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Biodiversità: l’invisibile (ed enorme) valore della vita sulla terra

di Umberto Mazzantini - 21/10/2010


 

Presentando alla Cop 10 della Convention on biological diversity (Cbd), in corso a  Nagoya, il rapporto The economics of ecosystems and biodiversity (Teeb), Pavan Sukhdev, un economista indiano della Deutsche Bank che dirige la Green economy initiative del Programma Onu per l'ambiente (Unep), ha detto che «In questi ultimi decenni, l'invisibilità economica dell'ambiente ha provocato un degrado dell'ambiente e una ritirata della biodiversità. I dirigenti e i rappresentanti del mondo degli affari dovrebbero adottare delle misure miranti non solo a rallentare la riduzione della biodiversità, ma anche ad assicurare la crescita del "capitale naturale" della Terra e la sicurezza ecologica dei suoi abitanti. La biodiversità è la trama della vita che palpita sul nostro pianeta. Tra il 40 e l'80% delle famiglie povere nel mondo dipendono direttamente dalle risorse biologiche. I più deboli sono quindi le prime vittime della scomparsa degli ecosistemi e della diminuzione della biodiversità».

Il direttore esecutivo dell'Unep, Achim Steiner, ha spiegato che «In passato solo i settori tradizionali come il manifatturiero, il minerario, la vendita al dettaglio, le costruzioni e la produzione di energia sono stati in cima ai pensieri dei pianificatori economici e dei ministri delle finanze, dello sviluppo e del commercio. Il Teeb ha portato all'attenzione del mondo che i beni e dei servizi della natura sono uguali, se non molto più centrali, per la ricchezza delle nazioni compresi i poveri, un fatto che sarà sempre più evidente su un pianeta dalle risorse limitate, con una popolazione destinata a salire a nove miliardi di persone entro il 2050».

Il rapporto finale del Teeb, "Mainstreaming the Economics of Nature", sottolinea che «L'importanza economica del patrimonio naturale del mondo è ormai saldamente sul radar politico, come risulta  da una valutazione internazionale che dimostra l'enorme valore economico delle foreste, dell'acqua dolce, del suolo e le barriere coralline, così come i costi sociali ed economici della loro perdita». Il Teeb report è frutto di un enorme lavoro di due anni che ha coinvolto esperti di tutto il tutto il mondo, molti dei quali partecipano in prima persona alla Cop 10 di Nagoya, lo studio chiede che e i decision-makers a tutti i livelli, dal locale al nazionale, dal business ai cittadini, riconoscano maggiormente il contributo della natura al benessere, alla salute, alla sicurezza e alla cultura del genere umano.

Il Teeb «Promuove la dimostrazione, e se necessari, la "cattura" dei  valori economici dei servizi della natura, attraverso una serie di strumenti e meccanismi politici». Secondo Sukhdev, «Teeb ha documentato non solo non solo l'importanza multimiliardaria in dollari del mondo naturale per l'economia globale, ma anche il tipo di "policy-shifts" e di meccanismi "smart market" che possono includere idee fresche in un mondo afflitto da una serie sfide molteplici e in crescita. La buona notizia è che molte comunità e Paesi sono già pronte ad inserire il valore della natura nel processo decisionale». Anche un grande Paese emergente come l'India ha già annunciato piani per implementare la valutazione economica del loro capitale naturale e del valore dei servizi eco-sistemici nel processo decisionale.

Secondo Sukhdev «Con l'approccio Teeb è possibile resettare la bussola economica ed inaugurare una nuova era in cui il valore dei servizi naturali sia reso visibile e diventi un elemento esplicito del processo decisionale della politica e del business. Se non facciamo nulla, non solo perdiamo migliaia di miliardi di valore corrente e di benefici futuri per la società, ma impoveriamo ulteriormente i poveri e mettiamo a rischio le generazioni future. Il tempo per ignorare la biodiversità e persistere nel pensiero convenzionale per quanto riguarda la creazione di ricchezza e di sviluppo è finito. Dobbiamo andare avanti nel percorso verso un'economia verde».

Per dimostrare come i concetti economici e gli strumenti descritti nel Teeb possono aiutare la società a dotarsi dei mezzi necessari per integrare i valori della natura nel processo decisionale a tutti i livelli, "Mainstreaming the Economics of Nature" presenta tre scenari: l'ecosistema naturale (le foreste), l'insediamento umano (le città), e il business sector (miniere).

Un risultato importante della revisione di molti studi fatta dal Teeb è il contributo delle foreste e di altri ecosistemi al  sostentamento delle famiglie rurali povere, e quindi il significativo potenziale della salvaguardia della natura per  contribuire alla riduzione della povertà. «E' stato stimato che in alcuni grandi paesi in via di sviluppo i servizi ecosistemici e gli altri benefici naturali non-marketed rappresentino tra il 47 e l'89% del cosiddetto "Pil dei poveri"  (cioè il Pil effettivo o totale delle fonti di sostentamento delle famiglie povere rurali e che vivono nelle foreste)».

