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Molti Lodi, zero onore

di Massimo Fini - 25/10/2010

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Silvio Berlusconi ha dato mandato a uno dei suoi mille avvocati, Fabio Lepri, di agire in sede civile contro i responsabili della trasmissione ‘Report’ di Milena Gabanelli da cui si ritiene diffamato perché vi si racconta che l’acquisto di ville e terreni ad Antigua, Stato che dal punto di vista fiscale batte bandiera corsara, sarebbe avvenuto attraverso società “off-shore” e nella vicenda sarebbe implicata anche la filiale italiana della svizzera Arner sotto inchiesta per riciclaggio. Vari esponenti dell’opposizione hanno parlato di “censura” o “forma di censura”. Non è così. Come scrivevo sul ‘Fatto’ del 19/10 la censura o il tentativo di censura si ha quando si blocca o si cerca di bloccare una trasmissione (o la pubblicazione di un libro o di un articolo di giornale) prima che vada in onda (o che venga pubblicato) come aveva minacciato Niccolò Ghedini, l’avvocato principe del Cavaliere. Ma dopo la messa in onda o la pubblicazione è pieno diritto di chiunque e quindi anche del premier, adire le vie legali se si ritiene diffamato. Questa è la strada corretta. Ma se dovessero diventar legge il “Lodo Alfano”, così come è configurato attualmente, o il cosiddetto “legittimo impedimento” il processo contro ‘Report’ e Gabanelli si dovrebbe fermare. La motivazione ufficiale del Lodo e del legittimo impedimento sta nel fatto che il premier non può essere distolto dai suoi gravi e pesanti impegni istituzionali per spendere il proprio tempo nei processi che lo riguardano. Ma se per questo motivo il premier perde la capacità passiva, cioè quella di essere trascinato in un processo, perde anche, per lo stesso motivo, quella attiva, cioè di trascinare altri in un processo. Perché la perdita di tempo c’è nell’uno e nell’altro caso. Come ha notato, anticipando i tempi, Gabanelli: “La differenza è che lui può querelare me ed io non posso querelare lui”.

Sul Lodo Alfano Giorgio Napolitano ha espresso le sue perplessità perché lederebbe paradossalmente le sue prerogative sottoponendolo per eventuali reati commessi al di fuori dell’esercizio delle sue funzioni al voto del Parlamento a maggioranza semplice e quindi, di fatto, mettendolo alla mercè della maggioranza di governo. Ma questo è un problema minore, di secondo grado. Napolitano è molto sensibile quando si toccano le sue prerogative, ma dovrebbe esserlo altrettanto, anzi molto di più, quando si ledono principi fondamentali della Costituzione che ledono i diritti di tutti i cittadini. Il Lodo Alfano viola il principio fondamentale di qualsiasi Stato democratico dell’”uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge” garantito dall’articolo 3 della Costituzione. Ho sentito spesso affermare da esponenti del Pdl che uno “scudo processuale” per il premier esiste anche in Francia. Non è vero: in Francia si sospendono i processi solo al capo dello Stato e solo per reati commessi nell’esercizio delle funzioni (il premier, non parlamentare, non gode nemmeno dell’immunità di deputati e senatori). L’attuale Lodo Alfano invece riguarda anche il premier ed è omnicomprensivo. Cioè, in ipotesi, Berlusconi potrebbe assassinare Veronica e farla trovare cadavere in un pozzo, triturare con le eliche di un motoscafo tuo figlio e non essere processabile fino alla scadenza del suo mandato. Un’aberrazione inaudita.

Il “legittimo impedimento” non arriva a questi eccessi grotteschi ma viola ugualmente il principio di uguaglianza, per cui c’è un soggetto che non risponde delle proprie azioni al contrario di quando avviene per tutti gli altri che diventano cittadini di serie B. Una legge del genere dovrebbe sollevare l’indignazione di tutti i cittadini perché, al di là di ogni disquisizione giuridica, lede innanzitutto la loro dignità. È come se uno entrasse in un bar fumando e uno degli avventori gli facesse notare che è proibito alla legge e quello rispondesse “Giustissimo, ma questa proibizione vale per voi, non per me”. In un bar chi si comportasse in questo modo verrebbe buttato fuori a pedate nel sedere dagli altri clienti, nella Repubblica italiana invece si ritiene possibile, su questioni ben più gravi e decisive, questa disparità di trattamento.

In coda faccio notare che, ai bei tempi, quando una persona, soprattutto con un ruolo pubblico, si sentiva diffamata, per difendere il proprio onore sporgeva querela penale “con la più ampia facoltà di prova”. Berlusconi invece contro Gabanelli vuole agire con rito civile, dove ciò che si difende non è l’onore ma i quattrini, perché nell’azione civile di danno ciò che conta non è la verità dei fatti ma, appunto, il danno. E anche un ladro o un evasore fiscale riconosciuti penalmente come tali possono essere danneggiati se definiti ladri o evasori fiscali “in termini non continenti”. Ma in fondo Berlusconi agendo civilmente è coerente con se stesso. Ha sempre negato di essere “un uomo d’onore”.