio il Presidente Chiodi per aver difeso il principio della libertà di insegnamento, ma oso controbattere che non è certo solo il professor Moffa a porre dubbi o criticare il dogma dell’Olocausto, le sue cifre, le tecniche di sterminio, la pianificazione presunta, intoccabili e appunto “indiscutibili”. E’ vero il contrario: come Israele mostra delle oggettive difficoltà negli ultimi anni ad attuare i propri obbiettivi – vedi primo fra tutti la guerra all’Iran – perché nessuno in Occidente lo asseconda più, a cominciare da Obama, così la discussione libera sullo sterminio di ebrei nella II guerra mondiale è oggi una esigenza sentita da milioni e milioni di persone, e sicuramente dalla stragrande maggioranza del popolo italiano. Un sondaggio del Corriere della Sera, anni fa annuncio’ che il 75 per cento degli intervistati era favorevole alla libertà di parola e di discussione per i “negazionisti” e dei temi “negazionisti”. Se questo diceva un sondaggio del principale quotidiano italiano, allora diretto da Mieli, resta molto difficile pensare che dei docenti universitari possano condividere veramente quel pericolosissimo “indiscutibili”, una spada Damocle che incombe anche sulla loro attività di ricerca e di insegnamento.