«Con oltre la metà della popolazione umana vive in aree urbane - si legge nel rapporto - le città hanno un ruolo cruciale nel comprendere il capitale naturale necessario a mantenere e migliorare il benessere dei loro abitanti. Stanno emergendo innovativi strumenti economici e politiche che ricompensano le buone pratiche ricompensa. Ad esempio, la città giapponese di Nagoya (che ospita il meeting COP-10), ha implementato un nuovo sistema di "tradeable development rights" con cui gi costruttori che desiderano superare i limiti esistenti in materia di edifici molto alti possono compensare i loro effetti, comprando e conservando le zone del tradizionale paesaggio agrario del Giappone. Gli sconti sui prestiti bancari per gli edifici che ricevono il maggior "star rating" basato su un sistema di certificazione verde progettato dalle autorità cittadine hanno anche creato gli incentivi per maggiori spazi verdi all'interno dei progetti della città».

Il rapporto però sottolinea anche l'incapacità del business di  tener conto del valore del capitale naturale, «In particolare  settori come quello minerario, possono rappresentare importanti rischi commerciali e sociali. La società di consulenza britannica, TruCost, ha stimato gli impatti negativi, o "esternalità ambientali", delle 3.000  companies quotate in circa  2.200 miliardi di dollari l'anno. Approcci come il Net Positive Impact, la mitigazione delle zone umide e il bio-banking possono aiutare a garantire che questi "developers" si assumano la responsabilità per il loro impatto ambientale. Mentre consumatori e governi optano per scelte di acquisto più verdi, anche il settore del business prevede di fare guadagni considerevoli: nel 2020 la dimensione annuale del mercato per prodotti agricoli certificati è prevista a 210 miliardi dollari; i pagamenti per i servizi ecosistemici legati all'acqua a 6 miliardi di dollari, e i voluntary biodiversity offsets regionali a 100 milioni di dollari all'anno».

Lo studio Teeb si conclude con un decalogo di raccomandazioni: 1. La comunicazione al pubblico e la responsabilità degli gli impatti sulla natura dovrebbero essere i risultati essenziali della valutazione della biodiversità. 2. L'attuale sistema di contabilità nazionale dovrebbero essere rapidamente aggiornato per includere il valore della variazione dei natural capital stocks  e dei  servizi ecosistemici. 3. Una priorità urgente è quello di elaborare coerenti physical accounts  degli stock forestali e dei servizi ecosistemici, entrambi necessari, ad esempio, per lo sviluppo di nuovi meccanismi di carbon mechanisms  e incentivi. 4. I report  annuali e ed i conti delle imprese di altre organizzazioni devono indicare tutte le esternalità importanti, compreso il danno ambientale che colpisce la società e le variazioni del patrimonio naturale non sono attualmente pubblicati nei bilanci legali. 5. I principi di "No Net Loss" o "Net Positive Impact" dovrebbero essere considerati come normale business practice, utilizzando il solido "biodiversity performance benchmarks and assurance processes" e assurance processes per prevenire e mitigare i danni, insieme agli investimenti pro-biodiversità, per compensare gli impatti negativi che non possono essere evitati. 6. I principi del "polluter pays" (chi inquina paga)' e "full-cost-recovery" sono potenti linee guida per la riorganizzazione delle strutture di incentivazione e di riforma fiscale. In alcuni contesti, il principio di "beneficiary pays" può essere invocato a sostegno di nuovi incentivi positivi come pagamenti per i servizi ecosistemici, agevolazioni fiscali e altri trasferimenti fiscali che mirano a incoraggiare i protagonisti del settore privato e pubblico a fornire servizi ecosistemici. 7. I governi dovrebbero puntare per la divulgazione integrale dei sussidi, alla misurazione ed alla rendicontazione annuale, in modo che le loro componenti perverse possano essere riconosciute, monitorate e infine eliminate. 8. Dovrebbero essere perseguita l'istituzione di sistemi di gestione completi, rappresentativi, efficaci ed equi delle aree protette nazionali e regionali (in particolare in alto mare) al fine di conservare la biodiversità e mantenere una vasta gamma di servizi ecosistemici. La valutazione degli ecosistemi può aiutare a giustificare la politica delle aree protette, ad identificare opportunità di finanziamento e di investimento e ad informare sulle priorità della salvaguardia. 9. La tutela e il recupero degli ecosistemi dovrebbero essere considerati come una valida opzione di investimento a sostegno alla mitigazione all'adattamento dei cambiamenti climatici. Riguardo al processo Redd-Plus dell'Unfccc, dovrebbe essere prioritario accelerarne l'attuazione, a partire da progetti pilota e dagli sforzi per rafforzare la capacità dei paesi in via di sviluppo per aiutarli a creare sistemi credibili di monitoraggio e di verifica che consentano la completa diffusione di questo strumento. 10. La dipendenza dell'uomo dai  servizi eco sistemici, e in particolare il loro ruolo come un'ancora di salvezza per molte famiglie povere, deve essere più pienamente integrata nella politica. Questo vale sia per mirare gli interventi per lo sviluppo, che per valutare l'impatto sociale delle politiche che incidono sull'ambiente.